La Suprema corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la commissione tributaria di Milano che aveva deciso per il no all'utilizzo dell'elenco che prende il nome da Hervè Falciani, il dipendente infedele della banca svizzera che consegnò al fisco francese 81.458 identità in totale. Tra questi anche 7.499 italiani.
Anche la prima sentenza in Italia aveva seguito questa strada. Nell’ottobre del 2011 il giudice di Pinerolo (Torino) Gianni Reynaud aveva stabilito che la lista andava distrutta perché, appunto, “acquisita illecitamente” e archiviato il caso di un presunto evasore per via della legge del 2006, nata dalla vicenda del dossieraggio della security di Telecom, che intendeva appunto evitare l’utilizzo di atti acquisiti illecitamente come i file raccolti indebitamente da sistemi informatici ‘violati’.
Nei mesi scorsi molti dei nomi degli italiani, stilisti sportivi imprenditori, con i conti in Svizzera erano stati pubblicati grazie all’inchiesta Swiss Leaks del network giornalistico internazionale International consortium of investigative journalists e rilanciata in Italia da L’Espresso.
Oggi è arrivato il verdetto degli ermellini che dovrà essere tenuto in considerazione. In base a quanto stabilito dalle sentenze 8605 e 8606 della VI sezione civile della Cassazione “l’Amministrazione finanziaria, nella sua attività di accertamento della evasione fiscale può, in linea di principio, avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere stati acquisiti dalla Amministrazione in violazione di un diritto del contribuente“.
“Sono perciò utilizzabili – prosegue la massima di diritto pronunciata dalla Cassazione – nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari acquisiti dal dipendente infedele di un istituto bancario, senza che assuma rilievo l’eventuale reato commesso dal dipendente stesso e la violazione del diritto alla riservatezza dei dati bancari (che non gode di tutela nei confronti del fisco). Spetterà quindi al giudice di merito in caso di contestazioni fiscali mosse al contribuente, valutare se i dati in questione siano attendibili, anche attraverso il riscontro con le difese del contribuente”.
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