Forse è solo un modo per mostrare i muscoli alla minoranza Pd in vista della battaglia del Senato. Per far capire che stavolta davvero non si scherza. E tuttavia le parole di Graziano Delrio alla festa dell’Unità un po’ colpiscono.
Colpiscono, le parole, anche perché a pronunciarle è proprio Delrio, volto gentile del renzismo, prudentissimo nelle uscite pubbliche, durante una discussione in cui ha difeso tutti i capitoli dell’agenda di governo. E ha detto che “per me sarebbe sbagliato interrompere l’azione di governo”. Delrio cita la sua esperienza di medico, la necessità di decidere una cura e poi portarla a termine in tempi stretti. Per salvare il paziente. O almeno provarci. Per lui, la cura Renzi sta funzionando, non ha dubbi. E tuttavia, “a decidere se si va avanti o no non siamo noi, ma il Parlamento”. E la paura è che in Parlamento qualcosa possa saltare. Proprio sulla riforma del Senato. Il ministro non è così esplicito, ma anche lui, la colomba, si sta convincendo che, dentro il Pd, stavolta si rischia grosso. “L’unità del Pd serve prima di tutto al Paese”, risponde ai cronisti. Ma alla domanda su D’Alema il viso trasuda sconforto: “Gesù…Due milioni di voti persi? Detto da D’Alema… Veramente il Pd di Matteo Renzi ha conquistato milioni di voti”.
Il segnale lanciato da baffino, l’accusa al premier di “sputare sul passato per fingersi grandi” ha colpito nel segno tra i renziani. Come un liberi tutti. E dunque anche Delrio si prepara al peggio, a malincuore. “Tentata dal voto”, aveva detto qualche settimana fa il falco Maria Elena Boschi. L’estate ha irrobustito il fronte dei falchi. Delrio pare più preoccupato che battagliero. Quando replica a D’Alema, infatti, a un certo punto si morde la lingua: “Renzi di voti ne ha guadagnati milioni. E mi fermo qui”. Come un soprassalto di volontà di mediare ancora. E ancora. “Noi abbiamo una grande responsabilità verso il Paese. Il Pd ha preso sulle spalle il Paese, lo ha portato fuori dalla crisi: l’unità del Pd è necessaria perché il Paese ne ha bisogno”, chiude il ministro, prima di concedersi un giro tra gli stand, e impugnare una mega padella con i volontari del ristorante. Al bar i giovani dem gli propongono di scegliere tra due cocktail: “Stai sereno” o “Pisapia ripensaci”. La scelta cade sul secondo. “Magari!”.
Il sostegno di Squinzi a Renzi. La giornata segnala un notevole e non scontato feeling con Confindustria. Squinzi difende Renzi e il governo in ogni modo. “A uno che dice che riduce le tasse noi facciamo un tifo spietato”, spiega appena arrivato alla festa. Per poi aggiungere di “condividere” le parole del premier su berlusconismo e antiberlusconismo che “hanno bloccato l’Italia”. Alla fine del dibattito, dopo una lunga serie di impegni da parte del ministro sulle opere pubbliche, Squinzi si lancia: “A questo punto non mi resta che chiedere l’iscrizione al Pd”. Delrio gongola: “Abbiamo bisogno di nuovi iscritti”. Un dirigente milanese del Pd si presenta con una tessera nuova di zecca: “La prendo se fatte tutto quello che dice Delrio”, svicola Squinzi. “Se il Pd facesse tutte le cose che ha detto non si chiamerebbe più Pd ma Pdf, Partito del Fare…”.
Il clima è distante anni luce da quello della sera prima con Poletti e Camusso, che se le sono date di santa ragione per tutto il dibattito, con una platea divisa a metà tra le opposte fazioni. Squinzi invece giustifica gli errori del ministero del Lavoro sui nuovi contratti: “Solo chi fa sbaglia”. E sul numero dei nuovi contratti a tempo indeterminato, solo 47: “Ho l’impressione che ci sia qualcosa che non quadra. Sono andato a vedere i dati del mio gruppo, e dal luglio dell’anno scorso al luglio di quest’anno abbiamo assunto 49 persone. Possibile che li abbia assunti tutti solo Mapei?” “Il Jobs Act in linea di principio è funzionale”, aggiunge il numero uno di Confindustria. Che lancia una dura stoccata al sindacato che “in Italia mediamente è stato un fattore di ritardo: ha fatto ritardare tanto l'efficienza e la competitività complessiva del Paese. Sono d’accordo con il presidente del Consiglio”. Dalla platea non si leva un fiato. E anche questa, per la festa dell’Unità, è una novità.
La critica più severa di Squinzi al governo, dunque, è quella di “non fare abbastanza in fretta. I punti su cui agire li ha individuati, ma per realizzarli e per tagliare le tasse serve una seria spending review”. “La stiamo facendo”, è la replica di Delrio. Che difende la magistratura dagli attacchi del numero uno di Confindustria che aveva accusato le toghe di “bloccare troppo spesso i cantieri”. “Noi non aggrediamo la magistratura”, dice Delrio. “Nella lentezza delle opere, pesano molto di più la corruzione e le infiltrazioni della malavita. Noi questa lotta la facciamo, così con Cantone abbiamo fatto ripartire Expo dopo gli scandali e anche il Mose”.
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