mercoledì 28 febbraio 2018

Perché voterò Potere al popolo!

mboscaino Il concetto del voto utile - come quello della governabilità - asseconda una generale e pericolosa tentazione di subappaltare la democrazia.

 

micromega MARINA BOSCAINO

Utile è, a mio giudizio, dare prospettiva e fiducia ad un modo di fare politica diverso. Per questo voterò Potere al Popolo!, e per questo mi sono impegnata nella campagna elettorale come portavoce per la scuola, pur non essendo candidata.
Lo scorso 18 novembre – un po’ per curiosità, un po’ per speranza - ho partecipato all’assemblea convocata 4 giorni prima da un gruppo di ragazzi dell’ex Opg Je so’ pazzo, in sostituzione di quella del Brancaccio, il cui progetto politico si era bruscamente interrotto. Mi sono trovata al Teatro Italia con altre mille persone che, come me, avevano deciso di farsi contagiare dalla follia di quella iniziativa: ci siamo guardati, ci siamo parlati e ci siamo riconosciuti. L’originalità della convocazione è stata seguita da una altrettanto originale gestione dell’incontro: ognuno - singolo, portavoce di un gruppo, segretario di partito- ha parlato quando era il suo turno; tutti per la stessa quantità di minuti:un’aria nuova.
Il cauto ottimismo della prima assemblea, conclusa da un intervento che riassumeva, con le parole più efficaci, il sentire di tutti in quel momento, è diventato poi il senso dell’impegno di questi pochi, intensissimi mesi. È così che Viola, Saso, e molti altri sono entrati nella mia vita, come in quella di tanti, quel giorno, a cui sono seguite centinaia di assemblee ed iniziative su tutto il territorio nazionale. Francesca, la “spingitrice”, come ama definirsi, una delle voci generose e inesauste di questo progetto.

Potere al popolo!: un nome che per alcuni suona antico; ma che – per chi non è pervaso dalla ideologia dell’innovazione e del nuovismo rampante – contiene un senso atemporale ed universale, quello della sovranità sancita dall’articolo 1 della Carta; sulla quale leggiamo che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo e che è suo compito rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.  
Un programma politico di straordinaria attualità; perché quella Carta, se non ne esigiamo il rispetto e l’applicazione, cade in terra come una carta qualunque, come diceva Piero Calamandrei. Lo stesso che sosteneva che la scuola pubblica svolge la funzione del sangue, che irrora gli organi del corpo umano: diffonde cioè la linfa necessaria a istituzioni e cittadini per sopravvivere con sani anticorpi e robusta Costituzione.
La scuola è perciò strumento dell’interesse generale ed è il luogo in cui – attraverso la cultura emancipante e il pluralismo delle idee – si impara a decodificare criticamente la neo-lingua del liberismo arrembante, che ha esponenzialmente amplificato e risemantizzato parole in origine neutre: razionalizzazione e semplificazione; autonomia, Europa, competenze, innovazione. 
Che sta riproponendo il lavoro come merce e non come dignità. 
In assenza di vigilanza e di impegno, attecchiscono i totem linguistici di un’ideologia pervicace, che ha attaccato per prima cosa proprio la scuola, con la legge più odiosa, la più violenta e pericolosa tra le riforme, perché ha – ideologicamente, appunto- costruito un nuovo modello di scuola e un diverso (acquiescente, acritico, passivo) modello di docente e studente; e dunque di cittadino. Per far sì che sangue e linfa cessino di scorrere nelle vene della società, che deve invece diventare del tutto incapace di stigmatizzare la sottrazione della sovranità popolare e di esigere condizioni di vita dignitose per tutte/i.
L’impegno che molti di noi hanno profuso (in particolare quello del cosiddetto “no sociale”, che ha visto il ritorno alla urne di tante persone che da tempo non andavano a votare) affinché il 4 dicembre del 2016 diventasse una data autenticamente “storica” - liberando l’aggettivo dalla retorica vacua con cui negli ultimi decenni l’hanno ammantato governi di destra e di sinistra - ha trovato finalmente una prospettiva ed una concretizzazione ulteriore alla difesadella Costituzione: concepirnee pretenderne attivamente la piena realizzazione. Prospettiva da mettere in atto attraverso la costruzione di nessi necessari tra le diverse tematichesu cui ciascuno di noi si è politicamente speso negli anni, dentro e più spesso fuori dalle formazioni politiche: salute, istruzione, lavoro, abitazione, ambiente, accoglienza, sostegno alla disabilità, politiche culturali, antifascismo, pace, pensioni. Abbiamo riconosciuto la necessaria complementarietà di ognuna di queste rivendicazioni con tutte le altre; ci siamo sentititutti animati dalla medesima attenzione disinteressata per i bisogni delle persone, dallo stesso disagio rispetto alla perdita di sovranità del nostro Paese, prono ai diktat europei; abbiamo accresciuto la pregnanza e l’incisività delle nostracostantepartecipazione sociale e della nostra quotidiana militanza politica.
Per chi, come me, da anni milita per difendere i principi della scuola pubblica, sostenere Potere al Popolo! è stato insomma quasi un atto necessario: senza la scuola della Costituzione non ci sarà possibilità di un effettivo potere al popolo.  
Le convergenze tra progetto istituzionale e progetto dell’istruzione, egemonizzati negli ultimi anni dal modello socio-economico dell’ideologia neoliberista, non potranno essere compiutamentedisinnescate se non mediante un attento e paziente lavoro di ri-costruzione di una cittadinanza consapevole e critica. Unire le lotte” deve infatti prevedere,in primo luogo, il partire, con lungimiranza, dallo smontaggio dell’intenzionale mortificazione del sapere critico analitico che le riforme hanno imposto alla scuola a colpi di test Invalsi, competenze finalizzate al mercato del lavoro, burocratizzazione e aziendalizzazione, sfruttamento del lavoro minorile, competizione, “innovazione e velocità”.
Il programma scuola di Potere al Popolo! si articola perciò su alcuni principi chiari, molti dei quali contenuti nella legge di iniziativa popolare “Per la scuola della Costituzione”, base di partenza (nel rispetto dell’autonomia del soggetto che l’ha formulata) per un disegno complessivo in radicale discontinuità con le politiche scolastiche degli ultimi trent’anni, sulla quale si stanno attualmente raccogliendo le firme. Come altre leggi di iniziativa popolare, per propria stessa natura essa prefigura un modello alternativo di società e di metodo, partecipato e “popolare”, appunto. E si propone comeesempio di concrete future azioni parlamentari, in rapporto con soggettività reali e con percorsi sociali maturati democraticamente, sotto il profilo giuridico oltre che di movimento.
Libertà di apprendimento e insegnamento, quindi, istanza che nel programma di Potere al Popolo! si integra perfettamente con rifiuto della devastazione ambientale, diritto alla salute, ripudio della guerra, condanna della logica cinica del Mediterraneo fossa comune per tante sorelle e tanti fratelli, vertenze in corso su privatizzazioni, diritto al trasporto e all’abitare, pari opportunità di genere: protagonismo dei giovani e rispetto per l’esperienza dei meno giovani si sono confrontati su queste e molte altre questioni concernenti democrazia ed equità, unitidal comune denominatore della partecipazione. Un’esperienza di pratica della dialettica democratica affascinante ed entusiasmante, insomma, iniziata poco più di due mesi fa per non lasciare che nuova legge elettorale, astensionismo e inerzia riproponessero un’ulteriore possibilità di svuotare il principio della rappresentanza e la centralità del Parlamento.
La consapevolezza che la scommessa sia azzardata è bilanciata da una vena di lucida “pazzia”, che fa sperare di aver trovato,con la passione e con la costanza delle ragioni,un luogo di riflessione e di riabilitazione della cittadinanza attiva e della politica. Chedeve continuare, al di là dell’esito del 4 marzo, che tutti ci auguriamo ci consenta di superare la soglia del 3%, per provare a ribaltare il paradigma della rassegnazione, della “democrazia del click”, della scelta del“meno peggio”, che continuano a svilire il senso più alto dell’impegno per una società più giusta e di un mondo più umano.
Facciamo in modo che il tempo della politica– che pare finalmente sia arrivato - sia un buon tempo.
Marina Boscaino
(28 febbraio 2018)

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