Stamattina centinaia di agenti della Guardia Civil, hanno fatto irruzione negli uffici di molti dipartimenti della Generalitat e in quelle di due imprese private sequestrando materiale considerato illegale in quanto collegato al referendum del 1 ottobre.
La ‘Benemerita’ ha operato finora 12 arresti, per la maggior parte di funzionari e dirigenti dell’amministrazione regionale catalana, tra i quali ci sono anche due stretti collaboratori del numero due della Generalitat, Oriol Junqueras, esponente di Esquerra Republicana. Si tratta di Josep Maria Jové e di Lluís Salvadó, entrambi responsabili del Dipartimento Economia e Finanze, accusato dalla magistratura e dal governo spagnolo di stornare illegalmente fondi pubblici per coprire le spese di organizzazione della consultazione popolare che dovrebbe sancire la fondazione di una Repubblica Catalana indipendente. Le perquisizioni e gli arresti sono avvenute all’interno delle sedi del dipartimenti Economia e Finanze, Esteri, Lavoro e Affari Sociali, e all’interno di enti dipendenti dalla nuova Agenzia Tributaria della Catalogna, organismo creato dal governo catalano nei mesi scorsi proprio in previsione di un processo di disconnessione e disobbedienza nei confronti delle istituzioni centrali spagnole. Tra gli arrestati figurano anche alcuni dei responsabili del governo catalano per il voto elettronico e per le telecomunicazioni. Da mesi il giudice Juan Antonio Ramírez Suñer guida una speciale tasque force che in segreto stava preparando un’operazione repressiva su vasta scala volta a impedire l’organizzazione del referendum dichiarato illegale dal Tribunale Costituzionale all’inizio di settembre.
Sempre stamattina, la Guardia Civil ha effettuato un altro blitz, stavolta a bordo di una nave, arrestando altre due persone e sequestrando schede elettorali e materiale informativo sulla consultazione del 1 ottobre. Nei giorni scorsi la polizia di Madrid aveva sequestrato circa un milione e mezzo di cartelli, manifesti e volantini in varie parti della Catalogna.
Il presidente del Partito Popolare in Catalogna, Xavier García Albiol, si è immediatamente congratulato con le forze di sicurezza. Su twitter l’esponente della destra nazionalista spagnola ha scritto, dicendosi orgoglioso dello ‘stato di diritto’ e del premier Mariano Rajoy: “Qualcuno credeva che separare la Catalogna dal resto della Spagna non avrebbe comportato conseguenze”.
A pochi minuti dall’inizio delle perquisizioni decine e poi centinaia di manifestanti, convocati dal tam tam telefonico e sui social, hanno cominciato a protestare davanti alle sedi del governo catalano occupate dagli agenti della Guardia Civil. I manifestanti gridano slogan, cantano ‘El Segadors’ (l’inno catalano) ed espongono garofani rossi. Alle proteste organizzate dalle associazioni culturali Omnium Cultural e Associazione Nazionale Catalana, oltre ai militanti dei partiti indipendentisti – PDeCat, ERC e Cup – stanno partecipando anche i lavoratori del sindacato Comisiones Obreras, la cui sede si trova a pochi passi da uno dei ministeri presi di mira dalla Polizia.
A Catalunya Radio, il vicepresidente del Govern e Conseller dell’Economia, Oriol Junqueras, ha definito l’accaduto una “dimostrazione dello stato di polizia”. “Entrano all’interno della sede del Govern come se fosse un’azienda qualsiasi” ha denunciato l’esponente della Sinistra Repubblicana.
Dopo le perquisizioni e gli arresti, il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, ha convocato una riunione straordinaria del Govern in corso da mezzogiorno. Il suo portavoce Jordi Turull sui social ha chiesto agli indipendentisti di mantenere la calma e ha ribadito che il processo di disconnessione dallo Stato Spagnolo andrà avanti comunque: “Molta calma e serenità di fronte allo stato d’emergenza e di polizia. Il nostro impegno continua e con più ragioni ogni ora che passa”.
La deputata e dirigente della CUP – sinistra radicale indipendentista – Anna Gabriel ha chiesto al governo di garantire comunque la consultazione popolare prevista il 1 ottobre nonostante il ‘colpo di stato’ in corso. “Non ci può essere nessun passo indietro. E’ impensabile che il 1 ottbre non si voti, in caso contrario vorrà dire che il colpo di Stato ha vinto”.
L’esponente di Podemos, il catalano Xavier Domènech, ha affermato che tutte le linee rosse sono ormai state superate passate.
Marco Santopadre
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