Ma povero Toscani, che terribile rivelazione deve essere stata per
lui che i padroni per i quali tanto si è prodigato con il suo talento,
con il suo spiritaccio provocatorio, con le grande celebrazioni
dell’ipocrisia united colors, immortalando i sorrisi dei ragazzini
multicolori e multietnici dietro ai quali si celavano il sudore e le
lacrime degli sfruttati in geografie remote e immediatamente dimenticate
anche dopo le stragi coloniali, ecco, proprio loro che hanno finanziato
la sua impresa “culturale”, come sponsor e testimonial, mentre
speculavano indecentemente nella città più colta, ammirata e vulnerabile
del mondo, si sono mostrati per quel che sono, cinici, sfrontati,
feroci.
Anna Lombroso ilsimplicissimus2.com
E infatti con un comunicato ufficiale più scarno di un tweet,
Benetton Group, con il suo Presidente Luciano Benetton, ha comunicato
di volersi dissociare “nel modo più assoluto dalle affermazioni di Oliviero Toscani (che durante una trasmissione aveva dichiarato «Ma a chi interessa che caschi un ponte?». N.d.R.) a proposito del crollo del Ponte Morandi, prendendo atto dell’impossibilità di continuare il rapporto di collaborazione con il direttore creativo».
L’augusto licenziato sia pur con giusta causa, ha replicato in tempo
reale da sbruffone qual è: «Sono finalmente libero dai loro problemi»,
dimostrando simbolicamente che se i servi non possono fidarsi dei
padroni, loro, altrettanto, è meglio che non diano fiducia alla
devozione di Arlecchino, anche quando è pagato profumatamente, che si sa
che pecunia non olet, e soprattutto se è stato messo a parte di
sregolatezze, trasgressioni, reati e crimini.
Per dir la verità che
quella fosse una famigliola con un certo istinto criminale era noto a
tutti, salvo forse ai governi nazionali e locali che si sono succeduti.
Perché storia, cronaca e statistiche insegnano che una dinastia
imprenditoriale, o forse è meglio chiamarla famiglia come si usa in
altri contesti, impegnata con poliedrica duttilità in ogni settore
economico, consolidando relazioni non sempre trasparenti con la politica
e la pubblica amministrazione, comprando e rivendendo con spregiudicato
dinamismo, scegliendo piazze commerciali e produttive dove è
autorizzato e perfino lecito non osservare leggi sul lavoro, fiscali e
ambientali, non è mai al di sopra di ogni sospetto.
E infatti l’impero di Ponzano per usare una terminologia appropriata
non agisce solo nel settore tessile e dei filati: attraverso la
società Edizione Holding, che rappresenta la cassaforte finanziaria
della famiglia, si è infiltrato in numerosi e diversificati settori,
che spaziano dalla ristorazione (Autogrill, dove in questi giorni in
coincidenza con Toscani hanno licenziato i dipendenti che non avevano
voluto i turni nei giorni di Natale), nelle infrastrutture
(Eurostazioni) e nei trasporti (Atlantia, che gestisce 3mila km
autostradali italiani (quasi la metà del totale). Edizioni continua
malgrado gli incidenti di percorso rende ben grazie a società e
affiliate e partecipazioni: Autostrade per l’Italia e Aeroporti di Roma,
assicurazioni e banche (Generali, Mediobanca, Banca Leonardo), oltre a
una quota in Pirelli. Ma non basta.
A questi si aggiungono gli investimenti nel settore agricolo e in
quello immobiliare. La famiglia detiene il 100% dell’azienda agricola
Maccarese (Roma) e di Compania de Tierras Sudargentinas, in Patagonia.
Non manca il comparto editoriale: se hanno ceduto la partecipazione
diretta del 51% in Rcs, mantengono però quella indiretta tramite
Mediobanca e monopolizzano la pubblicità anche grazie ai servizi non
disinteressati del loro ex creativo con un budget che, si dice, si
aggirerebbe intorno ai 60 milioni annui, 25 dei quali impegnati nello
smunto mercato dell’editoria italiana.
Si chiama invece Edizione Property la holding nel settore del
mattone, con un patrimonio immobiliare che vale intorno a 1,4 miliardi
di euro. C’erano i Benetton dietro il tentativo di oltraggiare Capo
Malfitano in Sardegna con 190mila metri cubi di costruzioni suddivisi
in quattro complessi alberghieri, quattro residence, due agglomerati di
residence stagionali privati e relativi servizi, ma è Venezia il
laboratorio del loro talento alla speculazione più sfacciata, fin da
quando avevano messo gli occhi sulle nuove opportunità offerte dalla
Serenissima partecipando alla cordata che voleva conquistare Venezia,
con una Expo per fortuna evitata in extremis.
Ma si sono rifatti anche grazie ai buoni uffici del sindaco Cacciari,
quando Edizioni srl acquista l’adiacente hotel Monaco & Gran Canal
con il proposito di occupare militarmente tutto l’isolato per farne un
“distretto alberghiero e commerciale del lusso”, poi l’isola di San
Clemente acquistata nel 1999 dall’Ulss (era sede di un ospedale
psichiatrico) per 25 miliardi, e convertita in albergo per essere
rivenduta a una proprietà straniera proprio il giorno
dell’inaugurazione. Per non parlare del Fontego dei Tedeschi, edificio
cinquecentesco ai piedi di Rialto, da decenni sede della Poste, viene
acquisito nel 2008 per 53 miliardi con l’intento di farne un “megastore
di forte impatto simbolico che rappresenti una sorta di immagine globale
per il paese” (ne abbiamo scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2017/10/13/terrazza-con-vista-sul-popolo-bue/; e qui: https://ilsimplicissimus2.com/2015/08/07/venezia-presa-per-il-cubo/)
. Ecco fatto: perfino l’archistar assunta per coronare il sogno
distopico di un centro commerciale come allegoria dell’Italia si
ribellerà quando alle pesanti manomissioni che intervengono in corso
d’opera, dall’installazione di scale mobili alla rimozione del tetto per
sostituirlo con terrazza panoramica mozzafiato, si aggiungono altri
misfatti edificatori e anche qualche caduta di bon ton, trattando i
cambi di destinazione d’uso e le pressioni per accelerare le procedure,
con un generoso contributo per la Fenice.
Poi, come da tradizione familiare, compiuto il misfatto i “magliari”
cedono il passo a compratori stranieri per occuparsi dell’“assalto al
treno”, grazie alla loro presenza in quella che hanno rivendicato
essere la più “grande multinazionale dei servizi per la gente in
movimento”, con infrastrutture, ma anche ristorazione, hotel, shopping,
nella location della Stazione di Santa Lucia con un aumento della
superficie dal progetto iniziale da 2500 a 9000 mq, destinati alla
“greppia” internazionale e alle attività commerciali. È così evidente la
loro occupazione militare che il Ponte della Costituzione anche quello
frutto della improvvida gestione Cacciari, secondo la guida di Lonely
Planet, viene abitualmente definito Benetton Bridge, in omaggio al
gruppo che ne ha in parte finanziato la costruzione.
Ma anche il Toscani, benedetto uomo, ma cosa si aspettava, che
calasse un silenzio pudico sulle sue incaute affermazioni alla pari di
quello steso sulla festosa grigliata di Ferragosto a Cortina,
patronessa la zarina Giuliana, subito dopo il crollo? Ma cosa si
aspettava se c’è da sospettare che sia stato lui a suggerire la lunga e
accorata paginata su Repubblica (ne ho scritto qui: https://ilsimplicissimus2.com/2019/12/02/benetton-la-posta-del-cuore-nero/)
nel quale i suoi datori di lavoro rivendicavano l’estraneità di tutti i
membri del clan nella gestione di Autostrade e dunque del delitto di
Genova?
A volte anche ai Pr, agli architetti e fotografi di regime, ai
ritrattisti dei re, ai kapò e gauleiter, ai supporter ingenui e non,
succede di scoprire l’anima nera di quelli che li hanno accolti alla
loro mensa, riso delle loro battute da giullari, beneficato di regali e
onorificenze. E di accorgersi che sono come tutti i faraoni, satrapi,
tiranni e padroni delle ferriere come quello che a Grezzago, nel
milanese, all’interno dell’azienda Maschio SN ha accolto l’operaio
infortunatosi nel luogo di lavoro al suo ritorno dopo due mesi di
malattia, aggredendolo e trattandolo da “parassita” per poi licenziarlo.
E siccome non siamo in Germania dove i due manager condannati della
Thyssenkrupp andranno in carcere, qui dirigenti bancari colpevoli
vengono assolti per legge, i proprietari criminali dell’Ilva godono di
immunità, impunità e prescrizione, il clan delle autostrade rivendica il
diritto a continuare a delinquere. E la giustizia è ingiusta.
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