È una differenza che si è imposta anche sul nostro modo di pensare.
Nessuno di noi infatti parlerebbe di cannabis industriale, così come non
parliamo di canapa terapeutica né di rollare della canapa olandese.
dolcevitaonline.it
Ci
hanno insegnato che la canapa è quella che si usa per scopi produttivi e
tessili, associata al maschio della pianta a basso contenuto di thc,
mentre la cannabis è la variante femmina, da utilizzare per fumare. Una
distinzione che però non ha nessuna base scientifica ed è in un certo
modo figlia dell’invenzione del termine marijuana negli anni ’30, quando
negli Usa le lobby dell’industria ed i media cominciarono a costruire la criminalizzazione
della pianta e quindi le basi del proibizionismo. In quegli anni il
termine marijuana venne inventato per infondere nell’opinione pubblica
americana la paura degli immigrati ispanici, e per convincere la
popolazione che la stessa pianta con la quale si era addirittura
fabbricata la carta sulla quale la costituzione Usa venne scritta, era
in realtà una pericolosissima droga. Il termine cannabis è l’evoluzione,
se vogliamo più politicamente corretta, con il quale i proibizionisti
di oggi veicolano lo stesso concetto di allora.
L’ARBITRIO CHE È DIVENTATO SCIENZA.
A dare una base
giuridico-scientifica ad una distinzione totalmente arbitraria fu nel
1971 un ricercatore canadese, Ernest Small, che pubblicò un testo dal
titolo “The Species Problem in Cannabis”.
In questa ricerca l’autore, da una parte sosteneva che non esisteva
alcun confine scientifico nel quale distinguere in base al contenuto di
thc tra canapa e marijuana, ma dall’altra decise – visto che
evidentemente era tenuto a farlo – che se questo confine doveva essere
posto poteva essere in una concentrazione di thc allo 0,3%. Da allora
questo limite, deciso sostanzialmente a casaccio, è stato posto alla
base delle convenzioni internazionali e delle legislazioni di tutto il
mondo, dove a parte qualche piccola differenza, lo 0,3% di thc è
diventato il limite imposto alle coltivazioni legali a scopi produttivi.
Sopra questa soglia si tratta di cannabis, quindi droga.
RIAPPROPRIARSI DEL VOCABOLARIO. Oltre alla propaganda del
proibizionismo ed alle teorie di ricercatori più o meno indipendenti vi è
però la verità botanica: canapa e cannabis sono la stessa cosa, cioè una pianta a fiore della famiglia delle Cannabaceae, sottoinsieme dell’ordine delle piante Urticales.
Nel momento storico in cui, fortunatamente, in tutto il mondo si
comincia a parlare di depenalizzazione e legalizzazione, riappropriarsi
del vocabolario e ricominciare ad usare lo stesso termine, potrebbe
essere un primo passo per provare a sottolineare il fatto che la
cannabis (o canapa che dir si voglia), è una stessa pianta con
molteplici usi produttivi, alimentari, terapeutici e psicoattivi, e che
ogni distinzione in base al contenuto di thc, come hanno sempre cercato
d’imporre vecchi e nuovi proibizionisti, è innanzitutto antiscientifica.
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mercoledì 20 settembre 2017
Canapa o cannabis? Cosa si nasconde nell’invenzione di una differenza
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