Ambedue le proposte di moneta fiscale che qui consideriamo – quello dei mini-bot lanciata dalla Lega di Matteo Salvini e quella dei Titoli di sconto fiscale (Tsf) che propongo insieme a un gruppo di studiosi – tendono proprio a fare crescere il Pil aumentando la domanda aggregata. Confrontando le due proposte cercherò però di dimostrare che i Tsf sono più efficaci dei mini-bot perché i Tsf non producono debito pubblico, e anzi, possono generare surplus.
Fare crescere il Pil è in teoria semplice: in una situazione di forte sottoutilizzo delle risorse produttive, di disoccupazione, di scarsa liquidità e di carenza di potere d’acquisto, per riaccendere l’economia occorre rilanciare gli investimenti pubblici e il potere d’acquisto delle famiglie, quindi la domanda aggregata. Il problema vero è però aumentare la domanda senza fare crescere deficit pubblico. Altrimenti aumenta anche il famigerato spread (cioè gli interessi che lo Stato italiano deve pagare sul suo debito).
Come uscire dalla crisi? La Commissione europea, la Banca centrale europea, il Fondo monetario internazionale propongono e impongono l’austerità, ovvero manovre basate su tagli alla spesa pubblica e al costo del lavoro, sulla privatizzazione dei servizi pubblici e in pratica sulla (s)vendita delle risorse nazionali. Ma l’austerità tende a ridurre il Pil e a segare l’albero in cui si è seduti. Infatti in situazione di forte sottoutilizzo delle risorse produttive il moltiplicatore è superiore a uno. Questo vuole dire che se diminuisci la spesa di un euro, o se aumenti le tasse di un euro, il Pil si riduce più di un euro. Quindi il rapporto debito/Pil aumenta. Dunque, l’austerità non funziona. Occorrono altri strumenti per fare ripartire l’economia.
In Italia il principale progetto espansivo di moneta fiscale è quello dei mini-bot ideato da Claudio Borghi Aquilini, responsabile economico della Lega. Il progetto è stato inserito nel contratto di governo giallo-verde ed è mirato a rilanciare l’economia, mettendo in circolazione alcune decine di miliardi (circa 60- 70) derivanti dai crediti delle aziende e dei cittadini nei confronti dello Stato.
I mini-bot, sono titoli di Stato denominati in euro che assumerebbero una forma cartacea in piccoli tagli (50-100 euro), in modo da facilitarne l’uso. Non fruttano interesse ma lo Stato si impegna ad accettarli per il pagamento delle tasse, garantendone il valore. Questo implica che potrebbero essere accettati da vasti settori di pubblico e di aziende. Il progetto, secondo i proponenti, aumenterebbe il potere d’acquisto degli assegnatari e quindi spingerebbe la domanda interna. Questa misura costituirebbe inoltre una prima forma di recupero sostanziale di sovranità monetaria dello Stato, pur nel rispetto del monopolio formale della Bce sulla moneta unica.
I mini-bot hanno però un grave difetto: infatti possono essere subito utilizzati per pagare le tasse e quindi produrrebbero immediatamente deficit pubblico. La manovra verrebbe subito impugnata dalle istituzioni europee perché potrebbe sforare da subito i limiti (stupidi) del deficit pubblico – il famoso 3% sul Pil. E soprattutto i mercati reagirebbero male di fronte all’aumento del deficit.
Quali sono invece i vantaggi dell’altra forma di moneta fiscale basata sui Titoli di sconto fiscale? Il principale vantaggio è che i Tsf non producono deficit pubblico. I Tsf sono infatti dei titoli di Stato che danno diritto ai loro possessori di ridurre i pagamenti fiscali ma solo a partire da tre anni dall’emissione, cioè nel quarto anno. I Tsf tuttavia – proprio come tutti gli altri titoli di Stato, come i Bot e i Cct – potranno essere immediatamente ceduti sul mercato finanziario in cambio di euro. Così possono subito incrementare la capacità di spesa dell’economia.
Essendo titoli a breve-media scadenza pienamente garantiti dallo Stato per “pagare” le tasse, i Tsf saranno prevedibilmente scambiati quasi alla pari – cioè con poco sconto – sul mercato finanziario. Il governo italiano dovrebbe emettere Tsf in maniera massiccia: nel giro di tre anni potrebbe emettere Tsf per un importo pari al 3-4% del Pil, ovvero per qualche decina di miliardi di euro.
Il governo assegnerà i Tsf gratuitamente – ripeto: gratuitamente – a cittadini e aziende e li utilizzerà anche per i pagamenti della Pubblica amministrazione. Questa è una prima differenza rispetto al progetto di Borghi. I Tsf costituiscono reddito aggiuntivo diffuso e quindi avrebbero un effetto espansivo assai più elevato dei mini-bot. Soprattutto i Tsf non generano debito né al momento dell’emissione né in quello dell’utilizzo, ovvero dopo tre anni dall’emissione. Questa è il principale vantaggio dei Tsf sui mini-bot di Borghi. Infatti nel momento della creazione di Tsf lo Stato non sborsa soldi, e quindi non registra alcun deficit fiscale. E, dopo tre anni dall’emissione dei Tsf , la crescita del Pil indotta dal moltiplicatore e soprattutto dall’inflazione – provocata dall’incremento della domanda – darà luogo a un aumento del gettito fiscale che compenserà il costo dell’emissione dei Tsf. Quindi alla fine della manovra non ci sarà alcun buco fiscale, ma anzi un prevedibile surplus.
Gli investitori potrebbero reagire positivamente alla manovra perché saranno rassicurati dal fatto che il Pil cresce senza aumento di deficit e che i loro crediti saranno tutti ripagati. Anche la Bce potrebbe approvare, o addirittura promuovere, i Tsf perché salvano i bilanci pubblici. Ovviamente il principale obiettivo della Bceè quello di mantenere l’irreversibilità dell’euro e i Titoli di sconto fiscale danno un contributo decisivo in questo senso. Il progetto dei Tsf offre l’enorme vantaggio di potere essere essere attuato in Italia e negli altri Paesi periferici mantenendo la moneta unica europea di fronte alle altre valute internazionali, come il dollaro, yen, yuan, pound. Le monete fiscali nazionali potrebbero essere considerate dalla Bce come l’ancora di salvezza di una eurozona sempre sull’orlo del precipizio.
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