Perché accettiamo queste
condizioni? Il più grande problema di uno straniero è rinnovare il
permesso di soggiorno e per farlo abbiamo bisogno di un contratto. È un
ricatto
Ogni mattina, all’alba, chi protesta fuori dall’azienda vede gli ex
colleghi varcare i cancelli dello stabilimento per andare al lavoro. Tra
loro ci sono anche i 52 che non hanno scioperato, riassunti per 6 mesi
tramite una società interinale, grazie a un accordo sottoscritto dalla Fai-Cisl
e sotto accusa dalla Cgil: “Per la prima volta in Italia l’esercizio
del diritto di sciopero è diventato elemento formale di discriminazione
dei lavoratori in un accordo sindacale”. Ma se la Cisl difende le
modalità con cui ha portato avanti al vertenza, in un audio registrato di nascosto nel 2016 durante un’assemblea con i lavoratori si sente il proprietario della Castelfrigo, Roberto Ciriesi,
dire chiaramente agli operai delle coop di “scegliere il sindacato
giusto”. Ma non solo: nello stesso video Ciriesi se la prende con chi ha
iniziato a protestare (i primi scioperi sono dell’inizio del 2016 e
hanno portato all’applicazione del Contratto nazionale dell’industria
Alimentare), reo a suo parere di aver attirato i controlli
dell’ispettorato del lavoro e della Finanza. Il Fatto.it ha contattato
la Castelfrigo per avere un commento, ma l’azienda “in questo momento ha
deciso di non rilasciare alcuna dichiarazione”.
Per la prima volta in Italia
l’esercizio del diritto di sciopero è diventato elemento formale di
discriminazione dei lavoratori in un accordo sindacale
Le storie si replicano, quasi sempre con lo stesso copione, se ci si
sposta nelle altre aziende delle carni del modenese. Un settore che vale
3 miliardi di euro, con 170 imprese,
molte delle quali si avvalgono di cooperative per tagliare i costi:
secondo la Cgil dei 5mila occupati del distretto agroalimentare, circa 1500 vivono condizioni di lavoro simili a quelli della Castelfrigo. Numero che cresce se si considera tutta Italia, e raggiunge i 17mila lavoratori.
“Le responsabilità – spiega Franciosi – sono delle imprese che per
abbattere i costi di produzione utilizzano queste forme di lavoro, ma
anche della politica. Sono state cambiate ad hoc alcune leggi, a partire
dalla legge Biagi che ha completamente tolto il reato penale per
l’intermediazione illecita di manodopera. Per arrivare fino al Jobs act, con la depenalizzazione della somministrazione irregolare di manodopera. Una vera manna dal cielo per queste imprese”
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