L’evoluzione in positivo di questa fetta di mercato (link allo studio di previsione economica) è riferita al CAGR, Compounded Average Growth Rate – tasso annuo di crescita composto, che fra sette anni dovrebbe far registrare un valore pari a 63,5 miliardi di dollari per le vendite globali.
Detto in maniera cruda, per l’Italia lasciare via anche una briciola di questa grossa torta sarebbe di troppo.
Un andamento economico costantemente verso l’alto se non in progressione sempre maggiore, ma a cosa sarebbe dovuto?
Gli analisti imputano questa situazione in parte alla crescente legalizzazione e alla decriminalizzazione della cannabis in tutto il Nord America e in Europa.
La lievitazione della
domanda di cannabis per uso ricreativo e uso medico è un fattore chiave
che guida l’innalzamento delle vendite.
Il tutto subisce però ancora un freno per
le legislazioni interne alle varie nazioni, spesso contraddittorie fra
norme nazionali e locali come avviene negli Usa o in Italia, almeno per
quanto riguarda la cannabis terapeutica e la definizione del tenore di
Thc negli alimenti da canapa, nodo ancora non sciolto a Roma, a livello
ministeriale e con grave ritardo.
Nella realtà statunitense,
le contraddizioni fra norme federali e quelle di singoli stati federati
fanno sì che le banche si rifiutino ancora di aprire i conti di
controllo e non prestano denaro per le attività che si occupano di
cannabis. Diventa complesso, se non impossibile, utilizzare anche i
bacini d’acqua federali per irrigare i campi in momenti di siccità.
Nonostante questi problemi, secondo Forbes
le risorse di finanziamento del capitale proprio per l’industria della
cannabis stanno diventando sempre più disponibili e alcuni istituti di
credito sono comunque sempre più interessati al comparto della canapa
industriale nella loro ricerca di settori con elevati rendimenti e
guadagni.
La situazione è molto fluida e, di contro, la realtà italiana vede un settore ancora estremamente frazionato e non preparato.
Molti si avventurano nella canapicoltura senza una minima o sufficiente
preparazione-conoscenza della coltura, delle varietà disponibili a
seconda dei climi locali e regionali, dei metodi di coltivazione, ancora
meno sulla trasformazione.
Un’occasione di crescita
come questa merita maggiore attenzione, un investimento superiore e
sicuro a livello centrale sulla formazione e sulla diffusione delle
informazioni.
Note positive sono le associazioni e le cooperative che stanno realmente sperimentando e sono state capaci di aggregare coltivatori e trasformatori, ma ancora è troppo poco.
Un deficit esemplare a livello normativo e di governo centrale italiano riguarda
poi la cannabis terapeutica che, se regolata e ampliata al territorio,
consentirebbe la creazione di posti di lavoro e di un imponente sviluppo
nel settore canapa. Esiste un freno evidente per un’assurda paura
legata al termine “droga” che, come è evidente, non ha nulla a che
vedere con la canapa industriale.
Anche qui si tratta di fare
informazione e formazione seria fra i banchi del Parlamento per evitare
contraddizioni fuori dalla realtà dando vita a un settore agricolo e
industriale foriero di grandi possibilità economiche.
Nessun commento:
Posta un commento