infosannio.wordpress.com (Fiorenza Sarzanini – Corriere della Sera)
C’è chi è stato trasferito e ha continuato a tenere la casa in vista di un possibile rientro, chi è andato in pensione e non l’ha lasciata.
Sono i militari che nonostante non abbiano alcun titolo continuano a mantenere l’ alloggio di servizio.
Case sparse in tutta Italia – la maggior parte in zone di pregio – che la Difesa non riesce a liberare.
E questo nonostante altri appartenenti alle forze armate ne abbiano diritto.
La maggior parte utilizza lo stesso escamotage dell’
ex ministra Elisabetta Trenta che aveva trasferito il contratto al
marito, altri sfruttano i ritardi nei controlli.
Su un totale di 16.500
immobili, sono circa 3.600 quelli finiti al centro dell’ inchiesta della
Procura di Roma.
L’ indagine nata dopo una relazione dello Stato
Maggiore, si concentra sia sugli abusi e sui falsi compiuti dagli
occupanti, sia sulle omissioni di chi avrebbe dovuto vigilare sulla
regolarità delle procedure.
Erano stati i sottosegretari del governo gialloverde
Angelo Tofalo (M5S) e Raffaele Volpi (Lega) a gestire il dossier diviso
per Regione con la mappa degli alloggi: un vero e proprio censimento
dello Stato Maggiore che fa emergere gravi abusi.
Bisogna infatti tenere
conto che queste migliaia di persone risiedono in abitazioni senza
avere i requisiti e godendo anche di privilegi relativi ai costi.
I
canoni di affitto sono inferiori a quelli di mercato e anche numerose
spese non vengono conteggiate.
Quello dell’ ex ministra Trenta era certamente un
caso eclatante visto che per un appartamento di oltre 180 metri quadri
con posto auto nel centro di Roma versava una quota pari a 141,76 euro
mensili e un contributo di 173,19 euro per l’ utilizzo del mobilio:
totale 314,95 euro.
La quota per gli altri non è così bassa, ma
certamente sotto la media delle case «private» che si trovano nelle
stesse zone.
Molti occupanti «abusivi» sono militari che si sono
congedati oppure sono andati in pensione.
Le norme dicono che dovrebbero
subito traslocare e invece rimangono indisturbati.
Moltissimi sono
anche i figli dei soldati deceduti o le vedove. Alcuni di loro – questo
emerge dai primi accertamenti – non avrebbero effettuato la
comunicazione agli uffici competenti nascondendosi dietro la
giustificazione di aver creduto che toccasse all’ amministrazione
effettuarla.
E da anni sono affittuari senza che sia vivo il
titolare del contratto.
Ci sono poi i dipendenti civili, spesso
trasferiti in altri ministeri o addirittura non più al servizio dello
Stato che hanno sfruttato le carenze dei controlli.
Le verifiche
effettuate nei mesi scorsi avrebbero fatto però emergere anche
attestazioni false – comprese quelle riguardanti le cosiddette «fasce
protette» – e proprio per questo si è deciso di trasmettere gli atti
alla magistratura.
Quattro anni fa era stata la Corte dei Conti a
lanciare l’ allarme sulle «occupazioni sine titulo», ma anche su quelle –
oltre 5.000 – che sono state di fatto abbandonate perché non ci sono i
soldi per la manutenzione.
E aveva denunciato «la gravità della
situazione, che necessità di interventi chiari, precisi e puntuali e che
vede oltre la metà degli alloggi esistenti indisponibili per il loro
naturale impiego, perché occupati “sine titulo” o perché in attesa di
lavori di ripristino».
Appartamenti che dovrebbero essere assegnati ai
soldati inviati fuori sede che invece rimangono senza alloggio proprio
per gli abusi degli altri.
E così si deve adesso quantificare il danno
erariale provocato sia dai militari assegnatari, sia dai responsabili
degli uffici che non hanno effettuato i necessari controlli.
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