I due, 48 e 41 anni, sono
ai domiciliari per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro,
aggravati dalla discriminazione razziale. Dalle indagini è emerso che
prelevavano rifugiati africani da un centro di accoglienza e li
sfruttavano nei campi insieme ad altri stranieri, pagando 25 euro al
giorno i neri e 35 i bianchi. Li facevano dormire in baracche e mangiare
a terra.
Assumevano lavoratori in nero nella loro azienda agricola, poi la paga variava in base al colore della pelle. Con queste accuse i carabinieri hanno arrestato due fratelli di Amantea, in provincia di Cosenza, nell’ambito di un’inchiesta sullo sfruttamento dei rifugiati
ospitati nei centri di accoglienza. Sono ai domiciliari
per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, aggravati dalla discriminazione razziale. Da quanto accertato, i due fratelli Francesco e Giuseppe Arlia Ciommo, 48 e 41 anni, facevano lavorare in nero nella loro azienda agricola migranti africani, oltre a romeni e indiani. La paga però era variabile. I “bianchi”, infatti, prendevano 10 euro in più degli altri: 35 euro al giorno contro 25.
Le indagini, condotte dai carabinieri di
Amantea sotto la direzione del pm
Anna Chiara Fasano e il coordinamento del procuratore di Paola,
Pierpaolo Bruni,
hanno permesso di scoprire che i rifugiati, principalmente provenienti
da Nigeria, Gambia, Senegal e Guinea Bissau, “per non destare sospetti
venivano prelevati in prossimità del centro di accoglienza ‘
Ninfa Marina‘ di Amantea, in una strada parallela”, come ha spiegato
Giordano Tognoni, comandante della Compagnia di
Paola.
Una volta fatti salire su un furgoncino, venivano portati nell’azienda
agricola. I rifugiati africani si trovavano a lavorare nei campi assieme
ad altri stranieri provenienti principalmente dalla
Romania e dall’
India. Erano sottoposti a condizioni di lavoro degradanti: dormivano in baracche e
mangiavano a terra.
Vivevano sotto la stretta e severa sorveglianza dei due fratelli
arrestati che, per evitare ribellioni, millantavano conoscenze con le
forze dell’ordine
I provvedimenti restrittivi sono stati disposti dal gip del Tribunale di Paola,
Maria Grazia Elia, su richiesta della Procura. Ai due fratelli è stata anche sequestrata l’azienda e altri beni per un valore di circa
due milioni di euro. Il reato contestato di
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro è stato introdotta
dalla legge sul caporalato approvata nell’ottobre del 2016
che prevede la confisca dei beni, la reclusione fino a sei anni e la
multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. “Una legge
necessaria”, afferma il Ministro delle politiche agricole,
Maurizio Martina. “Lo sfruttamento del lavoro con l’aggravante della discriminazione razziale è
intollerabile – aggiunge – ringrazio le forze dell’ordine per il contrasto all’inaccettabile piaga del caporalato”.
Il centro di Amantea – Il centro di accoglienza dell’
ex hotel “Ninfa Marina”, gestito dalla cooperativa
Zingari 59,
è quello che ospita il più elevato numero di migranti nel Cosentino.
Stando ai dati della Prefettura del maggio scorso, riportati dalla
Gazzetta del Sud, nella struttura vivono
360 persone,
mentre la capienza prevista in convenzione sarebbe di 160. Per questo,
scrive sempre il quotidiano, ha anche diritto al rimborso più elevato:
2.038.160 di euro. A gennaio l’ex hotel era stato al centro di un’
operazione anti-droga dei carabinieri e solo due mesi fa un migrante era rimasto ferito all’interno della struttura. Nel 2015 le associazioni
La Kasbah e
Garibaldi 101 denunciavano “l’assenza di una adeguata
assistenza medica e le carenze nei servizi di informazione legale, nella mediazione culturale e all’alloggiamento delle persone”.
Il caso di Camigliatello Silano – A maggio
un’altra operazione
di contrasto allo sfruttamento dei rifugiati ospitati nei centri di
accoglienza, sempre nella provincia di Cosenza, aveva portato a
14 misure cautelari
nei confronti di altrettante persone accusate, a vario titolo, di
intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, abuso d’ufficio e
tentata truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Un caso simile: dalle indagine era emerso che i rifugiati,
principalmente senegalesi, nigeriani e somali, venivano prelevati da due
centri di accoglienza di
Camigliatello Silano e portati a lavorare in campi di
patate e fragole dell’altopiano della Sila o impiegati come
pastori per badare agli animali da pascolo.
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