mercoledì 13 settembre 2017

Studiare le mafie.

Se un tempo quella parola neanche veniva pronunciata, oggi di mafia se ne parla tanto e a volte pure se ne straparla.





repubblica.it ATTILIO BOLZONI
Con superficialità, approssimazione, la si racconta attraverso immagini scontate, con spot e slogan che mescolano mezze verità e mezze falsità, una diffusione grossolana di informazioni avvolta in un'insopportabile retorica. Ma c'è chi la mafia la studia per davvero. Con passione e fatica, con metodo, collegando vicende apparentemente lontane e inseguendo indizi storici e contemporanei, scavando in profondità e soprattutto con libertà di pensiero.
Ecco perché abbiamo voluto dedicare una serie del nostro blog alle tesi di laurea sui fenomeni mafiosi, ricerche di una trentina di studenti di tre Università italiane (la Statale di Milano, corso del professore Nando dalla Chiesa; quella di Bologna, corso della professoressa Stefania Pellegrini; quella di Palermo, corso della professoressa Alessandra Dino) che ci hanno offerto estratti dei loro elaborati.
Uno studio a tutto campo, la mafia vista da sotto e da sopra e da dentro. Analisi su economie criminali e capitalismo, sul linguaggio degli imputati nell'aula bunker del maxi processo di Palermo, sulla Terra dei Fuochi, sulla mala bergamasca e i "Basilischi" di Potenza, sul "mondo di mezzo", sui beni confiscati in abbandono, sulla "tratta" delle ragazze nigeriane e sul narcotraffico in Messico.

Un lavoro ha ricordato l'uccisione del giornalista palermitano Mario Francese e la morte di suo figlio Giuseppe, che per anni aveva cercato la verità sul padre. C'è chi ha perfino esplorato il significato di quelle "menti raffinatissime" citate da Giovanni Falcone, subito dopo l'attentato sugli scogli dell'Addaura nel giugno del 1989.
Tesi di laurea firmate da ragazzi italiani del Nord e del Sud, guidati con sapienza dai loro insegnanti che li hanno consigliati e indirizzati. N'è venuta fuori una piccola grande mappa mafiosa.

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