Con lo slogan "Chiudere i porti" ha solo scaldato i motori. Perché il vero nemico per il ministro dell’Interno sono le braccia aperte di chi accoglie. Ma la road map sovranista viene da lontano. Tra trame complottiste, dichiarazioni di guerra, narrazioni tossiche. E stretti legami con l'ultradestra europea.
Bloccare i porti. Togliere le Ong dal mare. Lasciare mano libera alla Guardia costiera libica. La ruspa di Matteo Salvini ha acceso i motori, puntando verso l’obiettivo simbolo della politica leghista, i migranti e, soprattutto, chi lo accoglie. Il tutto ben celato dentro il contratto firmato insieme a Luigi Di Maio, dietro lo slogan il business dell’accoglienza.
Parte da lontano la road map sovranista. Due anni di lunga campagna elettorale, dove il tema migrazioni è stato il vero motore del consenso. Tra trame complottiste, dichiarazioni di guerra, narrazioni tossiche e fake news. “Sono sempre più convinto che sia in corso un chiaro tentativo di sostituzione etnica di popoli con altri popoli. Questa non è un'immigrazione emergenziale ma organizzata che tende a sostituire etnicamente il popolo italiano con altri popoli, lavoratori italiani con altri lavoratori”. La tesi che Matteo Salvini espose ai giornalisti a Catania un anno fa, dopo aver passato la notte al Cara di Mineo, è una sorta di marcatore, in grado di tracciare l’origine della scelta del nuovo governo sul caso Aquarius.Chiudere i porti è solo l’inizio. Quello che c’è dietro il respingimento della nave con i 629 naufraghi salvati nel Mediterraneo centrale è, se possibile, ancora più cupo.
Il vero nemico per il ministro dell’Interno sono le braccia aperte di chi accoglie, la cultura umanitaria, il vero acquis comunitario che – da Altiero Spinelli in poi – ha caratterizzato l’Europa. La chiusura dei Porti alle organizzazioni umanitarie ha un parallelo ben preciso in Ungheria, dove il premier Orban ha varato nei giorni scorsi una legge contro le Ong. Stesso nemico, da Budapest a Roma, nuova capitale dei governi sovranisti e identitari europei.
Tutto ha inizio in una piccola città olandese, Nimega, a pochi chilometri dal confine con la Germania. Tra palazzi futuristi, cemento e vetro ha sede il centro studi Gefira, specializzato in analisi economiche e demografiche. Offre report e scenari, sullo stile delle società di intelligence strategica. Si occupa, tra l’altro, di approfondimenti demografici. E qui si inserisce quel concetto richiamato da Salvini, la sostituzione etnica. Concetto coniato da Renaud Camus, pensatore punto di riferimento della nuova destra francese: l’effetto combinato della denatalità e dell’immigrazione porterà ad una contaminazione della popolazione europea. Roba da complottisti duri e puri, ma che dopo il 2016 in Italia diverrà il leit motiv sui social, in quella galassia che si nutre di insulti e campagne d’odio.
Gefira all’inizio di novembre 2016 pubblica un lungo articolo, disegnando la trama che vede protagoniste le organizzazioni umanitarie impegnate nei soccorsi dei migranti naufraghi nel Mediterraneo. La tesi è semplice, destinata a diventare virale: “Le Ong, la Guardia costiera italiana e i trafficanti di uomini coordinano le loro azioni”. L’accusa è diretta, esisterebbe una grande organizzazione criminale con il compito di portare migliaia di migranti in Europa. Gefira nell’articolo offre lo strumento in grado di “smascherare” il tutto: “Abbiamo seguito il movimento di Golfo Azzurro (nave della Ong Proactiva Open arms, nda) il 12 ottobre. Abbiamo usato il segnale AIS (sistema transponder in funzione sulle imbarcazioni, nda) su Marine Traffic e i rapporti di un giornalista a bordo della nave”. Tutto scientifico, ecco le prove che cercavate. Cosa inchiodava le organizzazioni umanitarie? Alcuni presunti sforamenti in acque territoriali libiche. Nulla di più. Violazioni che la stessa Guardia costiera italiana qualche mese dopo dichiarerà come avvenute sotto il coordinamento delle autorità di Roma, con l’unico scopo di salvare naufraghi in difficoltà. Ma tanto basta alla rete. C’è il complotto che i social amano, c’è la pistola fumante.
La tesi di Gefira viene ripresa subito dopo da una serie di siti della crescente nebulosa della destra europea, ossessionata sempre di più dal tema della “grande sostituzione”. E Luigi Di Maio pochi mesi dopo riprenderà lo slogan delle Ong “Taxi del mare”.
Nel gennaio 2017 arriva il momento opportuno per introdurre un altro pezzo fondamentale della lunga campagna che porterà al voto del 4 marzo e alla linea dura di Matteo Salvini e di Luigi Di Maio contro Ong e migranti. Se c’è un complotto deve esserci un grande vecchio, un burattinaio, un volto in grado di incarnare il male. E anche qui il messaggio deve essere semplice, riconoscibile e in grado di appagare la voglia di odio che monta in Europa. George Soros ha tutte le carte in regola. E’ ebreo, è un noto finanziere, negli anni ‘90 ha speculato sulla crisi valutaria. Ma soprattutto è uno dei principali finanziatori del mondo dei diritti, il vero nemico che si cela dietro migranti e Ong. Dall’Olanda si passa alla Macedonia, paese al centro della rotta balcanica delle migrazioni. Il 18 gennaio 2017 parte la campagna “Stop Soros”, legando il nome del finanziere al famoso piano di sostituzione etnica. C’è lui, spiegano alcune organizzazioni di estrema destra, dietro le Ong, c’è la sua fondazione dietro il piano per invadere l’Europa con i migranti africani. Passano due mesi e nella Budapest di Orban una curiosa società inglese, la Knight Templar International, organizza il seminario “Stop operation Soros”.
Dall’Italia partecipa un esponente storico di Forza Nuova, Angelo Balletta, dalla Gran Bretagna un dirigente dell’estrema destra, Nick Griffin. Per il futuro ministro dell’interno Salvini la tesi che vede Soros al centro del grande complotto è roba seria: “Non c'entrano guerre, diritti umani e disperazione – spiegò Salvini dopo la famosa notte al Cara di Mineo - è semplicemente un'operazione economica e commerciale finanziata da gente come Soros. Per quanto mi riguarda metterei fuorilegge tutte le istituzioni finanziate anche con un solo euro da gente come Soros”.
Nel febbraio dello scorso anno le fondamenta della lunga campagna elettorale erano dunque poste. Serviva lo slancio finale, il crescendo.
Il primo spunto arriva da un giovane studente di marketing, Luca Donadel, nome assolutamente sconosciuto fino al marzo 2017. Sul suo blog riprende la tesi di Gefira, la trasforma in un video destinato a diventare virale. Spiega: “Con appena 400 dollari ho fatto un abbonamento al sito di monitoraggio della navi Marine Traffic ed ho scoperto come le Ong vanno fino a poche miglia dalla Libia per prendere i migranti”.
Donadel lancia il secondo filone comunicativo, che arriverà fino ad oggi: è solo una questione di business. Può un giovane studente ventitreenne dettare la linea politica di un paese? Con il governo del cambiamento tutto è possibile. Dopo un passaggio sulle reti Mediaset, Donadel e la sue teorie sbarcano in parlamento. A fine marzo la presidente del Comitato parlamentare Schengen, la forzista Laura Ravetto, convoca per un audizione il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro e nello speach iniziale cita il lavoro del giovane blogger: “In un filmato trasmesso su internet e ripreso in una trasmissione televisiva, Striscia la Notizia, il blogger Luca Donadel avrebbe tracciato la rotta delle navi della Guardia costiera italiana e di organizzazioni non governative in transito dalla Sicilia alla Libia per soccorrere i migranti, notando a suo dire alcune anomalie”. Poco tempo dopo segue il Senato, dove la commissione Difesa mette all’ordine del giorno l’approfondimento del ruolo delle Ong nei salvataggi. Conclusioni? Di fatto nessuna prova contro i salvataggi umanitari, che, anzi, vengono difesi nel corso delle audizioni delle Capitanerie di Porto.
Il peggio stava per arrivare.
Il 12 maggio una oscura sigla del mondo dell’ultradestra europeo, Generazione Identitaria, cerca con un gommone di bloccare la nave Aquarius. E’ l’inizio di una campagna che chiameranno “Defend Europe”.
A luglio il gruppo, dopo una raccolta di fondi, arma una nave, la C Star, che per un mese darà la caccia alle Ong nel Mediterraneo centrale, cercando un contatto e un coordinamento con la Guardia costiera libica. Il mondo “identitario” è il vero motore della tesi di Camus cara a Salvini, la sostituzione etnica. Nel loro manifesto chiedono l’espulsione di massa dei migranti già presenti in Europa, annullando i permessi di soggiorno per ricongiungimento familiare. Non si presentano alle elezioni, ma puntano a diventare un gruppo di influenza. Legami con la Lega? Strettissimi. Mario Borghezio negli anni passati è stato una assiduo frequentatore del mondo identitario francese, mentre il Movimento dei giovani padani è stato più volte ospite delle convention del gruppo di estrema destra.
Mentre i think-tank, i blogger, le organizzazioni dell’estrema destra europea spingevano le teorie complottiste, sulla rete la narrazione tossica contro le Ong dilagava. Con nuove figure in grado di influenzare i social, attivisti digitali che per mesi hanno diffuso dossier contro le Ong, creando reti di influencer apparentemente spontanee. Ma molto, forse troppo, organizzate. Per questa base ora Salvini è diventato semplicemente “Il Capitano”. Un nome che richiama la figura di Corneliu Zelea Codreanu, il capo della Guardia di ferro rumena, chiamato dai suoi semplicemente “Căpitanul”. Simboli rivelatori.
Nessun commento:
Posta un commento