martedì 2 gennaio 2018

Potere al popolo. Antiliberismo o anticapitalismo?

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Un contributo di The Industrialist per Genova City Strike
Contropiano, ospitando il punto di vista del compagno Morvillo circa Potere al Popolo, ha provato a dare il via alla possibilità di costruire un dibattito intellettualmente proficuo e politicamente costruttivo circa la lista popolare in gestazione, lanciata dai compagni napoletani dell’ex OPG Je So Pazzo.
Vincenzo, prendendo il via da uno tra i primi articoli su stampa straniera che ha descritto oltreconfine ciò che si sta strutturando nel nostro paese al fine di consentire ai ceti popolari di ritrovare e soprattutto riconoscersi in una nuova piattaforma di rappresentanza politica, rigetta senza troppi giri di parole l’associazione matematica che, secondo la giornalista dell’Indipendent, vorrebbe Potere al Popolo come equivalente a Momentum di Corbyn, Podemos di Iglesias e La France Insoumise di Melenchon.
Il cardine dell’esposizione di Vincenzo, se non abbiamo frainteso le sue parole, è relativo al fatto che le tre formazioni citate sono essenzialmente e con sfumature diverse delle riedizioni delle forze socialdemocratiche che nel secondo dopoguerra hanno domato e diretto le forze proletarie, segnatamente operaie, nel corso di quei “30 anni gloriosi” del capitalismo occidentale profondamente caratterizzati dalle politiche keynesiane, in altre parole una sorta di capitalismo di Stato.

Pur concordando con l’assunto di base – la differenza tra Potere al Popolo e le altre compagini – fatichiamo maggiormente a identificare l’effettiva linea rossa in quello che potremmo definire un mero anti-liberismo che caratterizzerebbe le tre formazioni citate, contrapposto a un più robusto e strategico anti-capitalismo che dovrebbe innervare con maggior vigore la lista popolare che si vorrebbe portare alla competizione elettorale del prossimo 4 marzo.
Capiamoci, noi non ci consideriamo comunisti “sbiaditi”, quindi secondo chi scrive l’orizzonte delle cose – non “naturale” come credevano i socialisti che traghettarono le masse europee nel fango e nei massacri delle trincee un secolo fa – è necessariamente quello del superamento del modo di produzione capitalista. Tuttavia siamo consci del fatto e pensiamo se ne possa convenire, che il passaggio dal capitalismo finanziario internazionalizzato odierno a un modo di produzione socialista, sia più arduo da realizzare a “strappo” piuttosto che attraverso una gradualità di passaggi che possono attingere anche dalle esperienze keynesiane di un passato, ormai, sempre meno recente.
I motivi sono presto detti e stanno tutti nelle condizioni sociali che sono radicalmente differenti da quelle realtà storiche in cui in cui gli strappi sono stati tentati e, seguendo percorsi diversi, non sono morti in culla.
Per essere più chiari in Italia e in tutto l’Occidente, non crediamo esistano le condizioni economiche e sociali che resero fattibili le collettivizzazioni e l’industrializzazione forzata di Stalin, o l’implementazione del “socialismo con caratteristiche cinesi” di Deng Xiaoping, giusto per citare un paio di stravolgimenti copernicani che sconvolsero – in modi certamente differenti – le esistenze di milioni di sovietici e cinesi.
Dal basso della nostra parziale conoscenza delle due forze politiche, pensiamo che le considerazioni appena enunciate possano essere allargate anche a Momentum e La France Insoumise che pur non declamando nei rispettivi programmi la rottura irrevocabile con l’attuale assetto economico, presentano comunque degli aspetti di discontinuità notevole rispetto alle sinistre liberali degli ultimi decenni.
Un Corbyn che, nella patria della privatizzazione, reclama le nazionalizzazioni strategiche, non si genuflette davanti ai sionisti e rivendica l’avversione alla deterrenza nucleare britannica nonostante lo stato maggiore di sua maestà evochi il golpe militare nel caso in cui qualcuno provi a mettere le mani sui Trident della corona, non è affatto cosa da poco.
Egualmente, non è cosa da poco trovare in Melenchon un dirigente della sinistra francese in rotta col socialismo imperiale che da sempre caratterizza ogni genere di progressista transalpino per cui le masse oltreconfine, segnatamente quelle in terra d’Africa, sono considerate di second’ordine quando non alla stregua di materia prima. Ma soprattutto è dirompente che una forza di sinistra come France Insoumise rivendichi apertamente la necessità di rompere la UE e costruire un’unione euro-mediterranea nuova, basata su principi antitetici a quelli sostenuti col coltello tra i denti dai burocrati di Bruxelles e Francoforte.
Su questo argomento, è vero, Podemos e Momentum manifestano decisamente più ambiguità, probabilmente irrecuperabili nel caso degli spagnoli – la vicenda catalana pensiamo lo abbia manifestato in modo piuttosto chiaro – forse più incerte per Corbyn, verso cui crediamo possa spendersi ancora una sorta di “benefico del dubbio” determinato dalle specificità del rapporto britannico con l’UE e delle contraddizioni in seno al Labour, che ai tempi del referendum sulla Brexit viveva uno dei picchi della guerra per bande tra gruppi dirigenti innescata dalla prima vittoria di Corbyn alla primarie del partito.
Date tutte queste considerazioni crediamo comunque che su una questione specifica, per altro sollevata anche da Vincenzo, i compagni più scettici e diffidenti possano trovare convergenza con quanti, in queste settimane, si stanno impegnando nella strutturazione di Potere al Popolo: passare dalle parole, dagli slogan elettorali, ai fatti.
Per raggiungere questo obiettivo è necessaria la militanza dei compagni abituati a stare nelle contraddizioni materiali prodotte dal mondo in cui ci è toccato vivere, ma anche di tutti quei compagni più avvezzi, o maggiormente portati, alla militanza intellettuale.
Potere al Popolo va indirizzata a un radicalismo nella prassi e nella teoria che sia oggettivo e non strumentale ma per farlo è necessario starci dentro a prescindere che sia con le braccia o con la penna. Osservare lo sviluppo della lista dall’esterno, pur con tutta la simpatia del mondo, questa volta non è sufficiente.
Per questo crediamo che il compagno Morvillo vada ringraziato per la sua critica e ci auguriamo che una parte sempre più ampia d’intellettualità di sinistra scelga di confrontarsi costruttivamente con Potere al Popolo; perchè il popolo, per non perdersi nella sola radicalità del proprio ventre – che possiamo volentieri lasciare al M5S – necessità di intellettuali rinnovatamente organici alle proprie istanze
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