Italicum, al via la discussione alla Camera. Ma in Aula solo 20 deputatiVenti deputati presenti in Aula su 630 per la battaglia campale sull’Italicum: è iniziata a Montecitorio la discussione generale sulla riforma della legge elettorale. E mentre sui giornali e nei salotti tv continuano le polemiche, in Aula il dibattito è tra meno di venti persone. Stessa posto stessa scena di venerdì scorso: in quell’occasione il ministro Gentiloni presentava l’informativa sulla morte del cooperante Lo Porto e la Camera era ancora una volta mezza vuota. Colpa del weekend lungo e dei rientri a Roma, sta di fatto che nemmeno la tanto contestata legge elettorale è riuscita a convincere i parlamentari a presentarsi puntuali in Aula.

Sul provvedimento Matteo Renzi si gioca quella che lui stesso con i suoi chiama “la battaglia più difficile della legislatura”. E’ la legge del “compromesso” o la legge del “consociativismo”. La riforma “per combattere l’immobilismo” o quella che nei fatti “è peggio del Porcellum”. I renziani contro tutti: da una parte la maggioranza difende il testo elaborato in commissione e modificato al Senato, dall’altra le opposizioni e la minoranza Pd denunciano le modalità e i contenuti. La prima tappa è quella della richiesta di sospensiva da parte dell’opposizione per cambiare l’ordine dei lavori: la votazione è palese e il governo è tranquillo che questa fase possa essere affrontata senza particolari ostacoli.
Martedì 28 aprile il secondo round: si voteranno le cinque pregiudiziali, due di merito e tre di costituzionalità presentate da Sel, M5S e Lega Nord. In entrambi i casi se fossero approvate la legge sarebbe bloccata. Già in questo caso Renzi potrebbe decidere di chiedere il voto di fiducia per blindare il testo. Poi si passerà alla discussione degli articoli: o direttamente questa settimana o dopo il weekend per avere la possibilità di chiedere il contingentamento dei tempi e ridurre lo scontro con le opposizioni. Infine il voto finale che, salvo imprevisti, dovrebbe essere non oltre il 7 maggio.
A difendere il testo in Aula è stato il relato Gennaro Migliore, deputato ex Sel e ora nel Pd che più volte in passato aveva criticato quella stessa proposta di legge: “E’ un buon punto di approdo e rappresenta un passaggio a una più chiara democrazia d’investitura e non certo a un premierato di fatto. Le scelte fatte sono di natura eminentemente politica e il provvedimento conferma l’impianto maggioritario, costituendo un ragionevole equilibrio tra governabilità e rappresentanza“. Una visione fortemente contestata dalle opposizioni, ma soprattutto anche dalla minoranza Pd: “L’effetto del premio di maggioranza”, ha detto Rosy Bindi, “piuttosto che quello di dare vita a una maggioranza più compatta, sarà quello di creare un nuovo consociativismo”. I quattro relatori di minoranza alla legge elettorale alla Camera invece hanno rinunciato a tenere la loro relazione. 
Nessuna tappa per il momento è sicura per la riforma della legge elettorale: il presidente del Consiglio dice di non voler ricorrere al voto di fiducia e nelle ultime ore è alla ricerca di sostegno in tutti gli schieramenti (dalle opposizioni lamentano “pressioni e chiamate”). Ma quello che è sicuro è che nel caso in cui la minoranza Pd chiedesse il voto segreto su alcune modifiche sostanziali al testo, il leader democratico chiederà la fiducia sui tre articoli fondamentali della legge. Dipenderà quindi dal clima di tensione in Aula e dai segnali che le diverse anime del partito manderanno nelle prossime ore. Ancora non si sa se la discussione nel merito delle parti sarà fatta direttamente questa settimana o tutto slitterà a dopo il ponte del primo maggio: in quest’ultimo caso il governo potrebbe ricorrere al contingentamento dei tempi e limitare l’ostruzionismo. Ma la battaglia si giocherà tutta nel voto finale sul testo a scrutinio segreto: per regolamento non può essere posta la fiducia.