È il caso di dirlo: è stata sicuramente una occasione persa. L’indagine
doveva essere l’occasione giusta per ascoltare e recepire le
indicazioni di soggetti che hanno come ambito di competenza l’acqua (gestori idrici, enti di bacino, tecnici ecc.).
Questi contributi, seri e
circonstanziati, dovevano essere recepiti dalla Commissione Ambiente in
maniera molto più approfondita. Questi apporti dovevano aiutare a capire
ed evidenziare tutte le responsabilità che hanno portato alla crisi
idrica che ci ha malauguratamente accompagnati per tutto il 2017,
riducendo il paese in uno stato di perenne emergenza idrica. Purtroppo,
non è stato così.
La Relazione porta come unico esempio la
situazione del Lago di Bracciano e del Lazio quando in Italia ci sono
stati miliardi di danni all’agricoltura e 12 regioni hanno chiesto lo stato di emergenza a causa della crisi idrica di questa estate.
Quella che doveva essere
un’indagine a carattere nazionale è diventata un’indagine ad hoc sul
Lago di Bracciano. Perché? Perché si doveva attaccare in tutti i modi la
sindaca di Roma.
Rispetto al ruolo dell’AEEGSI.
Nell’ultima legge di Bilancio l’AEEGSI (l’autorità per l’energia
elettrica, il gas e i servizi idrici) è stata trasformata in ARERA
(Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente). Sebbene l’ente
sia citato più volte all’interno della relazione, continuiamo a
mantenere tutte le nostre perplessità sul suo ruolo visto che l’unico
ente terzo che si dovrebbe occupare di acqua, secondo noi, è un serio Ministero della sostenibilità ambientale.
Inoltre, a differenza di quanto riportato nella relazione, l’AEEGSI ci è
venuto a raccontare che gli strumenti tariffari per sanzionare i
gestori che non attemperano al proprio dovere (rispettare gli standard,
fare manutenzione agli impianti ecc.) ancora non ci sono.
Pensate, gli incentivi per ora inseriti
in tariffa premiano tutti altri tipi investimenti, che poco hanno a che
fare con la qualità e l’efficienza delle infrastrutture idriche.
Inoltre, proprio in tema di
infrastrutture idriche e gestione della crisi idrica, si sarebbe dovuto
battere molto di più su quanto andava fatto in termini di innovazione
tecnologica, sia rispetto alla ricerca delle perdite che sugli
interventi necessari e urgenti da realizzare. E non saranno purtroppo
quei miseri 50 milioni all’anno del piano straordinario invasi
che sono stati inseriti nel Legge di Bilancio a risolvere la
situazione. Siamo ben lontani dai 5 miliardi necessari a rimettere in
sesto la rete idrica.
Rispetto allo strumento e
all’opportunità aperta dagli Osservatori per gli Usi Idrici (dei quali
nonostante gli impegni parlamentari ho cercato in questi mesi di seguire
gli sviluppi) almeno per quanto riguarda quello attivato nel Distretto
dell’Appennino Centrale, sparare così a zero come riporta la relazione,
sugli Osservatori istituiti dal Ministero dell’Ambiente risulta essere
una mossa inutile e fuori luogo. In un momento in cui le Autorità di
Distretto non erano ancora entrate in piena funzionalità e durante la
situazione di crisi idrica generalizzata che si è verificata questa
estate, dal Nord al Sud del paese, gli Osservatori sono stati l’unico
strumento di coordinamento tra tutte le istituzioni preposte,
sicuramente troppe, che hanno responsabilità in tema di acqua.
Va sottolineato inoltre un altro
passaggio: “considerato che attualmente l’Autorità (AEEGSI ora ARERA)
regola solo gli usi civili, sarebbe necessario rendere omogeneo il ruolo
dell’Autorità anche nella verifica degli usi industriali e agricoli
della risorsa idrica, che sono ancora gestiti in modo differenziato.”
Su questo punto noi siamo assolutamente
contrari ad estendere al potere regolatorio dell’AEEGSI anche gli usi
industriali e agricoli, soprattutto se l’obiettivo è quello di garantire
un miglior accumulo della risorsa e favorire la gestione dei bacini
idroelettrici.
È evidente che la difficoltà vissuta in
questi mesi non sta nella mancanza di invasi, ma nel mal funzionamento
di quelli già esistenti, nella scarsità delle piogge, nelle perdite di
rete, nei sistemi di depurazione assenti che scaricano in mare o in
terra senza che l’acqua possa essere riutilizzata. In Italia mancano i
fondi per rimettere in sesto le infrastrutture già esistenti, verificare
la necessità di strutture di captazione o interconnessione, studiare
l’applicazione di strumenti di irrigazione anche tecnologicamente
avanzati. Insomma, non serve dare altri ruoli all’AEEGSI, servono
investimenti urgenti. È impensabile che gli italiani debbano pagare in
tariffa il costo di tutta questa operazione. A che serve lo Stato se non
riesce a garantire un diritto come quello di rifornire di acqua i sui
cittadini?
L’esempio è inserito nella relazione in
questione dove manca completamente un riferimento al riutilizzo
dell’acqua. Il concetto è semplice: non possiamo più permetterci di
sprecare acqua. La Commissione Ambiente aveva il dovere il cogliere
questa istanza e di prendere impegni chiari e decisi su come affrontare
un problema che si riproporrà nel tempo. Mancano pochi mesi ad una nuova
estate, ad una nuova crisi idrica (quella 2017 non è mai terminata) e
manca ancora una volta una programmazione coordinata e monitorata dal
Ministero sulla gestione dell’acqua in questo Paese.
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