Il concetto del voto utile - come quello della governabilità - asseconda una generale e pericolosa tentazione di subappaltare la democrazia.
micromega MARINA BOSCAINO
Utile è, a mio giudizio, dare prospettiva e fiducia ad un modo di fare
politica diverso. Per questo voterò Potere al Popolo!, e per questo mi
sono impegnata nella campagna elettorale come portavoce per la scuola,
pur non essendo candidata.
Lo scorso 18 novembre – un po’ per curiosità, un po’ per speranza - ho partecipato all’assemblea convocata 4 giorni prima
da un gruppo di ragazzi dell’ex Opg Je so’ pazzo, in sostituzione di
quella del Brancaccio, il cui progetto politico si era bruscamente
interrotto. Mi sono trovata al Teatro Italia con altre mille persone
che, come me, avevano deciso di farsi contagiare dalla follia di quella
iniziativa: ci siamo guardati, ci siamo parlati e ci siamo riconosciuti.
L’originalità della convocazione è stata seguita da una altrettanto
originale gestione dell’incontro: ognuno - singolo, portavoce di un
gruppo, segretario di partito- ha parlato quando era il suo turno; tutti
per la stessa quantità di minuti:un’aria nuova.
Il cauto ottimismo della prima assemblea, conclusa da un intervento
che riassumeva, con le parole più efficaci, il sentire di tutti in quel
momento, è diventato poi il senso dell’impegno di questi pochi,
intensissimi mesi. È così che Viola,
Saso, e molti altri sono entrati nella mia vita, come in quella di
tanti, quel giorno, a cui sono seguite centinaia di assemblee ed
iniziative su tutto il territorio nazionale. Francesca, la “spingitrice”, come ama definirsi, una delle voci generose e inesauste di questo progetto.
Potere al popolo!:
un nome che per alcuni suona antico; ma che – per chi non è pervaso
dalla ideologia dell’innovazione e del nuovismo rampante – contiene un
senso atemporale ed universale, quello della sovranità sancita
dall’articolo 1 della Carta; sulla quale leggiamo che la Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo e che è suo
compito rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva
partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica,
economica e sociale del Paese.
Un programma politico di straordinaria
attualità; perché quella Carta, se non ne esigiamo il rispetto e
l’applicazione, cade in terra come una carta qualunque, come diceva
Piero Calamandrei. Lo stesso che sosteneva che la scuola pubblica svolge
la funzione del sangue, che irrora gli organi del corpo umano: diffonde
cioè la linfa necessaria a istituzioni e cittadini per sopravvivere con
sani anticorpi e robusta Costituzione.
La scuola è perciò strumento
dell’interesse generale ed è il luogo in cui – attraverso la cultura
emancipante e il pluralismo delle idee – si impara a decodificare
criticamente la neo-lingua del liberismo arrembante, che ha
esponenzialmente amplificato e risemantizzato parole in origine neutre:
razionalizzazione e semplificazione; autonomia, Europa, competenze,
innovazione.
Che sta riproponendo il lavoro come merce e non come
dignità.
In assenza di vigilanza e di impegno, attecchiscono i totem
linguistici di un’ideologia pervicace, che ha attaccato per prima cosa
proprio la scuola, con la legge più odiosa, la più violenta e pericolosa
tra le riforme, perché ha – ideologicamente, appunto- costruito un
nuovo modello di scuola e un diverso (acquiescente, acritico, passivo)
modello di docente e studente; e dunque di cittadino. Per far sì che
sangue e linfa cessino di scorrere nelle vene della società, che deve
invece diventare del tutto incapace di stigmatizzare la sottrazione
della sovranità popolare e di esigere condizioni di vita dignitose per
tutte/i.
L’impegno che molti di noi hanno profuso
(in particolare quello del cosiddetto “no sociale”, che ha visto il
ritorno alla urne di tante persone che da tempo non andavano a votare)
affinché il 4 dicembre del 2016 diventasse una data autenticamente
“storica” - liberando l’aggettivo dalla retorica vacua con cui negli
ultimi decenni l’hanno ammantato governi di destra e di sinistra - ha
trovato finalmente una prospettiva ed una concretizzazione ulteriore
alla difesadella Costituzione: concepirnee pretenderne attivamente la
piena realizzazione. Prospettiva da mettere in atto attraverso la
costruzione di nessi necessari tra le diverse tematichesu cui ciascuno
di noi si è politicamente speso negli anni, dentro e più spesso fuori
dalle formazioni politiche: salute, istruzione, lavoro, abitazione,
ambiente, accoglienza, sostegno alla disabilità, politiche culturali,
antifascismo, pace, pensioni. Abbiamo riconosciuto la necessaria
complementarietà di ognuna di queste rivendicazioni con tutte le altre;
ci siamo sentititutti animati dalla medesima attenzione disinteressata
per i bisogni delle persone, dallo stesso disagio rispetto alla perdita
di sovranità del nostro Paese, prono ai diktat europei; abbiamo
accresciuto la pregnanza e l’incisività delle
nostracostantepartecipazione sociale e della nostra quotidiana militanza
politica.
Per chi, come me, da anni milita per
difendere i principi della scuola pubblica, sostenere Potere al Popolo! è
stato insomma quasi un atto necessario: senza la scuola della
Costituzione non ci sarà possibilità di un effettivo potere al popolo.
Le convergenze tra progetto istituzionale e progetto dell’istruzione,
egemonizzati negli ultimi anni dal modello socio-economico
dell’ideologia neoliberista, non potranno essere
compiutamentedisinnescate se non mediante un attento e paziente lavoro
di ri-costruzione di una cittadinanza consapevole e critica. “Unire le
lotte” deve infatti prevedere,in primo luogo, il partire, con
lungimiranza, dallo smontaggio dell’intenzionale mortificazione del
sapere critico analitico che le riforme hanno imposto alla scuola a
colpi di test Invalsi, competenze finalizzate al mercato del lavoro,
burocratizzazione e aziendalizzazione, sfruttamento del lavoro minorile,
competizione, “innovazione e velocità”.
Il programma scuola di Potere al Popolo! si articola perciò su alcuni principi chiari, molti dei quali contenuti nella legge di iniziativa popolare “Per la scuola della Costituzione”,
base di partenza (nel rispetto dell’autonomia del soggetto che l’ha
formulata) per un disegno complessivo in radicale discontinuità con le
politiche scolastiche degli ultimi trent’anni, sulla quale si stanno
attualmente raccogliendo le firme. Come altre leggi di iniziativa
popolare, per propria stessa natura essa prefigura un modello
alternativo di società e di metodo, partecipato e “popolare”, appunto. E
si propone comeesempio di concrete future azioni parlamentari, in
rapporto con soggettività reali e con percorsi sociali maturati
democraticamente, sotto il profilo giuridico oltre che di movimento.
Libertà di apprendimento e insegnamento,
quindi, istanza che nel programma di Potere al Popolo! si integra
perfettamente con rifiuto della devastazione ambientale, diritto alla
salute, ripudio della guerra, condanna della logica cinica del
Mediterraneo fossa comune per tante sorelle e tanti fratelli, vertenze
in corso su privatizzazioni, diritto al trasporto e all’abitare, pari
opportunità di genere: protagonismo dei giovani e rispetto per
l’esperienza dei meno giovani si sono confrontati su queste e molte
altre questioni concernenti democrazia ed equità, unitidal comune
denominatore della partecipazione. Un’esperienza di pratica della
dialettica democratica affascinante ed entusiasmante, insomma, iniziata
poco più di due mesi fa per non lasciare che nuova legge elettorale,
astensionismo e inerzia riproponessero un’ulteriore possibilità di
svuotare il principio della rappresentanza e la centralità del
Parlamento.
La consapevolezza che la scommessa sia
azzardata è bilanciata da una vena di lucida “pazzia”, che fa sperare di
aver trovato,con la passione e con la costanza delle ragioni,un luogo
di riflessione e di riabilitazione della cittadinanza attiva e della
politica. Chedeve continuare, al di là dell’esito del 4 marzo, che tutti
ci auguriamo ci consenta di superare la soglia del 3%, per provare a
ribaltare il paradigma della rassegnazione, della “democrazia del
click”, della scelta del“meno peggio”, che continuano a svilire il senso
più alto dell’impegno per una società più giusta e di un mondo più
umano.
Facciamo in modo che il tempo della politica– che pare finalmente sia arrivato - sia un buon tempo.
Marina Boscaino
(28 febbraio 2018)
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