lunedì 22 luglio 2013

Diritto di resistenza contro Al Fano e C.

di  | 22 luglio 2013

Eravamo in molti a chiederci a cosa servisse lo Stato italiano, oltre che a eseguire gli ordini di ambasciatori kazaki, statunitensi, tedeschi o di altra origine, purché certificata dagli organi incompetenti. La risposta ce l’ha data l’ineffabile Al Fano, un ministro che Travaglio, in vena di complimenti, ha definito recentemente l’attaccapanni di Berlusconi. E che dovrebbe essere definito anche il manganello di Enrico Letta. Il nostro, ancora fresco di mancate dimissioni per la scandalosa vicenda kazaka, ha così parlato: lo Stato non tollererà intralci ai programmi di grande opere previsti e alla conseguente distribuzioni di soldi a grandi imprese e poteri forti, nonostante la conclamata crisi finanziaria, la quale serve solo come pretesto per  smantellare lo Stato sociale e progettare liquidazioni in grande stile del residuo patrimonio industriale italiano. Fedeli e puntuali, le forze dell’ordine si sono messe al lavoro sabato notte in Val di Susa.
Così si travolge la democrazia. Non conta nulla il fatto che la popolazione della Valle sia in grande maggioranza contraria a un’opera, come la Tav, inutile, dannosa, pericolosa e costosissima. Il governo delle grandi intese si conferma comitato d’affari dei poteri forti, ivi compresi quelli di stampo più dubbio dal punto di vista della legalità, e quindi, in attesa di svendere al miglior (o peggiore se così conviene a qualcuno) offerente i rimanenti gioielli di famiglia (Eni, Finmeccanica, Poste, ecc.). Lo Stato, nelle persone di alcuni poliziotti ridotti a meri burattini in mano a questo comitato d’affari (si tratti di assecondare le volontà del Kazakistan o quelle di chi vuole ad ogni costo la Tav). Contro la loro stessa dignità di lavoratori della pubblica sicurezza cui rinunciano in cambio della possibilità di dare qualche manganellata e magari qualche toccatina nelle parti intime di una manifestante.

Così si seppellisce la democrazia. Viene da chiedersi in quali scuole o università abbia compiuto i suoi studi di giurisprudenza l’attuale presidente del Senato Grasso. Probabilmente presso qualche ordine religioso fortemente tradizionalista, dove ha appreso il comandamento fondamentale, “Non nominare il nome di Dio invano”. Da lui applicato in modo davvero sorprendente alla persona del Capo dello Stato, presidente Giorgio Napolitano, il cui nome non può essere proferito dai senatori
Mentre il Vaticano si umanizza e si democratizza, in certa misura, sotto la forte e appassionata spinta di Papa Francesco, lo Stato italiano sta diventando quindi teocratico? Quello che è certo, ad esempio, è che ora l’ordinamento vaticano prevede il reato di tortura, mentre quello italiano ancora no. Che Papa Francesco celebra i migranti morti in mare per effetto delle disumane politiche di respingimento volute da Maroni, mentre quest’ultimo viene blandito da Letta e Calderoli si guarda bene dal dimettersi dopo aver definito un “orango” l’unico ministro dignitoso di questo governo.
Come fare a meno del resto, della possibilità non diciamo di torturare, ma di maltrattare perlomeno un po’, nel rigoroso anonimato reso possibile dall’assenza di numeri di identificazione visibili, i manifestanti che osano opporsi al comitato d’affari? Che non accettano la liquidazione dello Stato italiano e la sua trasformazione in apparato repressivo al servizio dei potenti contro i deboli, sia sul piano interno che internazionale, come dimostrato dalle vicende kazake, dalla negazione dell’asilo aSnowden e dello spazio aereo al presidente boliviano Evo Morales, e dalla fuga dell’agente Lady da Panama, alla faccia del mandato di cattura internazionale emesso dalla Procura di Milano e dal Ministero di Giustizia?
Il diritto di protestare e resistere va difeso. Ci vuole un’amnistia sociale che affermi l’esistenza del diritto alla resistenza, unica cosa che ci rimane insieme alla Costituzione repubblicana. Bisogna inoltre sostenere le proposte di legge presentate da un insieme di associazioni per l’introduzione del reato di tortura, l’abolizione delle leggi che provocano il sovraffollamento carcerario, innanzitutto quella che penalizza il possesso di stupefacenti per uso personale. Quello che resta dello Stato italiano va reso meno repressivo, mentre va ricostruito e rilanciato l’intervento pubblico nei settori dei diritti sociali e dell’economia più in generale.
Si prepara un brutto autunno. Forse Letta e C. si illudono che la gente starà a guardare mentre loro distruggono le ultime possibilità di vita dignitosa in questo Paese. Penso che si sbaglino. C’è un limite anche alla sopportazione degli Italiani, popolo notoriamente disposto a tollerare anche più del lecito. Impegno dei veri democratici (per la massima parte non iscritti al partito che si fregia di tale qualifica) è quello alla garanzia del diritto di espressione e del conflitto sociale pacifico, per difendere la Costituzione repubblicana e i diritti irrinunciabili del popolo italiano.

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