Oggi siamo alla rubrica “strano, ma vero”. L’Italietta, quella del debito pubblico insostenibile e delle riforme strutturali da fare per “essere competitivi”, ha superato come tasso di crescita dell’export la Cina.
Poco fa sono usciti i dati: si stimava un surplus di 2,2 miliardi, il dato reale è 5.3 miliardi; mentre
quello dell’Ue, stranamente – visto che abbiamo a che fare con i
campioni del mercantilismo, Olanda e Germania – che passa da 0.9
miliardi a 2.2 miliardi.
Nei primi 5 mesi il surplus passa da 13,3 miliardi del 2018 ai 16.4 miliardi del 2019. Il surplus, al netto dell’energia passa da 29 a 33 miliardi.
Ebbene, data la vulgata per cui
“non si è competitivi”, la settimana scorsa è uscito un dato
dell’Unctad: l’Italia è il quinto paese al mondo per surplus
commerciale, con 107 miliardi di dollari.
A
quanto pare quest’anno andrà ancora meglio con riflessi sulla bilancia
dei pagamenti (il dato di maggio uscirà domani sul sito di Bankitalia),
sulla posizione finanziaria estera netta, quasi in pareggio, come
abbiamo rilevato qualche giorno fa e con un surplus dei redditi primari e
della bilancia turistica ancora in aumento.
Morale: viviamo molto al di sotto delle nostre possibilità.
Per
citare qualche dato: a maggio il settore farmaceutico ha avuto +49% di
export. Mancano farmaci in tutto il mondo, specie in Usa e Europa, e in
più i prezzi italiani, a parità di prestazione, sono inferiori del 25%.
Ne beneficia il Lazio, hub nazionale della farmaceutica, che nei primi
mesi del 2019 ha avuto un boom dell’export del 15%, ma anche Toscana e
Campania, dove vi sono siti produttivi di livello europeo.
E poi: boom di tessile e pelletteria (al servizio dei possidenti mondiali), dei macchinari (dove le performance da diversi anni superano quelli tedeschi), e agroalimentare.
La favola che “non siamo competitivi” serve solo a continuare a tener bassi i salari e precarizzare ancor di più il mercato del lavoro.
Di queste performance non ne parlano i media mainstream, altrimenti vedresti i forconi nelle strade.
Siamo diventati la Germania dell’Ovest del sud Europa, senza però avere il suo welfare.
Un giorno dovremmo presentare il conto.
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