mercoledì 10 gennaio 2018

Perché a promettere sarà sempre meglio la destra.

wbarberisChe le elezioni siano la fiera delle promesse è una verità vecchia come la democrazia; che poi queste promesse siano raramente mantenute fa anch’esso parte del gioco. Se le promesse fatte in campagna elettorale fossero sempre state mantenute, il nostro debito pubblico sarebbe già schizzato al mille per cento.

micromega MAURO BARBERIS 


L’unica vera novità della democrazia mediatica o digitale, dove fare promesse diviene un requisito dal marketing elettorale, è che a fare promesse si sentono tenuti anche gli insospettabili: coloro che, per la loro storia personale o statura istituzionale dovrebbero essere estranei a questi espedienti, e che finiscono per farlo maldestramente, perché non abituati.
Passi che a promettere l’adeguamento delle pensioni minime a mille euro sia Silvio Berlusconi, che aveva già promesso anche dentiere a metà prezzo e cibo per cani gratis.
Più preoccupante è che dal vertice del centrodestra di ieri ad Arcore esca confermata la proposta della flat tax, l’aliquota unica per ricchi e poveri, che farebbe a pugni con il principio di progressività delle imposte stabilito dall’art. 53 della Costituzione.
Passi che a promettere il reddito di cittadinanza sia un movimento anti-establishment, come il M5S: che almeno cerca di attuare un principio costituzionale, quell’art. 38 per il quale «i lavoratori hanno diritto [a] mezzi adeguati alle loro esigenze di vita» anche in caso di «disoccupazione involontaria».
Un po’ meno che un ex presidente del Consiglio, Matteo Renzi, proponga l’abolizione del canone Rai, dopo essere riuscito a recuperarne l’evasione portandolo nella bolletta della luce.

Quel che fa specie, invece, è che alla lista dei promettenti si sia aggiunto ieri, alla conferenza programmatica di Liberi e Uguali, anche Piero Grasso, l’ex presidente del Senato acclamato leader della sinistra. Poteva proporre pani e cànoni Rai, una figura del genere? Ovviamente no.
E infatti ha promesso l’abolizione delle tasse universitarie: misura già improbabile di suo, nello stato miserando in cui versa l’università pubblica, ma anche presentata malissimo.
Buttata lì la proposta, infatti, Grasso avrebbe dovuto fermarsi lì, non foss’altro per vedere l’effetto che faceva.
Invece no, ha voluto giustificarla dinanzi al suo uditorio di sinistra, sostenendo che così – ma già semplifico molto – l’istruzione dei poveri finiranno per pagarla i ricchi.
Che sarebbe stato un po’ come se il centrodestra riunito ad Arcore, o Trump con i suoi tweet, avessero detto che la riduzione delle tasse la pagheranno soprattutto i poveri, per non parlare delle classi medie.
Capito perché, su questo terreno, vincerà sempre la destra? Anche per fare promesse, dopotutto, bisogna esserci portati.
Mauro Barberis
(08 gennaio 2018)

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