domenica 24 marzo 2019

Libro. Condominio Terra.

Natura, Economia e Società, la crescita può essere o no infinita, come sarà la società del futuro, come si misura il progresso: un’anticipazione del nuovo libro scritto da Mauro Gallegati con Roberto Danovaro.

Con la seconda rivoluzione industriale, la prospettiva economica del pianeta ha preso il sopravvento, e nei mezzi di comunicazione di massa si parla più del Prodotto interno lordo (Pil) e della sua crescita che di qualità della vita. Ma per non restare schiacciati da una visione del mondo fatta di flussi finanziari dovremmo far capire che l’economia reale dipende in modo imprescindibile dalla natura e denunciare che il modo in cui la si sfrutta è sbagliato e fuorviante. 
Inoltre sarebbe utile chiarire quale parte dell’economia riesce a conciliarsi con il nostro futuro e quale, invece, rischia di non lasciarcene nessuno. Condominio Terra non tratta questo argomento e non presenta una semplice denuncia delle specie in estinzione, ma si interroga su come sarà la società del futuro, come si può costruirla e con quali strumenti di analisi possiamo misurare i progressi verso questi obiettivi.

I problemi in seno alla nostra società sono tutti interconnessi e si intrecciano con il futuro della natura. Pertanto anche le loro soluzioni dovrebbero essere integrate, intrecciate. In altri termini: olistiche. Questo libro parte dal presupposto appena enunciato e cerca di spiegare come sia necessario sviluppare un approccio che tenga insieme natura, economia e società, partendo da alcuni principi ecologici, economici e sociali, per poi analizzarne le ragioni di crisi e infine proporre una possibile, anzi necessaria, via d’uscita.
Il messaggio che vuol dare questo libro è chiaro: «ancora è possibile» salvare natura e con essa la nostra società, con un’economia diversa, tuttavia tempo e risorse si vanno progressivamente esaurendo. Abbiamo la facoltà di fronteggiare i problemi, ma agendo subito e cambiando la visione e gli strumenti della teoria economica. Spesso le buone intenzioni sono tali solo nel breve periodo, non solo perché a volte una piccola casualità può produrre eventi imprevedibili, ma anche per l’incertezza del futuro. 
Il testo si articola in cinque capitoli. I primi introdurranno le problematiche ecologiche e ambientali e ne spiegheranno le ragioni della crisi, partendo da quella ecologica, la più grave da quando l’uomo è comparso sulla terra. In seguito verranno analizzati i modelli economici che hanno contribuito a determinare tali stravolgimenti, alterando gli equilibri naturali e rendendo insostenibili le attività umane. Tratteremo le grandi crisi economiche della storia recente come fenomeni strutturali che sono da imputare al successo tecnologico e a una polarizzazione della distribuzione di reddito e ricchezza. Infine affronteremo la crisi sociale e approfondiremo il tema del disaccoppiamento tra crescita della produttività e dell’occupazione (iniziato con la rivoluzione digitale dei primi anni Novanta), che sta portando alla scomparsa del ceto medio, alla distribuzione sempre più diseguale dei redditi, a nuove guerre e a migrazioni di massa. 
L’ultimo capitolo sarà dedicato alle possibili vie d’uscita dalla crisi strutturale che attanaglia il pianeta e all’identificazione di nuovi strumenti e indicatori in grado di superare il falso mito della «crescita infinita» del Prodotto interno lordo e alla necessità di passare all’economia circolare.
Il libro concluderà l’analisi identificando alcuni possibili scenari in cui il nostro «Condominio Terra» potrebbe trovarsi a seconda delle scelte che faremo nel prossimo futuro.
La tesi di fondo è che si può perseguire l’obiettivo del progresso dell’umanità solo se si sceglie la qualità invece della quantità e se non si pensa al Prodotto interno lordo come unico indicatore di un benessere che deve essere economico, sociale e ambientale. Per farlo, però, si deve assumere un approccio olistico, dove natura, economia e società costituiscano un trinomio inscindibile. Le scelte del futuro dovranno essere a minore impatto e guidate da un’economia circolare o «del riciclo», dove il processo produco-consumo-getto via, diventi virtuoso e tutto venga riutilizzato. Ma un’economia circolare non è sufficiente a rendere pienamente funzionale il nostro pianeta. Dobbiamo fare di più e avviare un’economia del recupero e del restauro ambientale, capace di sanare le ferite inferte dall’uomo agli ecosistemi negli ultimi centocinquant’anni. 
Gli eccessi dello sviluppo economico liberista o dell’integralismo ambientale sono entrambi fuorvianti perché non contengono una vera soluzione al rapporto tra uomo, società e natura. Credono solo in una prevalenza assoluta di una parte sull’altra e alla fine dato, che l’uomo non può fermare la crescita demografica globale, pagherebbe solo la natura, e con essa le generazioni future. In questo «patto per l’unico sviluppo possibile della società umana», dobbiamo andare oltre la sostenibilità attraverso il recupero delle risorse ambientali e della biodiversità, unitamente alla loro conservazione nel tempo. Pensare che le tecnologie metasostenibili possano essere in grado di recuperare i danni che l’uomo ha determinato non deve trarre in inganno. È comunque indispensabile ridurre al minimo gli impatti sulla natura per preservarne la sua funzionalità e bellezza. Questo deve essere associato ad azioni e interventi forti, allo sviluppo di nuove tecnologie e a investimenti chiari nel recupero della natura nella sua riespansione in termini di biodiversità e di funzioni, e quindi in ultima analisi di capitale naturale. 
Proteggere il capitale naturale, recuperare gli ambienti degradati e educare alla sostenibilità nell’utilizzo delle risorse naturali devono essere i tre fili conduttori di uno sviluppo sociale ed economico per una umanità che non accetta più di crescere a discapito della natura, che contrasta i cambiamenti globali, riduce l’utilizzo delle risorse e le reintegra, abbatte il rilascio di contaminati. L’uomo sta cominciando a mettere a punto tecnologie e capacità di dimensionamento degli interventi su scala sufficiente a sanare queste ferite, ma si tratta di provvedimenti che richiedono tempo. È per questo che è necessario continuare a proteggere gli habitat naturali, conservare il capitale naturale esistente, e applicare un principio precauzionale nell’attuazione delle attività di utilizzo delle risorse naturali, in modo da lasciare margini di rigenerazione e massimizzare la capacità di resilienza spontanea degli ecosistemi naturali. Per giungere a uno sviluppo metasostenibile è necessario che l’uomo percepisca il capitale naturale come una variabile fondamentale della propria vita, anche se non ha un prezzo calcolabile o non si può vendere. Il capitale naturale e la sua gestione sono strettamente legati al contesto sociale ed economico. È necessario sviluppare tecnologie alternative a quelle attuali, volte esclusivamente al consumo di risorse. 
Pensare che la lotta a queste trasformazioni sia un inutile spreco di risorse è un errore imperdonabile. Contrastare i cambiamenti climatici rappresenta una grande occasione per innovare le tecnologie, impostare una nuova economia circolare, nuovi modelli di impresa e nuove professioni. Ridurre le emissioni, mitigare gli impatti, sviluppare tecnologie per il sequestro della CO2, adattare i sistemi e le nostre società al cambiamento, costituiscono un indicatore dell’impegno che l’uomo si prende per orientare lo sviluppo in termini diversi rispetto al passato. 
La Conferenza di Parigi del 2015 ha siglato un accordo importante in merito ai cambiamenti globali. Ma l’attuazione di questi obiettivi si presenta come una montagna da scalare a piedi scalzi. Il recupero degli habitat, il loro restauro, la mitigazione degli impatti dei cambiamenti climatici, la riduzione delle emissioni dei gas serra, non sono solo occasioni per nuovi lavori, ma anche nuove opportunità per il benessere nostro e delle generazioni future. 
Mettere insieme il recupero del capitale naturale con lo sviluppo economico e sociale rappresenta la terza via, ovvero il superamento di un’assurda contrapposizione tra chi vuole raggiungere il benessere attraverso la crescita dell’economia e chi pensa a una natura da salvare senza tener conto del fattore umano Ma per procedere in questa direzione bisogna abbandonare il paradigma della crescita a prescindere e puntare a un’economia circolare associata a un’economia del recupero e del restauro ambientale, in cui la società guadagna in economia, benessere e salute. Questa appare l’unica strada percorribile se non vogliamo condannare le prossime generazioni a non avere un futuro.

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