Qualche anno fa, il direttore di una radio di informazioni ebbe a dirmi: “voi (antinceneritoristi) la battaglia culturale l’avete vinta; oggi sostenere la bontà degli inceneritori è difficile per tutti».
Maurizio Melandri Comitato Malagrotta
Lo
scontro culturale di cui si parlava era fra le due impostazioni sulla
gestione dei rifiuti: quella che prevede l’incenerimento e quella che
invece lo esclude.
Con
l’incenerimento si propone la narrazione del recupero energetico come
finalità ultima del trattamento dei rifiuti e che anzi definisce il
rifiuto come utile, o indispensabile combustibile per creare energia, in
una mescolanza di temi irrazionali tra gestione dei rifiuti e creazione
di energia, giustificata solo da scellerati incentivi statali camuffati
per energie rinnovabili e da uno spregiudicato affarismo di lobby
industriali, che hanno imposto politicamente e mediaticamente, per i
loro forti interessi economici, una supremazia del recupero di energia
dalla materia al posto del recupero della materia; il tutto a scapito
della salute umana, di uno sfruttamento distruttivo delle risorse,
dell’inquinamento dell’ambiente (aria, territorio, acqua) ed anche del
danno economico collettivo.
L’alternativa,
una corretta gestione dei rifiuti, orientata al recupero di materia e
non di energia, alla creazione di imprenditorialità diffusa. Il
riferimento è a un modello di gestione dei rifiuti fondato sulla
riduzione a monte della produzione dei rifiuti, su un’organizzazione su
tutto il territorio della Raccolta domiciliare Porta a Porta e quindi
con il recupero della materia da avviare ad una efficiente filiera di
riciclaggio, in grado di generare investimenti, imprenditorialità
diffusa, occupazione (da decine a centinaia di volte, posti di lavoro in
più rispetto all’attuale “ciclo integrato”), economia sostenibile e
quindi ricchezza sociale unitamente alla salvaguardia della salute delle
popolazioni residenti, alla fertilità dei suoli, alla preservazione
delle risorse del pianeta.
Queste
due impostazioni antitetiche ci (noi, gli antinceneritoristi) hanno
visti impegnati per anni in un durissimo scontro contro la lobby
dell’incenerimento, sostenuta dalla “grande stampa”, fino a far
prevalere in gran parte della popolazione, quella consapevolezza, quel
senso comune che ha portato l’ amico giornalista a “proclamare” la
vittoria del messaggio culturale contro l’incenerimento, sintetizzabile
nello slogan: “L’incenerimento non è la soluzione del problema dei rifiuti, ma è il rifiuto della soluzione del problema.”
Tutto
bene quindi? Ci aspetta finalmente quel futuro verso Rifiuti Zero per
il quali in molti si sono impegnati per anni con passione
disinteressata?
Niente
affatto. Già molti allarmi erano stati lanciati nell’autunno del 2014
all’atto dell’approvazione dello “Sbocca Italia”; individuando
soprattutto nell’art. 35 una sfrontata liberalizzazione alla costruzione
di impianti inquinanti e pericolosi, eliminando le residue norme e
procedure di salvaguardia dei territori e delle loro popolazioni. Ora,
in piena estate ovviamente – il 29 luglio – con i cittadini distratti
dalle ferie, il governo invia alle regioni la bozza di Decreto
Legislativo che prevede, in sintesi la costruzione di 12 nuovi
inceneritori in 10 regioni, che andranno a sommarsi ai 42 già in
funzione e ai 6 impianti ancora in stand-by per vari motivi (legali –
ricorsi - mancato collaudo) come quello di Malagrotta, di Albano
Laziale e di S.Vittore nel Lazio, ma anche quello di Massafra in Puglia,
di Gioia Tauro in Calabria, di Rufina in Toscana già autorizzati ma non
ancora costruiti.
«Vorrei
usare altri linguaggi, ma questa è una vera porcata, non ci sono altre
parole, anche per chi come me è solito usare termini più "scientifici"» tuona Enzo Favoino, tecnico
e ricercatore presso la Scuola Agraria del Parco di Monza, con ruolo
importante nella innovazione dei sistemi di gestione dei rifiuti sia in
Italia che all’estero, che definisce poi: «ideologica e fuori dal dibattito scientifico» la tesi del ministro Galletti (“senza nuovi impianti non restano che le discariche”).
Innumerevoli
le prese di posizione di personalità e scienziati che “criticano” la
decisione del governo; il dott. Federico Valerio: « Il decreto "Sblocca
Italia" è un ben congegnato attacco agli interessi collettivi, studiato
da pochi soggetti a cui saranno assicurati ingenti e facili guadagni»; la dottoressa Patrizia Gentilini: «con
il supporto della letteratura scientifica internazionale, Isde Italia
giudica questa pratica, non soltanto antieconomica, ma anche assai pericolosa per la salute dei cittadini… …In
un momento di scarsità di materie prime e di crisi ambientale ormai
sotto gli occhi di tutti, è davvero paradossale che il tema dei rifiuti
venga affrontato pensando di implementare il ricorso all’incenerimento
che altro non è che fonte di inquinamento e spreco di risorse»
Risposte
negative anche dai Governatori delle regioni indicate come sede di
nuove installazioni; Michele Emiliano: «Gli elettori si sono espressi
chiaramente contro la costruzione di impianti»; Luca Zaia (Veneto): «Abbiamo tre inceneritori e non ne costruiremo altri: siamo una Regione 'riciclona' e puntiamo dritti sul compostaggio». Sergio Chiamparino (Piemonte): «Di
inceneritori ne abbiamo uno e ci basta: il termovalorizzatore del
Gerbido, alle porte di Torino, brucia quasi 416 mila tonnellate di
rifiuti l’anno. Non ne sono previsti altri»; Rosario Crocetta (Sicilia): «Io i termovalorizzatori non li farò mai. Li vuole Renzi? Il piano sui rifiuti ce lo facciamo da soli»; Luca Ceriscioli (Marche): un nuovo impianto sarebbe inconcepibile. Quello di Macerata – spiegano i suoi collaboratori – è stato spento un anno fa proprio perché non ce n’è alcun bisogno»; Enrico Rossi (Toscana): «Non
sapevo che il decreto prevedesse inceneritori in Toscana, né che da noi
debbano essere addirittura due. Non è prevista la costruzione di alcun
impianto»; Catiuscia Marini (Umbria): «Non
avrebbe senso. Abbiamo una differenziata, in crescita, al 50 per cento,
con picchi del 70 a Perugia. Restano solo 100 mila tonnellate da
smaltire: troppo poche per giustificare un termovalorizzatore»; Vincenzo De Luca (Campania): «Tra
quattro anni, secondo le stime, ci saranno 700 mila tonnellate di
rifiuti da smaltire. Per questa cifra basta l’impianto di Acerra: non ce
ne vuole un altro».
Sembrerebbe
un fronte molto ampio e in grado di bloccare questa castroneria; ma,
evidentemente presago, questo governo si era premurato di inserire nello
Sblocca Italia che gli inceneritori: “…infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale ai fini della tutela della salute e dell’ambiente…”
e cioè autorizzazioni più veloci se non addirittura superflue,
limitazione dei poteri delle regioni, potenziamento della forza
pubblica, contro le prevedibili proteste dei cittadini, a protezione dei
siti scelti (il modello della TAV Torino-Lione).
Si
propone una guerra, una guerra oscurantista ed un ritorno ad un passato
e a delle logiche fallimentari; una guerra che vede però in gioco ed è
motivata da interessi miliardari.
Scrive Giorgio Meletti: «Da
una parte c’è il partito della raccolta differenziata, del trattamento e
del riciclaggio. Un partito fatto da aziende specializzate con i loro
interessi, spalleggiato dagli ambientalisti. Dall’altra c’è il partito
delle discariche e degli inceneritori: grandi aziende (molte
municipalizzate), grandi interessi e collegamenti densi con i partiti di
governo, quali che siano. Le regole del gioco, in nome del bon ton
istituzionale, impongono di ignorare l’esistenza della criminalità
organizzata, che della partita è protagonista sempre più ingombrante e
sfrontato».
Già, il bon ton istituzionale; ma come non riandare all’intervista a Paul Connett del lontano 2008: « Il problema è la corruzione, perché gli inceneritori sono il nuovo business
»; o come non collegare tutti gli “incidenti” di impianti di
riciclaggio, compostaggio e trattamento biologico andati a fuoco– almeno
26 solo negli ultimi mesi – e sui quali sta indagando anche la
Commissione di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei
rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati?
Fantapolitica?
Fenomeni casuali e slegati? Oppure un progetto di fredda pianificazione
di un ritorno a quel passato fatto di inceneritori e discariche che ha
fatto la fortuna dei “soliti noti” a danno di tutti gli altri cittadini,
quelli che la battaglia culturale contro l’incenerimento l’hanno vinta,
ma che rischiano di perdere la battaglia del potere delle lobbies.
Qui
nel Lazio viviamo una fase di infondata distensione: il fermo del
gassificatore di Malagrotta; la chiusura della discarica; l’ipotesi di
cancellazione del gassificatore di Albano; l’avvio della “raccolta
differenziata” a Roma. Tutto voleva indicare un cambio di strategia,
l’abbandono del “ciclo integrato dei rifiuti” per incamminarsi
finalmente sulla strada verso “Rifiuti Zero”.
Non
è così; anche qui varie “casualità” diverse notizie apparentemente
slegate ci fanno capire che c’è il tentativo concreto di un ritorno al
passato; ce lo ha evidenziato nelle settimane scorse Paolo Simonini con
il suo presidio e sciopero della fame contro il progetto di ampliamento
della discarica di Cupinoro.
Ma
Cupinoro non è solo uno dei tasselli; solo uno degli elementi di una
mentalità sbagliata e ottusa sulla gestione dei rifiuti da cui
difendersi; ritorna l’incubo per Albano del “gassificatore più grande
del mondo” – Cerroni dixit –; si tenta di riaprire la questione della
nuova discarica a Monti dell’Ortaccio, nella Valle Galeria (mentre il
gassificatore, fermo dal 2011, è sempre lì pronto a ripartire); Rocca
Cencia sperimenterà il primo biodigestore dei quattro che l’AMA ritiene
“la soluzione finale” della FORSU (la Frazione Organica dei rifiuti
Urbani)
Che fare?
Credo
sia necessaria, a questo punto, una ripresa collettiva di opposizione
contro questa restaurazione; riprendere la battaglia culturale come se
non ci fossero stati almeno due decenni di lotte. E riprendere
soprattutto la battaglia sui territori a partire da un’iniziativa comune
da mettere in atto in occasione della Conferenza Stato-Regioni del 9
settembre, in cui si discuterà – si approverà, nelle intenzioni del
Governo – il decreto attuativo dell’art. 35 dello Sblocca Italia.
Anche
se in un momento con evidenti difficoltà “fisiologiche” qual è questa
specie di sospensione dalla realtà che caratterizza il comportamento
degli italiani nel mese di agosto, il Presidente di Zero Waste Europe e
Zero Waste Italy, Rossano Ercolini, ha già proposto per il 7, 8, e 9
settembre tre giornate di mobilitazioni territoriali da svolgersi
preferibilmente di fronte ai palazzi regionali, con un prevedibile
concentramento nella giornata del 9 settembre, appunto la data in cui
dovrebbe essere trasformato il Decreto Legislativo.
25 agosto 2015
Maurizio Melandri
Comitato Malagrotta
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