Persone che avevano investito tutto sul marchio
Benetton e che ora si ritrovano sul lastrico, senza più un soldo e senza
sentirsi in alcun modo tutelate. Sono le cosiddette “United victims of
Benetton”, raccontate nelle scorse settimane da Report in un servizio
andato in onda su Rai 3.
infosannio.wordpress.com (ilparagone.it)
Secondo l’azienda tessile, negli ultimi il
marchio ha chiuso sì alcuni negozi, ma limitandosi allo stretto
necessario: da 5700 a 4750.
Cifre che si riferiscono alle attività
sparse per tutto il mondo, mentre tanti lavoratori ed ex lavoratori
italiani sono invece scesi in piazza per denunciare tagli negli
investimenti che hanno portato dai 3000 negozi aperti nel 2010 ai meno
di 1000 attuali.
Una lenta ma costante emorragia che ha visto le saracinesche calare
su punti vendita storici, all’interno dei centri di tantissime città
italiane.
Da Mantova a Verona passando Treviso o Grosseto, il copione è
sempre lo stesso: la merce che inizia ad accumularsi, le vendite in
calo, i debiti che si accumulano.
E i negozianti a puntare il dito
contro Benetton sostenendo di essersi ritrovati a sottostare a un
rapporto anomalo, che vedeva i vertici del marchio imporre il luogo dove
aprire il negozio, la grandezza, la merce da acquistare e gli sconti da
applicare. Una sorta di franchising, senza che però la stessa Benetton
si preoccupasse di non aprire altri punti vendita nei paraggi di quelli
già esistenti per non fare concorrenza o di avvisare per tempo quando
decideva per la chiusura di un locale.
L’azienda ha respinto le accuse delle “United victims of Benetton”,
associazione che raccoglie commercianti da ogni parte d’Italia. Sostiene
di non aver mai imposto a nessuno il quantitativo di merci da ordinare
né specifici investimenti da effettuare, come denunciato da chi invece
di questa storia si sente vittima. Ma i casi di protesta, sul finire del
2019, si sono moltiplicati, con testimonianza provenienti. L’accusa,
sempre la stessa: “Abuso di dipendenza economica”.
A ottobre era stata Treviso a trasformarsi in centro delle proteste,
con ex negozianti Benetton a scendere in strada denunciando di essere
finiti nei guai per le scelte sbagliate dell’azienda: il luogo scelto
per il ritrovo era stato Ponzano, quartier generale della famiglia. Poi
era stata la volta del caso di Annalisa Luigetti, imprenditrice
grossetana finita anche in tv per raccontare il suo dolore e annunciare
una class action contro il marchio tessile: “Siamo finiti sul lastrico”.
Per anni aveva gestito uno degli storici punti vendita Benetton in
città, chiuso poi come tanti altri in ogni parte d’Italia. A farne le
spese, come sempre, i più deboli. Quelli che oggi, nel vedere i leader
delle Sardine fotografati sorridenti vicino agli stessi Benetton, sono
tornati a gridare sui social tutta la propria rabbia.
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venerdì 7 febbraio 2020
Quelli bravi. La marcia delle United Victims of Benetton, “costretti a chiudere i negozi per le scelte sbagliate dell’azienda”.
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