claudio conti contropiano
A tre giorni dal referendum arrivano
pessime notizie, per il governo, dal fronte dell'occupazione.
Naturalmente i media di regime provano a ribaltae la frittata,
enfatizzando oltre misura il “calo della disoccupazione giovanile”.
Vediamo perciò in dettagli la nota dell'Istat, per distinguere il grano
(la verità) dal loglio (la propaganda filogovernativa).
Dice l'Istat: “Nel mese di ottobre la
stima degli occupati cala lievemente rispetto a settembre (-,1%, pari a
-30 mila unità). La flessione è attribuibile alle donne a fronte di una
sostanziale stabilità per gli uomini e riguarda tutte le classi di età
ad eccezione degli ultracinquantenni. Diminuiscono, in questo mese, i
dipendenti a tempo indeterminato, mentre crescono quelli a termine e
restano stabili gli indipendenti. Il tasso di occupazione è pari al
57,2%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto a settembre”.
Tradotto dallo statistichese stretto: ci
sono 30.000 occupati in meno, in un solo mese, soprattutto donne e
giovani. Gli unici a reggere sono gli ultracinquantenni, perché – come
abbiamo spiegato spesso – l'esperienza nel mestiere è preferita dalle
aziende in tutte quelle mansioni non brutalmente “di fatica muscolare”.
Il saper fare, insomma, risulta comunque più “produttivo”, anche dal
punto di vista imprenditoriale, anche se ovviamente costa un po' di più.
La stessa diminuzione degli occupati viene confermata dal dato trimestrale: “Nel
complesso del periodo agosto-ottobre si registra un calo degli occupati
rispetto al trimestre precedente (-0,2%, pari a -34 mila), che
interessa gli uomini, le classi di età fino a 49 anni e i lavoratori
indipendenti, mentre segnali di crescita si rilevano per donne, over 50 e
lavoratori dipendenti”. Qui cambiano leggermente le percentuali per
classi di età e genere, ma agosto è un mese “strano”, rispetto agli
altri, perché si satura di lavori stagionali (che di preferenza
riguardano giovani e donne; dalla ristorazione all'albergjiero, o
comunque nel rampo turistico).
Non manca il solito dato apparentemente contradditorio: “La
stima dei disoccupati a ottobre diminuisce (-1,2%, pari a -37 mila),
dopo l'aumento del 2,2% registrato nel mese precedente. La diminuzione è
attribuibile alle donne (mentre si registra una lieve crescita tra gli
uomini) e si distribuisce tra le diverse classi di età ad eccezione
degli ultracinquantenni. Il tasso di disoccupazione risulta pari
all'11,6%, in calo di 0,1 punti percentuali su base mensile.”
Com'è possibile che calino
contemporaneamente sia gli occupati che i disoccupati? Non c'è nulla di
strano, se non i criteri statistici stabiliti da Eurostat (l'organismo
comunitario del ramo), che fanno riferimento a due bacini diversi invece
che – come sarebbe logico attendersi, trattandosi della stessa
popolazione – a uno soltanto.
In pratica, gli occupati sono dati in
cifra assoluta (22milioni e 750mila, all'incirca; tenendo comunque
presente che per essere considerati tali basta aver lavorato anche una
sola ora nella settimana della rilevazione); mentre il tasso di
occupazione (57,2%) mette in relazione quella cifra assoluta con quella,
altrettanto assoluta, della popolazione in età lavorativa (dai 15 ai 64
anni, convenzionalmente). Se si fosse conseguenti, il tassodi
disoccupazione sarebbe del 42,8%. Ma da questo bacino bisogna ovviamente
escludere gli studenti della scuola dell'obbligo, i disabili, ecc.
Quindi, per stabilire il tasso di disoccupazione uggiciale, si usa un
altro criterio: si prende la cifra degli iscritti alle agenzie del
lavoro, quindi persone ufficialmente alla ricerca di un lavoro, e si
calcola la percentuale in relazione alla somma che viene fatta con gli
occupati. Tutti gli altri cittadini, non occupati né iscritti alle
agenzie del lavoro, vengono classificati e conteggiati come “inattivi”.
Né-né…
Capito questo, ecco che diventa chiaro il
mistero del calo contemporaneo di due insiemi che dovrebbero invece
avere una dinamica opposta. “La minore partecipazione al mercato del
lavoro a ottobre, in termini sia di occupati sia di persone in cerca di
lavoro, si associa all'aumento della stima degli inattivi tra i 15 e i
64 anni (+0,6%, pari a +82 mila). Tale crescita compensa in parte il
forte calo registrato a settembre (-0,8%).” E ancora “Il tasso di inattività sale al 35,1%, in aumento di 0,2 punti percentuali.” Cresce
dunque, e di molto, l'esercito dei disoccupati reali che non vengono
conteggati come tali. Uscendo dalle percentuali, stiamo parlando di
oltre 10 milioni di persone che – per età e salute – potrebbero
benissimo lavorare, ma hanno smesso persino di cercare un lavoro. Non
proprio un dato di cui andare orgogliosi, ma che viene pudicamente
occultato.
In ogni caso, e tenendo presenti i
criteri statistici folli imposti anche all'Istat, il saldo annuale dà
ancora un segno positivo per gli occupati (anche per una sola ora alla
settimana!): “Su base annua si conferma la tendenza all'aumento del
numero di occupati (+0,8% su ottobre 2015, pari a +174 mila). La
crescita tendenziale è attribuibile ai lavoratori dipendenti (+194 mila,
di cui +178 mila permanenti) e si manifesta sia per la componente
maschile sia per quella femminile, concentrandosi principalmente tra gli
over 50 (+376 mila). Nello stesso periodo calano gli inattivi (-2,2%,
pari a -308 mila) e aumentano i disoccupati (+1,3%, pari a +38 mila).”
E i giovani? “A ottobre il tasso di
disoccupazione dei 15-24enni, cioè la quota di giovani disoccupati sul
totale di quelli attivi (occupati e disoccupati), è pari al 36,4%, in
calo di 0,4 punti percentuali rispetto al mese precedente. Dal calcolo
del tasso di disoccupazione sono per definizione esclusi i giovani
inattivi, cioè coloro che non sono occupati e non cercano lavoro, nella
maggior parte dei casi perché impegnati negli studi.”
E dunque, “Il tasso di occupazione dei 15-24enni diminuisce di 0,1 punti percentuali, mentre quello di inattività aumenta di 0,4 punti.”
Ormai si può capirlo facilmente. La disoccupazione giovanile è “scesa”
non perché ci siano più giovani al lavoro, ma perché sono aumentati
quelli che hammo smesso di cercarlo.
Vi sembra una buona notizia? A noi – e a quei giovani – non sembra proprio che o sia…
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giovedì 1 dicembre 2016
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