Un contributo di The Industrialist per Genova City Strike
Contropiano,
ospitando il punto di vista del compagno Morvillo circa Potere al
Popolo, ha provato a dare il via alla possibilità di costruire un
dibattito intellettualmente proficuo e politicamente costruttivo circa
la lista popolare in gestazione, lanciata dai compagni napoletani
dell’ex OPG Je So Pazzo.
Vincenzo,
prendendo il via da uno tra i primi articoli su stampa straniera che ha
descritto oltreconfine ciò che si sta strutturando nel nostro paese al
fine di consentire ai ceti popolari di ritrovare e soprattutto
riconoscersi in una nuova piattaforma di rappresentanza politica,
rigetta senza troppi giri di parole l’associazione matematica che,
secondo la giornalista dell’Indipendent, vorrebbe Potere al Popolo come
equivalente a Momentum di Corbyn, Podemos di Iglesias e La France
Insoumise di Melenchon.
Il
cardine dell’esposizione di Vincenzo, se non abbiamo frainteso le sue
parole, è relativo al fatto che le tre formazioni citate sono
essenzialmente e con sfumature diverse delle riedizioni delle forze
socialdemocratiche che nel secondo dopoguerra hanno domato e diretto le
forze proletarie, segnatamente
operaie, nel corso di quei “30 anni gloriosi” del capitalismo
occidentale profondamente caratterizzati dalle politiche keynesiane, in
altre parole una sorta di capitalismo di Stato.
Pur
concordando con l’assunto di base – la differenza tra Potere al Popolo e
le altre compagini – fatichiamo maggiormente a identificare l’effettiva
linea rossa in quello che potremmo definire un mero anti-liberismo che
caratterizzerebbe le tre formazioni citate, contrapposto a un più
robusto e strategico
anti-capitalismo che dovrebbe innervare con maggior vigore la lista
popolare che si vorrebbe portare alla competizione elettorale del
prossimo 4 marzo.
Capiamoci,
noi non ci consideriamo comunisti “sbiaditi”, quindi secondo chi scrive
l’orizzonte delle cose – non “naturale” come credevano i socialisti che
traghettarono le masse europee nel fango e nei massacri delle trincee
un secolo fa – è necessariamente quello del superamento del modo di
produzione capitalista. Tuttavia siamo consci del fatto e pensiamo se ne
possa convenire, che il passaggio dal capitalismo finanziario
internazionalizzato odierno a un modo di produzione socialista, sia più
arduo da realizzare a “strappo” piuttosto che attraverso una gradualità
di passaggi che possono attingere anche dalle esperienze keynesiane di
un passato, ormai, sempre meno recente.
I
motivi sono presto detti e stanno tutti nelle condizioni sociali che
sono radicalmente differenti da quelle realtà storiche in cui in cui gli
strappi sono stati tentati e, seguendo percorsi diversi, non sono morti
in culla.
Per
essere più chiari in Italia e in tutto l’Occidente, non crediamo
esistano le condizioni economiche e sociali che resero fattibili le
collettivizzazioni e l’industrializzazione forzata di Stalin, o
l’implementazione del “socialismo con caratteristiche cinesi” di Deng
Xiaoping, giusto per citare un paio di stravolgimenti copernicani che
sconvolsero – in modi certamente differenti – le esistenze di milioni di
sovietici e cinesi.
Dal
basso della nostra parziale conoscenza delle due forze politiche,
pensiamo che le considerazioni appena enunciate possano essere allargate
anche a Momentum e La France Insoumise che pur non declamando nei
rispettivi programmi la rottura irrevocabile con l’attuale assetto
economico, presentano comunque degli aspetti di discontinuità notevole
rispetto alle sinistre liberali degli ultimi decenni.
Un
Corbyn che, nella patria della privatizzazione, reclama le
nazionalizzazioni strategiche, non si genuflette davanti ai sionisti e
rivendica l’avversione alla deterrenza nucleare britannica nonostante lo
stato maggiore di sua maestà evochi il golpe militare nel caso in cui
qualcuno provi a mettere le mani sui Trident della corona, non è affatto
cosa da poco.
Egualmente,
non è cosa da poco trovare in Melenchon un dirigente della sinistra
francese in rotta col socialismo imperiale che da sempre caratterizza
ogni genere di progressista transalpino per cui le masse oltreconfine,
segnatamente quelle in terra d’Africa, sono considerate di second’ordine
quando non alla stregua di materia prima. Ma soprattutto è dirompente
che una forza di sinistra come France Insoumise rivendichi apertamente
la necessità di rompere la UE e costruire un’unione euro-mediterranea
nuova, basata su principi antitetici a quelli sostenuti col coltello tra
i denti dai burocrati di Bruxelles e Francoforte.
Su
questo argomento, è vero, Podemos e Momentum manifestano decisamente
più ambiguità, probabilmente irrecuperabili nel caso degli spagnoli – la
vicenda catalana pensiamo lo abbia manifestato in modo piuttosto chiaro
– forse più incerte per Corbyn, verso cui crediamo possa spendersi
ancora una sorta di “benefico del dubbio” determinato dalle specificità
del rapporto britannico con l’UE e delle contraddizioni in seno al
Labour, che ai tempi del referendum sulla Brexit viveva uno dei picchi
della guerra per bande tra gruppi dirigenti innescata dalla prima
vittoria di Corbyn alla primarie del partito.
Date
tutte queste considerazioni crediamo comunque che su una questione
specifica, per altro sollevata anche da Vincenzo, i compagni più
scettici e diffidenti possano trovare convergenza con quanti, in queste
settimane, si stanno impegnando nella strutturazione di Potere al
Popolo: passare dalle parole, dagli slogan elettorali, ai fatti.
Per
raggiungere questo obiettivo è necessaria la militanza dei compagni
abituati a stare nelle contraddizioni materiali prodotte dal mondo in
cui ci è toccato vivere, ma anche di tutti quei compagni più avvezzi, o
maggiormente portati, alla militanza intellettuale.
Potere
al Popolo va indirizzata a un radicalismo nella prassi e nella teoria
che sia oggettivo e non strumentale ma per farlo è necessario starci
dentro a prescindere che sia con le braccia o con la penna. Osservare lo
sviluppo della lista dall’esterno, pur con tutta la simpatia del mondo,
questa volta non è sufficiente.
Per
questo crediamo che il compagno Morvillo vada ringraziato per la sua
critica e ci auguriamo che una parte sempre più ampia d’intellettualità
di sinistra scelga di confrontarsi costruttivamente con Potere al
Popolo; perchè il popolo, per non perdersi nella sola radicalità del
proprio ventre – che possiamo volentieri lasciare al M5S – necessità di
intellettuali rinnovatamente organici alle proprie istanze
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