Gli indagati – tutti ai domiciliari – sono accusati, a vario titolo, di bancarotta fraudolenta documentale, societaria e patrimoniale.
I fatti contestati si riferiscono agli anni 2001-2015, fino a quando la società è stata commissariata.
Oltre agli arresti, è in corso di una misura interdittiva nei confronti dell’ex responsabile tecnico di Fse Nicola Alfonso e di sequestri per 90 milioni di euro tra Bari, Lecce, Roma, Bologna e Maglie.
Nell’inchiesta – coordinata dai pm Francesco Bretone, Bruna Manganelli, Luciana Silvestris e dal procuratore aggiunto Roberto Rossi – sono indagate in totale 29 persone fra imprenditori, dirigenti e progettisti di Fse. Ai domiciliari, su ordine del gip Alessandra Susca, sono finiti anche Angelo Schiano, presunto amministratore occulto e avvocato della società, Fausto Vittucci, revisore e certificatore dei bilanci Fse, gli imprenditori Ferdinando Bitonte, Carlo Beltramelli, Carolina e Gianluca Neri, Franco Cezza, sua moglie Rita Giannuzzi e suo figlio Gianluigi Cezza, e l’ex assessore regionale ai Trasporti Fabrizio Romano Camilli, con un passato in Forza Italia.
l giudice ha anche ordinato la disattivazione delle linee telefoniche e internet delle abitazioni degli arrestati e le rispettive utenze mobili
Dieci anni di sprechi – Come detto, i debiti per circa 300 milioni di euro accumulati dagli ex amministratori di Fse sarebbero stati causati dalla esternalizzazione a costi sempre crescenti di servizi informatici e contabilità, progettazione e direzione dei lavori, gestione dell’archivio, forniture di carburanti, compensi professionali e altri servizi. In particolare, l’allora amministratore unico di Fse, Luigi Fiorillo, oltre al compenso professionale, avrebbe intascato circa 5 milioni di euro quali compensi per attività di supporto, senza averne le competenze, in 39 appalti di lavori pubblici su tutto il territorio regionale, addebitandoli come spese per il personale e più di 7 milioni sottoscrivendo co.co.co. a suo nome per attività – secondo l’accusa – mai svolte. È quanto emerge dagli atti dell’indagine della Procura di Bari. Fiorillo e gli allora dirigenti della società secondo l’accusa hanno anche affidato incarichi a prezzi fuori mercato, stipulando contratti senza gara e falsificando i bilanci. “L’esosità dei compensi – è scritto nelle imputazioni – determinava una spesa illogica, artefatta e assolutamente fuori mercato”. Il giro d’affari stimato dai consulenti della Procura di Bari (l’ammontare dei fondi pubblici confluiti nelle casse di Fse) si aggira intorno ai 2 miliardi di euro fino al commissariamento del dicembre 2015, più del 10 per cento dei quali dissipati e ritenuti dagli inquirenti causa del crac.
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