Per il filosofo il populismo e il sovranismo sono gli effetti del venir meno di un'ispirazione europeista e di una subalternità culturale al neoliberismo: “Renzi è l'epigono di una sinistra che ha perso perché ha abbracciato il blairismo”. Ora teme questa fase di post-democrazia e auspica un'alleanza tra un Pd rinnovato e i pentastellati per arrestare la peggior destra: “È il momento di scelte responsabili”. Infine esprime dubbi su Calenda e Zingaretti il quale “ha molti scogli da superare, sarà una lunga marcia e non ci sono scorciatoie né leader che cambiano la storia”.
|
micromega intervista a Massimo Cacciari di Giacomo Russo Spena
Dopo Abruzzo e Sardegna, scatta l'ora della Basilicata. Il copione è
sempre lo stesso, a trionfare è il centrodestra a trazione salviniana.
Intanto il Pd di Nicola Zingaretti certifica la prima battuta d'arresto.
“Sarà una lunga marcia, non ci sono scorciatoie né leader che ti
cambiano la storia” sentenzia il filosofo Massimo Cacciari che si lancia
in un parallelismo sportivo: “Il cambio di allenatore può servire per
le due o tre partite successive ma non fa vincere il campionato: per
vincerlo, si deve avere una squadra e una propria dimensione europea”.
L’Europa, però, è sempre più percepita come un’istituzione
lontana, se non nemica. Tra politiche di austerity e aumento delle
disuguaglianze, è passata da sogno spinelliano a gabbia. È questo il
quadro che abbiamo dinanzi?
Che il disegno dell’Unione Europea sia in grande difficoltà è
riconosciuto da tutti e le ragioni sono anche ben chiare e facili da
individuare.
Ce le dica.
L’UE – così come si configura – non è riuscita a dare una risposta
alle trasformazioni globali, a partire dalla Caduta del muro, e queste
difficoltà si sono acuite nel tempo evidenziando un'incapacità di
affrontare adeguatamente le crisi economiche del 2007 e 2009, crisi che
ci trasciniamo ancora. Nell'ultimo trentennio l’Europa ha smarrito
alcune ragioni fondamentali per le quali era stata pensata, ideata,
voluta e sperata. Doveva essere una comunità, i cui valori vertevano su
solidarietà e sussidiarietà. Dopo la Seconda guerra mondiale – nel
momento in cui si rafforzavano titani come Stati Uniti e Russia e ne
emergevano di nuovi come la Cina – l’europeismo era considerato non come
una rinuncia delle sovranità statali ma come l’unico modo per
difenderle in un sistema globalizzato in cui il potere politico e
militare passava nelle mani degli imperi e dei grandi Stati politici. Ma
l'UE è venuta meno alle aspettative.
Di chi sono le responsabilità? Sono queste politiche sbagliate che hanno spianato la strada ai populismi?
Non c’è alcun dubbio, il populismo e il sovranismo sono gli effetti
di un venir meno di un'ispirazione europeista e contemporaneamente –
perché sono indistricabilmente connesse le due cose – di una
subalternità culturale al modello planetario neoliberista che s’era
prepotentemente affermato prima con Ronald Reagan e poi con Margaret
Thatcher. Tutte le scuole politiche europee uscite dalla guerra mondiale
si sono trovate subalterne a quel modello.
In Italia Renzi è stato subalterno a questa logica e i risultati si sono visti alle politiche del 4 marzo?
Lui è soltanto l'epigono di una lunga storia che attraversa prima i
laburisti inglesi poi i socialdemocratici tedeschi e, infine, la
maggioranza dell’Ulivo.
Qual è la sua opinione sui gilet gialli? È un movimento che
palesa una propria legittima rabbia contro le politiche di Macron o
rappresenta soltanto una frangia di estremisti violenti?
I movimenti di protesta ci saranno sempre. In alcuni casi finiscono
con l’essere organizzati e dar vita a forze politiche come Syriza in
Grecia, Podemos in Spagna o il M5S in Italia. Vedremo, già alle prossime
Europee, se in Francia i gilet gialli riusciranno a darsi, o meno, una
forma istituzionale. Di certo, assistiamo ad un momento di sfiducia
radicale nei confronti dei ceti politici: per la prima volta, in tutta
Europa, chiunque governi è in difficoltà e deve gestire il malessere
sociale e proteste continue, può darsi che ad un certo punto ci sia
spazio per soluzioni post-democratiche.
Mi scusi, cosa intende per soluzioni post-democratiche?
Anche questo è un processo che deriva da lontano: mi riferisco a
semplificazioni radicali dei processi decisionali che possono giungere
all’esautoramento di ogni effettivo potere dei Parlamenti. Da quanto
tempo il Parlamento italiano non legifera e si limita a convertire i
decreti legge? Se non affrontiamo seriamente alla radice il problema
della crisi della democrazia rappresentativa, rischiamo di trovarci di
fronte a soluzioni persino autocratiche.
Beh, nell’era del populismo non si cerca proprio l’uomo solo al comando?
Scommetto che il novanta per cento delle persone ritiene efficace
il sistema di governo russo di Vladimir Putin. Siamo, ormai, alla totale
personalizzazione della politica.
Qui oltre a Putin, ci sono anche Donald Trump, Jair Bolsonaro, Viktor Orban, Matteo Salvini. È il modello che si sta affermando?
La dice lunga sulla forza del disegno populista che non va
assolutamente sottodimensionato né trattato come un fenomeno
folkloristico. Abbiamo a che fare con una destra che ha abbandonato –
più di alcuni settori di centrosinistra – ogni ideologia neoliberista.
La stessa Lega non ha nulla in comune con la destra tradizionale ma ha
sposato in toto una prospettiva di destra nazionale e sociale.
Un passo alla volta Salvini si sta mangiando il Paese,
cresce nei sondaggi e sfonda anche nel meridione. Come si spiega questa
inarrestabile ascesa?
La Lega non ha più alcuna connotazione nordista ma – come accennavo
prima – rappresenta una destra sociale che cavalca in Europa la peggior
ondata sovranista. Ritiene che all'interno dei confini nazionali sia
più agevole risolvere problematiche sociali, in primis, il tema della
sicurezza. E laddove non c’è un pericolo, lo inventano. In un Paese con
il 20 per cento di disoccupazione generale – e il 50 quella giovanile –
con i redditi in calo e il potere di acquisto precipitato è normale si
viva una situazione di radicale incertezza e precarietà. La destra –
come ha sempre fatto – utilizza questa insicurezza per andare a caccia
del responsabile ed individuare il capro espiatorio: prima erano gli
avversari politici, ora è il turno degli stranieri.
Quali sono gli antidoti per arginare il salvinismo imperante? Qual è l’alternativa alla destra sovranista?
Non abbiamo altra strada che la ragionevolezza e sperare che, oltre
alle passioni e le pulsioni, ci sia anche la mente a determinare
l’azione degli uomini. Dobbiamo raccontare la verità.
Mi scusi Cacciari, qual è la verità che tanto andrebbe detta?
Andrebbe fatto un discorso onesto sugli errori del passato. Una
cosa del tipo: “Amici, guardate che l’unico modo per salvare lo stato
nazionale e la propria sovranità nel mondo contemporaneo, se non
vogliamo ridurci a servi dei grandi imperi, passa per il costruire
un’unione europea sui valori di solidarietà e sussidiarietà”. E si
spiega razionalmente ciò che va cambiato. Prima è indispensabile
un'autocritica sulle politiche attuate in questi anni e va dimostrato di
aver capito finalmente le ragioni della sconfitta, una sconfitta dovuta
per difetti culturali di grande portata e non per pecche sulla
comunicazione come qualcuno vorrebbe farci credere.
Quindi si devono riscoprire le ragioni della sinistra,
archiviare la stagione del blairismo e rompere quella subalternità
all'ideologia neoliberista?
Certo, sarà un lungo cammino perché i guasti prodotti sono
profondissimi. E non mi stupirei affatto se dovessimo a breve affrontare
pericoli sulla tenuta democratica dell'Europa. Sinceramente, a
differenza di altri dementi del centrosinistra, non mi compiaccio per
niente del collasso preventivato del M5S.
Mi sta dicendo che è ancora convinto che il M5S rappresenti un argine alla peggior destra?
I 5stelle devono semplicemente capire che devono rompere l’alleanza
con la Lega. Così i democratici dovrebbero interloquire, dal punto di
vista strategico, con l’area grillina e non godere delle loro sciagure.
Bisogna aprire gli occhi agli uni e agli altri perché possano assumersi
una responsabilità politica: non si può rimanere impotenti di fronte
all’affermazione di questa destra, una destra cattiva e pericolosa.
Auspica una futura alleanza progressista tra il Pd e il M5S?
Me lo auguravo già il giorno dopo il 4 marzo, avevo fiutato come
sarebbe finita la storia. Salvini, a differenza del M5S, ha una
strategia, un'ideologia, un partito, un’organizzazione. Scherziamo? Era
ovvio che il M5S sarebbe finito cannibalizzato.
Non pensa, come dichiarato per ultimo da Walter Veltroni,
che presto si possa tornare allo schema centrodestra-centrosinistra,
Salvini versus Zingaretti, con il M5S che rischia di esser ricordato
soltanto come una stortura del bipolarismo?
Non credo, il M5S rappresenta un’area in qualche modo
rappresentativa di tanti settori – i giovani, in primis – che per il
momento non vengono intercettati dal Pd. Il travaso di voti verso i
democratici sarebbe possibile se il Pd si rivelasse un partito veramente
di sinistra e radicato sui territori, a quel punto catturerebbe i
consensi progressisti finiti al M5S. Mi pare un'utopia, il Pd deve fare
parecchia strada...
Non mi sembra che abbia molte aspettative su Zingaretti, o sbaglio? Non crede nel nuovo Pd?
Zingaretti può costituire l’inizio ma non certo la soluzione, è
evidente. Ci sono ancora molti scogli da superare. La soluzione potrebbe
avvenire laddove Zingaretti riuscirà a modificare radicalmente lo
statuto del partito e costituire un gruppo dirigente che sia davvero
competente e autorevole e sia capace di lanciare grandi sfide
programmatiche su temi come l'economia, la cultura, la scuola, la città
etc... Poi c'è la questione di Renzi: i gruppi parlamentari del Pd, ad
esempio, sono ancora in maggioranza renziani.
Il nuovo Pd già non è più il partito dei ricchi?
È un discorso lungo. Il centrosinistra comincia a perdere voti
nelle periferie e nei settori popolari da quel dì. Mi ricordo le
discussioni con i D'Alema: ci interrogavamo sui voti che la Lega
prendeva tra gli operai di Vicenza. Questi sono i segnali che sono stati
ignorati, era scritto che sarebbe finita così.
Dopo le europee, se la Lega dovesse prendere il 34-35 per
cento Salvini stacca la spina al governo e si va al voto anticipato per
le Politiche?
Potrebbe esserne tentato se avesse la certezza della maggioranza
assoluta grazie al sostegno di Berlusconi. Detto questo, il mio dubbio è
su come faranno a fare la prossima finanziaria dato che vanno trovati
40 miliardi per evitare l'aumento dell’Iva. Non so se a Salvini conviene
rischiare o gli conviene continuare a governare col M5S.
Massimo Cacciari sarà candidato alle europee con il Pd?
Non c’è nessun segnale che possa andare in questa direzione.
Zingaretti non le ha fatto questa proposta?
Una persona come me non può accettare oggi, alla mia età, una
situazione che non sia corrispondente al disegno che ho indicato. Poi,
certo, si tratterà di vedere come si muove Zingaretti in questo mese e
mezzo...
Insomma, se ci fossero le condizioni non lo esclude del tutto.
Un “se” enorme perché riguarda l’organizzazione del partito, le prime mosse programmatiche, la composizione delle liste...
Diciamo che c'è una possibilità su un milione di vedermi candidato.
Chi sarà sicuramente candidato è Carlo Calenda. Di lui,
invece, cosa mi dice? Non è un po’ troppo renziano e subalterno al
blairismo?
Avevo dato dei consigli, ovviamente non li hanno ascoltati. Calenda
doveva fare con Emma Bonino una lista liberale ed europeista mentre
Zingaretti doveva assumere decisamente una posizione alla Tsipras, più
radicale e di cambiamento. Sarebbe stata la tattica giusta: una lista Pd
sinistra sinistra e una lista, invece, liberale e moderata. Due liste
naturalmente alleate, in vista di una successiva intesa col M5S.
Sì, mi pare evidente che non l'abbiano ascoltata.
Ma si figuri! C’è la prima donna da un lato – Bonino – e Calenda
dall’altro che sa di non contare niente elettoralmente e tremava
all’idea di non superare la soglia di sbarramento. Intanto i renziani
che restano dentro il Pd sperando che Zingaretti perda… insomma, siamo
alle solite.
(26 marzo 2019)
Nessun commento:
Posta un commento