domenica 24 settembre 2017

I Bolscevichi! I Bolcevichi

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I Bolscevichi! I Bolcevichi

I Bolscevichi! I Bolcevichi

Maria R. Calderoni
I bolscevichi furono bolscevichi. I bolscevichi, loro, quelli che mandarono in scena ” I dieci giorni che sconvolsero il mondo”. Era esattamente il 25 ottobre 1917 (7 novembre, cioè) e cento anni dopo, ripercorrendo anche rapidamente qualche pagina di storia, non cessiamo di sentirci strabiliati della loro modernità, capacita politica, spirito democratico, e “velocità”. Politici e intellettuali, dentro c’è Lenin, e si sente. Del resto, all’epoca, in quell’ Ottobre, a stupirsi di quei bolscevichi è addirittura Rosa Luxemburg, la quale, elogiandone la < raffinata democrazia>, parla di <qualcosa di sovrumano>, soprattutto tenendo conto della <diabolicamente ardua situazione nella quale imperversava la Russia>.
Appena istallatosi allo Smonliy, il governo sovietico non perde tempo. L’appello di Lenin – scritto di suo pugno – nel dare alla Russia (ma anche al mondo) la “piccola” notizia dell’abbattimento del governo provvisorio guidato da Kerenskij e del passaggio del potere statale «nelle mani dell’organo del Soviet dei deputati operai e soldati di Pietrogrado, il Comitato militare rivoluzionario», è senza preamboli: <La causa per la quale il popolo ha lottato, l’immediata proposta di una pace democratica, l’abolizione della grande proprietà̀ fondiaria, il controllo operaio della produzione, la creazione di un governo sovietico, questa causa è assicurata>. E ancora più chiaramente: <Per creare il socialismo, voi dite, occorre la civiltà̀. Benissimo. Perché́ dunque da noi non avremmo potuto creare innanzi tutto quelle premesse della civiltà̀ che sono la cacciata dei grandi proprietari fondiari e la cacciata dei capitalisti russi per poi cominciare la marcia verso il socialismo?>.

Risposte immediate. Nel suo libro – “Dopo la rivoluzione: i primi atti del potere sovietico” – Vladimiro Giacché scrive: <Lenin si mosse con straordinaria risolutezza emanando decreti di forza impressionante, che riunivano il meglio delle tradizioni socialiste, democratiche e persino liberali. Quello sulla pace arrivò solo due ore dopo l’insediamento del governo, seguito il giorno stesso da quello sulla terra. Entrambi furono approvati dal Congresso nazionale dei soviet, nella sua prima seduta. Il 15 novembre un nuovo decreto proclamava l’uguaglianza e la sovranità̀ dei popoli dell’ex impero, riconoscendone il diritto all’autodeterminazione e alla secessione. Esso fu presto seguito da altri provvedimenti che abolivano la pena di morte e introducevano il controllo operaio, nonché́ misure liberali in materia di previdenza sociale e istruzione. L’impatto fu enorme, sia nel paese, dove queste misure, tanto desiderate, rafforzarono l’appoggio al governo di buona parte delle campagne, dell’esercito e delle minoranze nazionali, sia fuori di esso>.
È più affascinante di un romanzo lo straordinario libro di Giuseppe Boffa (storico corrispondente da Mosca de “l’Unità”) sulla rivoluzione russa (Editori Riuniti), nel quale, capitolo per capitolo, se ne illustra ogni fase, dedicando largo spazio appunto alle leggi del nuovo regime socialista.
Pace subito. E infatti porta la data del 7 novembre 1917 la lettera che il Commissario del popolo per gli Affari Esteri, Lev Trotzkij, invia all’ambasciatore degli Stati Uniti, David L. Francis, per rendere formalmente noto il testo della proposta <di armistizio e di pace democratica senza annessioni e contribuzioni, fondata sul diritto dei popoli a disporre di sé medesimi>, approvata dal governo sovietico. Che esce dalla Prima Guerra Mondiale con l’armistizio di Brest-Litovsk.
Il decreto numero 2 è quello sulla terra. <La proprietà dei grandi possidenti è abolita immediatamente senza alcun riscatto; e < Il diritto di proprietà privata sulla terra è abolito per sempre>. I latifondi non esistono più e ai comitati dei contadini è dato il compito di ridistribuire la terra (dichiarata proprietà dello Stato) tra le famiglie rurali in base al numero dei componenti.
Un altro decreto affida ai comitati operai il controllo delle fabbriche; le banche sono nazionalizzate; e i depositi privati confiscati; il soviet si rifiuta totalmente di rispondere dell’enorme debito pubblico contratto dalla Russia zarista con l’occidente. Lenin ha le idee ben chiare: <Se la rivoluzione si fosse fermata sulla soglia “sacra” degli istituti di credito, sarebbe fallita>. E la mattina del 14 dicembre reparti della Guardia Rossa occupano tutte le banche della capitale.
Non basta. Si introduce il monopolio di stato nel commercio con l’estero. La chiesa viene separata dallo Stato e le proprietà ecclesiastiche vengono confiscate. Si abroga il vecchio sistema giudiziario e si creano i tribunali del popolo.
Si nazionalizzano anche le industrie; il commercio privato scompare. Annotano gli storici: <Dopo alcuni mesi di governo bolscevico non esisteva più alcuna vecchia istituzione della Russia zarista>. Nel 1918 già sono nati i primi kolchos.
Si pone mano anche all’apparato amministrativo (che ovviamente – Lenin lo sa benissimo – non poteva essere gestito direttamente da persone senza alcuna esperienza): così tecnici, medici, ingegneri, professori sono reintegrati nei loro ruoli con buone retribuzioni.
In meno di un anno sono riformati i due poteri fondamentali del regime zarista: la polizia (nasce la Cekha, Commissione straordinaria per la lotta alla controrivoluzione e al sabotaggio); e l’esercito (soppresso completamente e sostituito con quello sovietico, che si chiama Armata Rossa. Aboliti tutti i gradi militari, da quello di caporale a quello di generale; le forze armate sono proclamate al servizio del popolo e tutte le funzioni di comando diventano elettive).
Seguendo il filo cronologico. Il 29 ottobre, decreto sulla giornata lavorativa di otto ore. 4 novembre, decreto sul controllo operaio: nessun aspetto della vita di ogni impresa (ivi compresi i movimenti finanziari) avrebbe dovuto essere tenuto nascosto ai Consigli del controllo operaio. Il segreto era abolito. 9 novembre, prima pubblicazione dei trattati e dei documenti segreti sottoscritti dai precedenti governi. <La soppressione della diplomazia segreta è la prima condizione di onestà per una politica estera autenticamente popolare e democratica>.
Sempre in novembre: “Dichiarazione dei diritti dei popoli”(uguaglianza, autodeterminazione, soppressione di privilegi legati a fattori razziali o religiosi, piena libertà per le minoranze).
Il 13 gennaio 2918 nasce la “Dichiarazione dei diritti del popolo lavoratore e sfruttato” che sanziona le riforme già adottate. E nel marzo 1921 nasce la NEP, la nuova politica economica, marchio Lenin.
Si intitola “La nostra marcia” la poesia di Maiakovski dedicata a quei primi sovietici: <Battete sulle piazze il calpestio delle rivolte! / In alto, catena di teste superbe,/ con la piena del secondo diluvio/ laveremo le città dei mondi>.
I leggendari bolscevichi.

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