Matteo Salvini: giurando su Vangelo e Costituzione, si è fregato da solo Là la cornice fu un’abbazia attorno ad un vescovo-abate, tutti decisi a lottare per la propria indipendenza, qui lo scenario è la piazza di Milano con il Duomo chiuso al nuovo leghista, che giura con il Rosario, il Vangelo e la Costituzione. L’arcivescovo di Milano gli ha ricordato di occuparsi delle cose sue e di non scherzare coi santi perché rischia di bruciarsi.
La sceneggiata è stata studiata a tavolino perché in un colpo solo espone tre simbologie. 
Il Rosario richiama la Battaglia di Lepanto del 1571, nella quale le armate «cristiane», coalizzate in «Lega Santa», sconfissero quelle musulmane, giunte alle porte di Vienna. Da allora nella Chiesa cattolica il mese di ottobre è dedicato a Maria, «Madonna del Rosario». 
Il vangelo è un richiamo a tutte le frange estremiste del cattolicesimo fondamentalista che si oppone a Papa Francesco e invoca in ogni occasione lo «spirito di Lepanto» per espellere dal sacro suolo d’Italia e d’Europa gli immigrati e i miscredenti musulmani perché l’unica religione deve essere quella cattolica in salsa leghista. Matteo Salvini non è nuovo a queste sceneggiate fuori luogo: a ogni Natale gira per le strade con un presepio in mano, dimenticandosi il senso di quello che rappresenta.