contropiano
Nel
settembre di 40 anni fa, in una Bologna militarizzata e con l’intera
gran cassa del sistema informativo che annunciava possibili ed
inenarrabili sfaceli, si tenne il “Convegno contro la Repressione.
Una
tre giorni di dibattiti, di scontri ideologici e culturali ma,
soprattutto, un grande happening che rappresentò, di fatto – nonostante
un gigantesco corteo che nell’ultimo giorno del Convegno sfilò
pacificamente ma fermamente determinato a non subire divieti – il canto
del cigno di quel “movimento del ‘77” che aveva, nei mesi precedenti,
attraversato e segnato le piazze, i comportamenti giovanili e l’intera
società italiana.
Quaranta anni dopo.
Al
di là di anacronistici ed antistorici parallelismi, senza mutuare
alcuna automatica similitudine con quel ciclo di lotte e di scontro
sociale, per molti aspetti non rieditabile, vogliamo però far notare –
specie ai compagni ed agli attivisti più giovani – che
quell’appuntamento di 40 anni fa nacque, anch’esso, da un Appello che fu
stilato contro la feroce repressione che si abbatté nel paese. Un
Appello di intellettuali di diversi paesi europei che protestavano
contro l’operato del governo, della Magistratura e dell’intero sistema
penale italiano.
Quel
Convegno trovo collocazione a Bologna, non solo in omaggio alla memoria
del compagno Francesco Lorusso, assassinato dai carabinieri il
precedente 11 marzo sulle scale dell’ateneo felsineo, ma perché il
capoluogo emiliano era – allora come oggi – un epicentro dei
processi di criminalizzazione delle lotte, una città dove venivano
sperimentate e testate le pesanti modalità di repressione (ricordate i carri armati per il centro della città?)
ed era un territorio governato da un partito (l’allora Partito
Comunista Italiano di Enrico Berlinguer e del suo sindaco bolognese,
Renato Zangheri) che non considerava e/o consentiva nessuna dialettica e
contradditorio con forze e movimenti sociali che ponevano istanze di
lotta, di rivendicazione e di rinnovamento.
Dopo
decenni – in una fase storica completamente diversa – a seguito di un
Appello promosso nel giugno scorso da EUROSTOP, all’indomani del varo
del Decreto Minniti e dopo che negli ultimi mesi una potente ed
articolata spirale repressiva sta avvolgendo la società italiana,
facendo montare un clima antidemocratico, apertamente securitario e
fortemente razzista, la Piattaforma Sociale EUROSTOP ha organizzato per sabato 23 settembre un Assemblea Nazionale
di confronto e di discussione. Una occasione per lanciare,
tutt’insieme, un campanello d’allarme circa l’involuzione autoritaria in
atto e per tentare di porre un deciso stop alla generale azione
repressiva che – nei posti di lavoro, nei territori e nella società – si
sta capillarmente dispiegando ed imponendo.
Occorrerebbe
una intera enciclopedia per riportare la cronaca della escalation
repressiva che, quotidianamente, si consuma nel nostro paese e su cui
andrebbe svolta una più accurata azione di documentazione e di possibile
demistificazione dei contenuti reazionari ed antisociali che contiene.
L’incontro
di Bologna del 23/9 vuole, con più nettezza, evidenziare il nesso,
sempre più evidente e chiaro, tra l’avanzare dei fattori di crisi
economica, l’impossibilità da parte degli istituti della governance
di offrire margini di risposta compatibili e duraturi nel tempo ed il
conseguente ricorso (spesso in forma preventiva) ai multiformi strumenti
dell’armamentario giuridico/repressivo.
Da questo punto di vista abbiamo registrato, anche recentemente, diverse tappe topiche di questo percorso repressivo (dalle
modalità di gestione della piazza romana lo scorso 25 marzo agli
abituali fermi e perquisizioni di bus di lavoratori fino ai filtraggi di
intere manifestazioni) che sono, però, solo gli aspetti più
macroscopici di un pervasivo dispositivo culturale, normativo e
materiale che punta – esplicitamente – a negare la libertà di lotta, di
movimento e di organizzazione.
Tale
nuova strategia di normalizzazione autoritaria e di ulteriore
disciplinamento sociale utilizza, a piene mani, tutte le stereotipate
categorie e i variegati luoghi comuni afferenti la “strategia della
paura” per affermare il concetto ed il dato materiale dell’ordine
capitalistico e della totale passivizzazione sociale.
Tutta
le chiacchiere, l’interessata propaganda e le autentiche bufale
mediatiche sul “decoro urbano” sono scientemente pianificate ed
alimentate sapientemente per accelerare i processi di gentrificazione
delle aree metropolitane, per azzerare ogni forma di conflitto e per
attizzare gli aberranti fenomeni di competizione (al ribasso!) tra i
diversi settori popolari. Una strategia complessa per inculcare il
razzismo e l’xenofobia e per verticalizzare e blindare ulteriormente
tutti i processi decisionali a scapito di qualsiasi residuo di
“democrazia formale e/o rappresentativa”.
In
tal senso, a ferragosto scorso, è stato approvato un Decreto
Ministeriale che meglio specifica e puntualizza le applicazioni della
Legge Minniti/Orlando nelle grandi aree urbane con particolare
attenzione al ruolo dei Sindaci e delle istituzioni locali (http://contropiano.org/interventi/2017/08/28/decreto-ferragosto-del-ministro-minniti-095113).
Un ennesimo elemento procedurale di scienza autoritaria del controllo
del territorio e di schifoso foraggio a quella sub/cultura dell’odio,
della paura e dell’annichilimento di qualsivoglia espressione di
protagonismo collettivo.
Del
resto il vero e proprio linciaggio mediatico contro Gino Strada – anche
da parte di “autorevoli organi di stampa liberale” – il quale, mosca
bianca in un mondo di intellettuali trasformatosi quasi tutti in
obbedienti maitre a penser del Minniti/pensiero, aveva osato
criticare l’operato del Ministro degli Interni in materia di “contrasto
all’immigrazione clandestina” è il segno tangibile di un parossistico
clima repressivo che si respira nel paese e che, con buona pace delle
chiacchiere e dei formalismi delle varie vestali dello status quo, sta
rendendo tutte e tutti meno liberi.
Giustizia Sociale o Ordine Pubblico?
Attorno
a questo aut/aut abbiamo racchiuso il messaggio politico e l’esplicita
chiamata alla mobilitazione che vogliamo emerga dall’appuntamento di
Bologna, di sabato 23/9, consapevoli che l’allarme democratico che
stiamo alimentando avrà bisogno, per diventare moto agente e sociale,
del massimo di diffusione, articolazione tattica e di generalizzazione
possibile.
Abolizione della Legge Minniti/Orlando, contrasto a tutte le forme di limitazione della libertà di lotta e di movimento (attacco al diritto di sciopero, di manifestazione, di assemblea, l’annunciata restrizione dell’utilizzo del web),
costruzione di una rinnovata connessione tra le ragioni sociali dei
lavoratori e dei settori popolari della società con i nostri fratelli
immigrati, rafforzamento e coordinamento politico e tecnico tra
avvocati, comitati contro la repressione e tutte le strutture di
movimento impegnate su questo versante dello scontro e – soprattutto –
un largo schieramento culturale e politico per reclamare una Amnistia/Indulto
per tutti i reati (penali, amministrativi e civili) ascrivibili alle
lotte sociali sono i punti di una piattaforma da far lievitare nei
prossimi mesi.
Questo
percorso di mobilitazione si intreccerà e dialogherà sicuramente con le
annunciate mobilitazioni dell’autunno ma, per consolidarsi ed
accumulare forza ed ampiezza, avrà bisogno di incunearsi in un contesto
di auspicabile e generale rilancio del conflitto politico, sociale e
sindacale il quale – nonostante tutto – resta il maggiore coefficiente politico per fermare, per davvero, la repressione e la violenza degli apparati dello stato.
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