dinamopress Decide Roma*
Piccoli
e grandi segnali, fatti che si ripetono quotidianamente, nuove norme e
prassi che si affermano, confermano la tendenza che a Roma - per quanto
riguarda il governo della città, chiunque sia a determinarlo - diventa
regola: garantire gli interessi di pochi in disprezzo del diritto alla
vita dignitosa di tutti.
Lo abbiamo visto con la morte di Niang Maguette,
ambulante senegalese di 53 anni morto a Trastevere in una retata del
gruppo speciale dei vigili di Di Maggio. Il suo lavoro, onesto ma
illegale, lo ha esposto a una caccia all'uomo che lo ha ucciso. Il
comandante Di Maggio non si è dimesso, ma anzi a pochi giorni dal fatto è
stato promosso, atto simbolico che rafforza la retorica della legalità,
della sicurezza e del decoro prima di tutto, la retorica che afferma
che i poveri sono il degrado.
Lo abbiamo visto con il collasso del sistema di accoglienza e nella
vergogna di Via Vannina e della Stazione Tiburtina, che in mancanza di
una politica istituzionale adeguata diventano vere e proprie “discariche
umane”, zone grigie all'interno delle quali la sistematica violazione
dei diritti umani è fatto ordinario. In particolare diventa paradossale
osservare come gli spazi del mutualismo e della difesa dei diritti del
lavoro di giovani donne e uomini autoctoni e migranti, della tutela
delle garanzie di chi arriva nella nostra città in fuga da territori
devastati diventano piuttosto che luoghi da valorizzare, garantire e
moltiplicare, oggetto di attacco su più fronti.
Lo abbiamo visto con la paradossale decisione di chiudere i nasoni
per rispondere alla crisi idrica: una scelta tutta d'immagine che da la
percezione di una emergenza siccità inattesa e imprevedibile, quando
invece, al netto dell'1% del consumo di acqua rappresentato dalle
fontanelle pubbliche, la rete di Acea, completamente all'abbandono, ne
disperde (cioè ne butta) il 40%. Non è conveniente per una società
privata investire sull'efficienza della rete, perché l'obiettivo sono
gli introiti non la distribuzione dell'acqua. Per questo si stacca
l'acqua a chi non può pagarla, si chiudono i nasoni ma non si fa nulla
per non sprecarla.
Colomban
mette in vendita le quote comunali di Acea Ato2 e chiude i nasoni: se
2+2 fa 4, l'acqua si privatizza e i rubinetti si chiudono per chi vive
per strada. E per strada ci viviamo tutti - qualcuno un po' di più di
altri - e di quell'acqua ne abbiamo un bisogno vitale.
Lo
abbiamo visto stamattina, lunedi 10 luglio, quando la stagione estiva
degli sgomberi si inaugura con Casetta, occupazione abitativa in via di
Portonaccio che garantisce da anni ormai una casa a precari, studenti e
rifugiati, sgomberata dalla Polizia per garantire alla
proprietà, l'Eni, il reintegro in possesso dell'immobile, là dove al
quartiere la stessa proprietà ha garantito solo l'avvelenamento del
territorio.
La
logica della proprietà, sia essa pubblica o privata, va ancora una
volta in contraddizione con l'uso comune, condiviso e solidale di
immobili, anche quando sono stati recuperati dall'abbandono. La
proprietà è un'arma giocata contro la città a mezzo di sgomberi: se
prima c'era vita, socialità, solidarietà, cultura, case dopo rimangono
cattedrali vuote nel deserto della legalità.
Le
mani della speculazione sulla città , la messa a profitto di ogni mq,
l'esproprio delle sue risorse si traducono in sgomberi, sfratti, retate,
espulsione progressiva di fette sempre più consistenti di popolazione –
precari, disoccupati, migranti, rom, giovani, ... - verso una periferia
sempre più lontana e abbandonata.
In
questo contesto, le politiche razziste e securitarie contro i migranti,
non sono che la punta dell'iceberg di una guerra ai poveri
generalizzata.
Rivendicare
i diritti degli autoctoni in difficoltà contro quelli di chi fugge
dalle guerre e dalla fame, non solo è razzista e miope, ma alimenta la
folle idea che siano i migranti a togliere le risorse ai primi. Questo
gioco al massacro riesce nel difficile compito di scaricare verso il
basso le contraddizioni lasciando al tempo stesso che i poteri forti,
economici ed istituzionali, continuino nella loro opera di saccheggio.
Per
questo le politiche discriminatorie stanno raccogliendo un grande
successo nei maggiori partiti italiani fino a segnare le politiche del
Governo come del Comune di Roma.
Per
questo Il 13 luglio saremo al Campidoglio, assieme a tanti movimenti ed
associazioni della città di Roma perché se la legalità produce solo
disuguaglianza e esclusione, è giunto il momento di dire che NESSUNO È
ILLEGALE!
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