mercoledì 20 settembre 2017

Cannabis legale-industriale, crescita del 21,1 per cento nel mondo fino al 2024, occasione che l’Italia deve cogliere al volo.

L’evoluzione in positivo di questa fetta di mercato (link allo studio di previsione economica) è riferita al CAGR, Compounded Average Growth Rate – tasso annuo di crescita composto, che fra sette anni dovrebbe far registrare un valore pari a 63,5 miliardi di dollari per le vendite globali.
Detto in maniera cruda, per l’Italia lasciare via anche una briciola di questa grossa torta sarebbe di troppo.
Un andamento economico costantemente verso l’alto se non in progressione sempre maggiore, ma a cosa sarebbe dovuto?
Gli analisti imputano questa situazione in parte alla crescente legalizzazione e alla decriminalizzazione della cannabis in tutto il Nord America e in Europa.
La lievitazione della domanda di cannabis per uso ricreativo e uso medico è un fattore chiave che guida l’innalzamento delle vendite.


Il tutto subisce però ancora un freno per le legislazioni interne alle varie nazioni, spesso contraddittorie fra norme nazionali e locali come avviene negli Usa o in Italia, almeno per quanto riguarda la cannabis terapeutica e la definizione del tenore di Thc negli alimenti da canapa, nodo ancora non sciolto a Roma, a livello ministeriale e con grave ritardo.
Nella realtà statunitense, le contraddizioni fra norme federali e quelle di singoli stati federati fanno sì che le banche si rifiutino ancora di aprire i conti di controllo e non prestano denaro per le attività che si occupano di cannabis. Diventa complesso, se non impossibile, utilizzare anche i bacini d’acqua federali per irrigare i campi in momenti di siccità.
Nonostante questi problemi, secondo Forbes le risorse di finanziamento del capitale proprio per l’industria della cannabis stanno diventando sempre più disponibili e alcuni istituti di credito sono comunque sempre più interessati al comparto della canapa industriale nella loro ricerca di settori con elevati rendimenti e guadagni.
La situazione è molto fluida e, di contro, la realtà italiana vede un settore ancora estremamente frazionato e non preparato. Molti si avventurano nella canapicoltura senza una minima o sufficiente preparazione-conoscenza della coltura, delle varietà disponibili a seconda dei climi locali e regionali, dei metodi di coltivazione, ancora meno sulla trasformazione.
Un’occasione di crescita come questa merita maggiore attenzione, un investimento superiore e sicuro a livello centrale sulla formazione e sulla diffusione delle informazioni.
Note positive sono le associazioni e le cooperative che stanno realmente sperimentando e sono state capaci di aggregare coltivatori e trasformatori, ma ancora è troppo poco.
Un deficit esemplare a livello normativo e di governo centrale italiano riguarda poi la cannabis terapeutica che, se regolata e ampliata al territorio, consentirebbe la creazione di posti di lavoro e di un imponente sviluppo nel settore canapa. Esiste un freno evidente per  un’assurda paura legata al termine “droga” che, come è evidente, non ha nulla a che vedere con la canapa industriale.
Anche qui si tratta di fare informazione e formazione seria fra i banchi del Parlamento per evitare contraddizioni fuori dalla realtà dando vita a un settore agricolo e industriale foriero di grandi possibilità economiche.

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