sabato 1 agosto 2015

Magari si morisse di Anarchia e illegalità.

Tre giorni fa, in data 28 luglio 2015, è uscita sulle pagine napoletane di Repubblica un’intervista di Roberto Fuccillo a Gianni Lettieri che intende denunciare Luigi de Magistris per istigazione a delinquere.
 
Contropiano Napoli
Magari si morisse di Anarchia e illegalitàEcco una piccola parte delle dichiarazioni:
«Napoli sta morendo di anarchia e illegalità, le pagine dei giornali sono bollettini di guerra, la vivibilità è ai minimi storici, e il sindaco che fa? Loda chi occupa edifici pubblici. Basta, lo denuncio».
«Incredibile — dice Lettieri — ma lo sa che lui è il sindaco? All'Asilo Filangieri, ad esempio, sono stati spesi 5 milioni per la ristrutturazione. Capirei se parlasse di esigenza di chi non ha un tetto, ma non per collettivi e centri sociali. Ho dato mandato ai miei avvocati di valutare una denuncia per istigazione a delinquere. Agiremo nei prossimi giorni».
Sotto la risposta della comunità dell’Asilo Gaetano Filangieri di Napoli.
Lettera di un nomade a casa sua
Napoli, estate 2015
L’altra sera passeggiavo per la città, appena scesa da una Roma afosa e brulicante di sgomberi e rigurgiti di violenza indotta nelle periferie; una brutta aria quella della capitale, in cui sguazzano bene politici in doppio petto e personaggi che fanno “impresa” coi soldi delle catastrofi (tipo terremoti, alluvioni, G8 e simili “grandi” eventi, roba che a Napoli fortunatamente non si è mai vista...). Avevo letto su Repubblica di una città da “bollettino di guerra”, ai margini della vivibilità... Essendo abituato alla sua difficoltà quotidiane per un attimo mi sono davvero preoccupato pensando a cosa fosse successo. Così, per respirare un poco, ho deciso di uscire la sera stessa.
Per vedere che aria tira non volevo andare per l’ennesima volta in quell’oasi che è l’Ex Asilo Filangieri, dove da circa tre anni e mezzo si susseguono, laboratori musicali, rassegne di filosofia, teatro, spettacoli di ogni tipo di arte grazie ad una forma di gestione innovativa di un bene pubblico, dove si sta costruendo un “centro di produzione interdipendente”, dove negli ultimi tre anni ho incontrato Romeo Castellucci, Jan Fabre, Chiara Guidi, Bob Ostertag, Pierre Dardot, Enzo Moscato, i musicisti di Dissonanzen e di Decibel Ensemble, Maurizio Zanardi, Gerardo Marotta,  Stefano Rodotà, Ernest Pignon-Ernest, Roberto De Simone, Alessandro Dal Lago, Tomaso Montanari, Antonio Rezza e Flavia Mastrella - solo per citare i primi nomi che mi vengono in mente mentre passeggio.
Allora, per cambiare un po’, mi sono fatto convincere da un volantino e sono andato a vedere “La madre” di Brecht, regia di Carlo Cerciello, in scena all’Ex Opg Occupato, una struttura meravigliosa, con tre campi di pallavolo, uno di calcio, un teatro, chiusa da decenni, riaperta da un collettivo che non solo ha fatto vedere per la prima volta a migliaia di napoletani questo luogo sconosciuto, ma ha ribaltato la sua destinazione d’uso trasformando le celle di un manicomio giudiziario in spazi di condivisione e socialità.
Il giorno dopo, lo confesso, avevo ancora con qualche dubbio, quelle parole di procurato allarme mi lasciavano un po’ inquieto. Ho pensato allora di fare un bel giro verso il mare e anche se da un po’ di tempo non devo scavalcare più un nuvolo di auto in doppia fila per vederlo, volevo andare in un posto meno frequentato dalla miriade di turisti che girano in questi giorni (ma qualcuno li ha avvisati che siamo ai margini della vivibilità?!?). Mi dirigo verso Bagnoli, quasi rassegnato al desolante vuoto dei capannoni industriali e dei musei abusivi, ed invece… Cartelloni pubblicizzano una escursione a bordo della “Scaramantica”, una barca capitanata da un altro gruppetto di giovani facinorosi, che ha occupato il Lido Pola, che imbarca gratuitamente chiunque voglia fare un giro alla scoperta delle “coste negate” da Nisida a Palazzo donna Anna, con tanto di sediziosa offerta di bibite a bordo e un paio di cremini clandestini.
Alla fine di queste passeggiate, oggi, mi sento più sicuro - protetto dal profondo antifascismo che storicamente Napoli esprime in ogni esercizio di vitalità -, e mi preparo per andare alla Selva Lacandona a Chiaiano, zona che alcuni della Napoli bene forse ricordano per gli echi della cronaca che titolava di una intera popolazione che si era ribellata alla discarica che volevano costruire in mezzo ai campi di ciliegie; vado a bere vino prodotto in quella stessa terra, a sentire musica in un terreno confiscato alla camorra ed ora gestito da altri più o meno giovani più o meno occupanti di spazi e edifici.
Insomma, ho rivisto una bella Napoli, che non si piega al degrado della divisione sociale imposta dalla crisi, che non ha bisogno di spazzare le strade per sentirsi cittadini “puliti”, che non intende strumentalizzare ed alimentare i suoi problemi per poter indicare col dito dei maestrini ipocriti quanto sia brutta e sporca. C’è chi non gioca al teatrino dei politicanti, ma si mette in gioco in  prima persona riaprendo alla città porte che l’incuria e il malaffare avevano sigillato da troppo tempo. Mentre c’è chi propaganda grandi piani su una Napoli da progettare c’è chi ricostruisce a partire da sé e nel concreto: con una moltitudine di atti di insubordinazione civile, di uso civico di beni comuni, di occupazioni che non sono solo liberazioni di luoghi, ma aperture continue di relazioni, socialità e forze che certo farebbe comodo tener sopite, o addirittura, per qualcuno, dietro le sbarre. Questa gente sarebbe da denunciare, per istigazione all’inerzia! O almeno chiamata in correità per la svendita del patrimonio pubblico a privati ed affaristi, ma, un po’ perché questi reati non esistono e un po’ perché il gioco di inventarne nuovi non mi è mai piaciuto, lascio perdere le dichiarazioni che ho letto, convinto che chi pensa di ritrovare un po’ di visibilità perduta alimentando il fuoco dell’odio contro migranti e clandestini per diffondere il vocabolario della paura e raccattare qualche voto,  troverà questa città cambiata, un po’ più anarchica, coraggiosa ed impegnata a riscrivere le regole della cosiddetta “legalità”, della convivenza tra le persone, della legittima redistribuzione delle risorse, del legittimo uso dei beni comuni e della legittima riappropriazione della sovranità da parte di chi vive e lavora nei territori.

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