mercoledì 1 aprile 2015

La denuncia paga: presi i caporali dopo il film della Cgil

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Un espo­sto molto det­ta­gliato, pre­sen­tato in pro­cura un anno fa. Poi, a ini­zio del mese scorso, un docu­men­ta­rio che ha avuto riso­nanza nazio­nale, lan­ciato pro­prio dalle pagine del mani­fe­sto. Quando il sin­da­cato si muove bene e denun­cia, i risul­tati arri­vano: i cara­bi­nieri di Cata­nia ieri hanno sgo­mi­nato una banda di nove capo­rali, for­mata da ita­liani e rumeni, che aveva ridotto in stato di semi schia­vitù decine di immi­grati, anche donne e minori. Sette gli arre­sti, e altri due mal­vi­venti restano ancora irre­pe­ri­bili: i brac­cianti, addetti alla rac­colta di arance in un grosso cen­tro della pro­vin­cia, Paternò, sta­vano sui campi fino a 12 ore al giorno per paghe da fame, e allog­gia­vano in capan­noni senza acqua cor­rente, ener­gia elet­trica e ser­vizi igienici.
«Estor­sione ai lavoratori»
La noti­zia è stata dif­fusa men­tre a Cata­nia si teneva l’assemblea dei qua­dri e dele­gati Cgil, tanto che Susanna Camusso, pre­sente all’iniziativa, ha par­lato di «estor­sione a danno dei lavo­ra­tori». Ma c’è un’altra noti­zia inte­res­sante, e che riguarda gli svi­luppi di Ter­ra­nera, il docu­film girato nelle cam­pa­gne cata­nesi da Ric­cardo Napoli e Mas­simo Malerba, e pro­dotto da Cgil e Flai: la Coca Cola, che acqui­sta arance e limoni da cin­que grosse aziende della zona, nelle set­ti­mane scorse ha con­tat­tato il sin­da­cato per­ché avrebbe inten­zione di costruire una filiera «etica» per i pro­pri prodotti.

Attratti dalla pos­si­bi­lità di avere un lavoro, i brac­cianti veni­vano “ingag­giati” in Roma­nia. Ma arri­vati nelle cam­pa­gne di Paternò il sogno diven­tava un incubo: vive­vano, hanno spie­gato gli inqui­renti, sotto capan­noni senza acqua cor­rente e ener­gia elet­trica, costretti a lavo­rare per oltre 12 ore al giorno per 50 euro, ai quali veni­vano detratti 25–30 euro per vitto e allog­gio. E se si ribel­la­vano veni­vano aggrediti.
I cara­bi­nieri hanno sen­tito 41 immi­grati vit­time dello sfrut­ta­mento, soprat­tutto rumeni dopo che per giorni si erano appo­stati intorno ai loro alloggi fati­scenti. «Siamo costretti a subire tali azioni cri­mi­nali e ad abi­tare in situa­zioni igie­ni­che pes­sime, a vivere come ani­mali — hanno fatto met­tere a ver­bale i brac­cianti — Viviamo come schiavi per qual­che spic­ciolo». Il pro­cu­ra­tore Gio­vanni Salvi e il sosti­tuto Ales­san­dra Tasciotti hanno con­te­stato agli inda­gati l’associazione per delin­quere fina­liz­zata all’estorsione.
Tra gli arre­stati, ci sono due impren­di­tori per conto dei quali i brac­cianti lavo­ra­vano: Rosa­rio Di Perna, di 59 anni, e suo figlio Calo­gero, di 29. In car­cere anche il loro pre­sunto “reclu­ta­tore”, il romeno Nicu Rata, di 32 anni. In un’intercettazione replica a chi gli con­te­sta l’assenza dai campi: «Io man­dare ope­rai. A te che inte­ressa, che devo lavo­rare io per forza?». E alla domanda: «Ah, tu fai il padrone?», lui rispon­deva: «Certo». Altre quat­tro per­sone sono agli arre­sti domi­ci­liari: Nelu Radu, di 41 anni, Lore­dana Radu, di 36, Tetyana Mro­zek, di 56, e Ilie Dima, di 45. Ci sono anche donne, quindi, tra i moderni caporali.
Il coman­dante dei cara­bi­nieri di Cata­nia, Ales­san­dro Casarsa, parla di «sfrut­ta­mento di per­sone che hanno biso­gno di lavo­rare, entrando in com­pe­ti­zione con chi chiede il rispetto del con­tratto». E si potrebbe aprire un altro filone: alcune gio­vani romene invece che nella rac­colta sareb­bero state avviate alla prostituzione.
Arance e limoni “puliti”
Secondo Alfio Man­nino, segre­ta­rio della Flai Cgil di Cata­nia, è pos­si­bile inol­tre che vi siano «col­le­ga­menti tra i capo­rali e le orga­niz­za­zioni cri­mi­nali locali». Man­nino spiega che l’efficacia dell’azione sin­da­cale, in que­sto par­ti­co­lare com­parto, con­si­ste pro­prio nel fare sin­da­cato di strada: con­tat­tando i lavo­ra­tori non tanto nei campi dove fanno le rac­colte (quasi impos­si­bile pene­trarvi), quanto piut­to­sto nei capan­noni in cui vivono, o nelle rotonde dove vanno a pren­derli i capo­rali con i pul­mini. «Abbiamo fatto tanti giri nelle cam­pa­gne dell’acese e di Paternò — spiega — e nel feb­braio 2014 abbiamo pre­sen­tato un espo­sto. Già allora ave­vamo indi­vi­duato che il rac­ket par­tiva dalla Roma­nia, e che nell’organizzazione erano impie­gate anche delle donne».
Un lavoro che è poi stato ripreso nel video Ter­ra­nera, e che ha susci­tato l’interesse della Bbc: la tv inglese avrebbe l’intenzione di girare un pro­prio docu­men­ta­rio sulle cam­pa­gne cata­nesi. Il tema inte­ressa l’opinione pub­blica del Nord Europa: non solo la Gran Bre­ta­gna, ma anche i paesi scan­di­navi, acqui­renti dei pro­dotti sici­liani, e attenti per tra­di­zione a una filiera «etica».
Filiera «etica» che vor­rebbe costruire anche Coca Cola: la mul­ti­na­zio­nale, attra­verso l’advi­sor Arché, ha chie­sto alla Flai Cgil un parere sui suoi cin­que for­ni­tori cata­nesi, rice­vendo un ok di mas­sima solo su quat­tro di loro. Nelle pros­sime set­ti­mane alcuni rap­pre­sen­tanti dovreb­bero incon­trare i pro­pri for­ni­tori, e avreb­bero l’intenzione di far fir­mare loro un disci­pli­nare, in cui si auto­cer­ti­fi­chi che die­tro gli agrumi non c’è sfrut­ta­mento, ma con­tratti rego­lari e lavoro sicuro. «Per evi­tare brutte sor­prese», hanno spie­gato ai sindacalisti.

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