"Ci
vuole una bella dose di umorismo nero per parlare, oggi, di una ripresa
imminente". Non ha dubbi Luciano Gallino, sociologo e massimo esperto
italiano del mercato del lavoro. Il guaio è se a fare del "black humor" è
il primo ministro di un Paese, in questo caso il nostro. Come si fa -
si domanda Gallino - a parlare di ripresa con la disoccupazione a
livelli record e in assenza totale di politiche per l'occupazione?
Intervista a Luciano Gallino di Giulia Belardelli, da huffingtonpost.it
Il presidente Letta ha detto che “la ripresa è a portata di mano”, anche se non si vede. È davvero così?
Ci
vuole una bella dose di ottimismo per fare un’affermazione del genere. I
rapporti e gli studi che si possono leggere a livello internazionale
dicono ben altro. È quanto meno paradossale che si parli di sintomi di
ripresa con la disoccupazione in aumento. È come se ci si dimenticasse
che il parametro più significativo per valutare lo stato di salute di
un’economia è il tasso di occupazione. Detto sinceramente, per parlare
ora di ripresa ci vuole una bella dose di umorismo nero.
Dagli
Stati Uniti all’Europa, in molti prevedono una jobless recovery, ossia
una ripresa senza lavoro. Secondo lei, è un ossimoro? Oppure è davvero
possibile una ripresa senza lavoro?
Se l’occupazione non
cresce, l’economia reale non può che risentirne. Chi parla di ripresa
asseconda le teorie economiche neoliberali che hanno conquistato il
discorso mediatico. Si guarda solo ed esclusivamente al Pil, e non al
modo in cui è prodotto. E il Pil può crescere di qualche punto perché
sono ripartite le attività finanziarie. Ma che ripresa è questa?
Quale cambio di passo dovrebbe esserci, in Europa, per invertire la rotta?
In
Europa non si è intrapresa nessuna seria riforma che possa favorire
l’occupazione: l’economia reale non è sostenuta, punto. Negli Stati
Uniti si è fatto di più. L’Europa, con le sue politiche di austerità,
non sta facendo altro che favorire la disoccupazione. Ignorando un altro
aspetto fondamentale: la povertà. Ci sono, a cominciare dall’Italia,
milioni di precari che guadagnano pochi euro all’anno e vivono nella
disperata attesa del rinnovo di un contratto. Secondo Eurostat, ci sono
in Europa più di 120 milioni di persone a rischio povertà. Si tratta di
un quarto della popolazione europea. Sono questi gli indicatori che
bisogna tenere a mente quando si parla. Perché le luci che si scorgono
in fondo al tunnel possono anche essere i fari di un tir che arriva a
tutta velocità dalla direzione opposta.
Cosa dovrebbero fare, dunque, l’Europa e i singoli paesi?
Il
bello è che potrebbe fare molte cose. Ad esempio, l’Ue potrebbe varare
un grande progetto per l’occupazione. Ma non spingiamoci troppo in là:
basterebbe semplicemente richiedere un maggiore rispetto degli stessi
trattati europei. L’inserimento in Costituzione del pareggio di
bilancio, ad esempio, è pura follia dal punto di vista della politica
economica.
L’Europa ce l’ha chiesto e noi l’abbiamo fatto, si dice…
Sarebbe
bastato leggere con attenzione i trattati per capire che si poteva
scegliere una legge ordinaria. In tutta la loro storia gli Stati Uniti
avranno rispettato il pareggio di bilancio quattro o cinque volte. Vorrà
pur dir qualcosa… Invece il Parlamento italiano ha liquidato la
questione in un quarto d’ora. Alla pesca del pesce azzurro nel
Mediterraneo si sarebbero dedicati più tempo ed energie.
Parlando
della legge di Stabilità, il viceministro all'Economia Stefano Fassina
ha ammesso che una terapia shock per l'Italia è impossibile per via dei
vincoli imposti dall'attuale politica economica della zona Euro. Anche
nel governo, dunque, c'è chi si auspica una "correzione di rotta" della
politica economica dell'Eurozona. Come commenta?
I
nostri governanti (come quelli di altri paesi) appaiono totalmente
succubi dei dettami di Bruxelles, questa è la verità. Mentre un grande
Paese fondatore dovrebbe avere la forza e l'energia per chiedere - se
necessario - una riforma dei trattati o quanto meno un'interpretazione
meno passiva degli stessi. I nostri governi - sia quello attuale che
quello precedente - non l'hanno fatto. Si sono comportanti come il
militare di leva che batte i tacchi e obbedisce all'ordine.
Il suo ultimo libro si intitola "Il colpo di Stato di banche e governi". Perché parla di colpo di Stato?
Dal
2010 in poi è intervenuto nei Paesi dell’Unione europea un paradosso: i
milioni di vittime della crisi si sono visti richiedere perentoriamente
dai loro governi di pagare i danni che essa ha provocato, dai quali
proprio loro sono stati colpiti su larga scala. Il paradosso è che la
crisi, fino all'inizio del 2010, è stata un crisi delle banche. Poi è
iniziata una straordinaria operazione di marketing: si è fatta passare
l'idea che il problema fossero i debiti pubblici degli stati. Detta in
parole semplici: i parlamenti hanno ceduto potere ai governi; i governi
hanno ceduto alla Commissione europea e alla Bce; la Bce e la
Commissione europea hanno assecondato Fmi e Banca Mondiale, e tutti
insieme hanno ceduto alle grandi istituzioni finanziarie, che hanno
bilanci superiori a quelli degli stati nazionali.
(14 novembre 2013)
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venerdì 15 novembre 2013
Gallino: “Senza lavoro, come si fa a parlare di ripresa imminente?”
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