L'Organizzazione internazionale per le migrazioni pubblica il nuovo rapporto sulla tratta. Le vittime sono aumentate del 600 per cento in due anni. E moltissime sono minorenni. Destinate a un incubo.
L'Espresso F.Sironi
Le denunce sono poche, pochissime. Solo 78, su quasi settemila vittime identificate. A dimostrazione «dell'immenso coraggio che devono trovare le ragazze che riescono a denunciare: facendolo spesso contro la propria famiglia, mentre si trovano da sole in un paese straniero, fidandosi di operatori conosciuti da poco». Lo racconta Carlotta Santarossa dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), responsabile dell'ultimo report sulle vittime di tratta, le persone portate in Europa attraverso la rotta dei profughi nel Mediterraneo centrale per diventare schiave. In questo caso, merce per il mercato del sesso.
A far mancare la parola, la possibilità di un esposto, non è solo la paura del rito contratto in patria, delle minacce o delle ripercussioni sui prossimi. E non è solo il debito del viaggio, quel prestito che grava su quasi tutte le ragazze. «È spesso la mancanza di consapevolezza. Faticano a percepirsi come vittime. E non solo. In sempre più casi hanno scoperto soltanto qui cosa sia esattamente il sesso», continua Santarossa: «Perché sono troppo giovani. E questo è uno degli elementi più preoccupanti, di anno in anno: l'età».
Le ragazze che sbarcano per essere poi strattonate in giro per l'Italia e l'Europa come prostitute, sono infatti passate dall'essere giovani adulte all'arrivare in Italia ancora minorenni. Adolescenti anche di 12 o 13 anni, convinte a partire e vendute a ore sulla strada. Su 290 vittime segnalate alle autorità o indirizzate a una forma di assistenza nel 2016, 164 erano minorenni. Sulle 135 segnalate alla rete antitratta, 87 non avevano 18 anni.
È la storia di Precious, 17 anni, nigeriana. Nella primavera del 2016 la polizia la vede lungo una strada, in Sicilia. È giovanissima. In commissariato, dice però di avere 21 anni e di voler raggiungere la sorella. È spaventata. Gli agenti trovano le sue impronte nel database: è sbarcata cinque mesi prima, ed è minorenne. La procura contatta l'Oim che la incontra in una comunità protetta dove è stata portata. Indossa ancora la parrucca rossa e i vestiti attilatti che le avevano dato per andare in strada. Le operatrici le raccontano la storia di una ragazza come lei, portata a prostituirsi per saldare il debito del viaggio.
Precious si confida. Non aveva mai avuto rapporti sessuali con un uomo prima di allora. Era costretta sulla strada per 12 ore al giorno. Ha paura di essersi ammalata. Del rito. Dei conoscenti. L'Oim la incontra ogni giorno per un mese. Lei non riesce a dormire, cerca a volte di scappare, per tornare dai trafficanti, a volte pensa di morire. «Ogni volta, però, la paura di tornare sulla strada è più forte di tutto», annota l'operatrice che ha seguito la sua storia. Alla fine, trova il coraggio di denunciare. Oggi vive in una struttura protetta, parla italiano e studia per diventare mediatrice culturale.
È questa la speranza che anche Santarossa ci tiene a sottolineare: «Da parte delle istituzioni, l'attenzione è cambiata». Aumentano le segnalazioni che arrivano dai centri, quando sono capaci di notare che c'è qualcosa che non va. Le associazioni cercano di dare formazione e intervenire in tempo. Ma spesso mancano le prospettive concrete da dare come alternativa, o i posti nelle strutture specializzate. Per questo l'attenzione deve aumentare. Perché non agire per difendere queste ragazze, è essere complici .
Nessun commento:
Posta un commento