Va bene la confisca "mafiosa" delle aziende agricole che usano i caporali. Ed è positivo il piano di azione contro gli schiavisti sui campi che il ministro Martina ha promesso ufficialmente dopo un tavolo d'emergenza convocato nella mattina del 27 agosto con l'Inps e il ministro del lavoro Giuliano Poletti per mettere fine alla impressionante catena di braccianti italiani e stranieri morti durante l'estate nei campi.
Sagnet, però, individua una svista nelle parole del ministro per l'Agricoltura: "Perché non parla della grande distribuzione e dei grossisti che impongono alle aziende agricole di vendere i pomodori a otto centesimi per chilo? Con questi prezzi nessun imprenditore può pagare degnamente un bracciante". Sagnet incalza l'esecutivo: "Colpire unicamente i caporali e le imprese non risolverà il problema in un settore, quello agricolo, che gode comunque di ottima salute. La gestione dei prezzi nella filiera agro-alimentare è totalmente sbagliata, poiché consegna tutto il profitto all'industria della trasformazione e alle catene di supermercati lasciando pochissimi margini ai produttori".
Le parole di Sagnet sono le stesse della Coldiretti, invitata al tavolo del governo per affrontare una questione che la normativa anti-caporali approvata nel 2011 evidentemente non ha saputo sconfiggere pur prevedendo la sospensione dell'attività e la revoca dei finanziamenti pubblici.
Ora il ministro Andrea Orlando promette di elaborare un testo che vada a inasprire quella legge, puntando sulla responsabilità in solido delle aziende con i caporali ed equiparando quelle che usano gli schiavisti alle imprese mafiose: per gli imprenditori che incorrono nella intermediazione illecita del lavoro scatterà la confisca dei beni, mentre ai braccianti che temono di denunciare - per non subire intimidazioni o ricatti - il nuovo testo vorrebbe prevedere un percorso di sostegno.
Ciò che è risultato evidente al ministero per le Politiche agricole è l'inefficacia dei sistemi di controllo: "Sono costosi e non hanno portato ai risultati sperati. Ma è soprattutto la legge attuale contro i caporali a essere di difficile applicazione". Perciò Martina annuncia che per la metà di settembre sarà operativo un piano sistematico per rendere permanente la cabina di regia governativa sulla "Rete del lavoro agricolo di qualità". Tra le misure sul tavolo l'obbligo della comunicazione preventiva dell'impiego dei lavoratori stagionali e un controllo incrociato tra le banche anagrafiche dell' agenzia governativa Agea e l'Inps per far emergere le sacche di lavoro nero, un altro aspetto del lavoro agricolo che danneggia le aziende oneste.
A Rignano Garganico è sorta negli anni una baraccopoli-città dove alloggiano i braccianti africani, con supermercati e addirittura una radio:
L'idea di Martina è quella di conferire a queste ultime un certificato di lavoro etico per dare ai consumatori uno strumento utile alla scelta dei prodotti nel supermercato. Un bollino "anti-caporalato" e "no lavoro nero", insomma. Un piano globale che convince anche Poletti: "Abbiamo già messo in campo una azione di contrasto, la rafforzeremo e la metteremo insieme ad altre questioni che affronteremo con il ministero dell'interno nella parte che riguarda l'immigrazione e con il ministero delle giustizia per la confisca dei beni. Vogliamo dare una risposta strutturata e laddove ci saranno oneri finanziari le risorse andranno trovate in legge di stabilità".
Sagnet, che sulla propria esperienza di bracciante contro i caporali ha anche scritto un libro, rimane per il momento scettico: "Le dichiarazioni di Martina e Poletti danno soddisfazione perché fanno capire che finalmente il governo ha compreso l'entità del problema, e speriamo non sia successo soltanto perché abbiamo contato dei morti. Martina deve avere il coraggio di cambiare tutta la cultura della filiera agro-alimentare, impedendo che le industrie che comperano dalle imprese agricole facciano il bello e il cattivo tempo".
Il sindacalista camerunense fa qualche esempio: "I pomodori a otto centesimi per chilo, le arance a cinque. Ma anche il fatto che alcune industrie comperano i prodotti agricoli in Cina e poi usano etichette italiane. La cultura d'impresa deve cambiare, altrimenti i coltivatori non avranno mai la possibilità di pagare bene i braccianti". Sagnet ha una idea: "Partiamo dal contratto di lavoro nazionale. Per legge decidiamo una paga minima da corrispondere a chi raccoglie prodotti agricoli. In quel modo nessuna azienda potrà accettare di vendere la frutta a pochi centesimi il chilo, e poco per volta lo sfruttamento finirà".
Nelle stesse ore del tavolo del governo sul caporalato si è sciolto, forse, il mistero sul bracciante africano che Sagnet aveva segnalato come probabile scomparso dalla baraccopoli di Rignano, nei pressi di Foggia. Per il momento i carabinieri del comando provinciale non sono riusciti a raccogliere elementi sicuri per poter stabilire che un ragazzo del Mali sia effettivamente morto durante la raccolta dei pomodori e forse interrato di nascosto dai caporali, come raccontano le voci del ghetto. "Ho riportato quanto si dice tra i braccianti della zona", spiega il sindacalista della Cgil, "ma proprio ieri è stato dimesso dall'ospedale un giovane del Mali che corrisponde alla descrizione dello scomparso".
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