Isabella Borghese Giornalista e ufficio stampa
Come se all’imperativo o al monito “Vattene!” (traduzione proprio di ‘Degage!’, nome che riprende il grido dei tunisini che cacciarono Ben Ali all’inizio della primavera araba, ndr) questa volta dovessero rispondere gli occupanti: all’alba circa una ventina di persone sono state sgomberate, identificate al commissariato di Porta Pia e successivamente denunciate per “Invasione di terreni o edifici”(art. 633 CPP, ndr).
A chi conosce queste realtà sociali legate ai movimenti non può non essere andata in questi anni l’attenzione anche su Degage, studentato noto per le attività sociali, politiche e culturali e il cui sgombero di oggi, richiesto dalla Prefettura e dall’Amministrazione comunale, dimostra una volontà di attacco a chi continua a svolgere lavoro politico e culturale lontano dalle logiche della speculazione edilizia. Un atteggiamento del genere impedisce, soprattutto, agli stessi interessati di percorrere percorsi politici e sociali indipendenti dalla politica di partito.
Quest’anno sono state diverse le storie, ma i cittadini che vivono nella Capitale hanno subito la perdita di luoghi di vero fermento politico e culturale, come negli ultimi anni lo è stato il Teatro Valle Occupato o Scup – che poi ha riaperto altrove –, per citarne alcuni.
Abbiamo detto che le storie sono diverse, ma tutto ruota intorno a interessi economici e, come nel caso del Teatro Valle, si è arrivati persino a un lungo silenzio (a un anno dallo sgombero sull’andamento dei lavori di restauro del Teatro non se ne sa nulla e, addirittura, ad oggi non si conosce neanche il progetto).
In breve la storia di Degage: erano 13 gli edifici vuoti e abbandonati che, contro la speculazione edilizia, sono stati occupati a Roma il 6 aprile del 2013 durante uno tsunami tour messo in atto con il sostegno dei Blocchi Precari Metropolitani.
Lo studentato Degage, in via Antonio Musa, all’epoca ha visto impegnati nell’occupazione 34 studenti a rotazione che, a seconda delle lauree, (c’erano anche studenti erasmus…) vivevano all’interno dello studentato fino a questa mattina.
“Si tratta di uno stabile provinciale, quello in questione, che dal 2008 sembrerebbe inserito in un fondo di valorizzazione, con altri 10 stabili di proprietà della Provincia, in gestione alla Bnp Paribas per realizzare i fondi necessari a costruire nell’Eur il grattacielo come nuovo palazzo della Provincia”, racconta un ragazzo che ha preso parte all’occupazione.
Gli occupanti di Degage in questi anni avevano intavolato una trattativa sia per l’emergenza abitativa generale, quanto per l’emergenza abitativa rispetto alle condizioni degli studenti, perché “nel Lazio abbiamo anche la mancanza di un welfare universitario – prosegue il giovane, che aggiunge -. Una legge nazionale del 2000 prevede residenze universitarie a meno di tre km dall’università stessa, e lo stabile di via Antonio Musa lo consentiva. Rispetto al meccanismo di autorecupero la legge nazionale sul diritto allo studio prevede che oltre agli Enti Regionali del diritto allo studio e alle Università, siano soggetti erogatori dei servizi quali residenze anche Cooperative di studenti o Associazioni di studenti”.
Roma in questi giorni è così: le polemiche sui funerali di Vittorio Casamonica non fanno che aumentare, occupano pagine di cronaca locali e nazionali e l’attenzione adesso si è spostata sulle case popolari, circa una cinquantina, occupate dal clan (come se prima nessuno sapesse nulla e non si potesse indagare) affittate a parenti e amici, a canone agevolato tra i 70 e i 100 euro al mese e su cui dal Comune partirà un controllo a tappeto.
L’urgenza, anzi, l’emergenza da Prefettura e Comune, tuttavia, è stata sgomberare l’ennesimo posto di attività sociali, nonché simbolo di lotte sociali.
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