"Il pensiero scientifico è visionario e disobbediente"
Mi iscrissi a fisica molto svogliatamente. Il primo anno diedi solo gli esami che mi servivano per evitare di partire militare. Dopo aver passato l'inverno a non fare niente, decisi di mollare tutto e viaggiare. Attraversai l'intero Canada e una parte degli Stati Uniti. C'erano momenti in cui ero felice di conoscere persone nuove e città nuove, e momenti in cui credevo che mio padre avesse ragione a dirmi: "Sei un cretino, ti stai rovinando". Per me fu come uscire dal guscio della vita come è prescritto debba essere e scoprire come volevo che fosse la mia.
Quando Bologna era attraversata dal movimento del '77.
C'erano migliaia di giovani che volevano cambiare il mondo e pensavano che mancasse poco per riuscirci. Anch'io mi immersi nell'impresa. Vivevo con Luciano Capelli, uno dei fondatori di Radio Alice, l'anima più poetica e sognante del gruppo. Cominciai a frequentare lui, Bifo e gli altri. Trovavamo folle l'ordine del mondo e naturale volerlo rovesciare.
Dopo il 1977, arrivò il 1978. Quando Aldo Moro fu rapito e poi ucciso, capimmo che stava per finire tutto. La repressione poliziesca fu durissima. Venivi arrestato per un numero di telefono sbagliato, per una frequentazione sospetta. La maggior parte di noi si sentì schiacciata tra la ferocia dello stato e la violenza di chi aveva scelto la lotta armata con le Brigate rosse o Prima linea. In molti ci sentivamo estranei a entrambi.
Quanto fu difficile?
Vidi amici morire accanto a me per overdose di eroina. Il senso di disgregazione che provammo fu fortissimo. Capimmo che il mondo non si cambia così facilmente. Fu devastante. Alcuni si fecero risucchiare dal terrorismo, altri dalla droga.
E lei?
Una mattina andai al dipartimento di fisica e presi un articolo di Christopher Isham che spiegava perché dovevamo trovare un nuovo modo di vedere lo spazio, la materia, il tempo, la luce, il vuoto, poiché tutto ciò che conoscevamo era sbagliato. Le regole dell'intero universo erano da riscrivere e intuii la possibilità di partecipare a un'altra insurrezione. Fu in quel momento che scelsi la fisica.
Trasferì la sua radicalità dalla politica alla scienza?
Fu come passare da un mondo in cui il desiderio di cambiare si scontra con il senso di realtà a un mondo in cui invece è possibile sovvertire le regole dell'intera conoscenza acquisita. Certo, l'oggetto della fisica non è la società. Ma, dall'Antica Grecia sino al Rinascimento e alla Rivoluzione Francese, non c'è stato splendore del sapere che non abbia prodotto anche trasformazioni politiche.
Cambiare il mondo non è diverso dallo scoprirne le leggi?
No, perché ogni volta che la scienza fa un passo avanti deve prima mettere in discussione l'esistente. La storia della sua evoluzione è la storia di un'indocilità, un percorso attraverso le sue rotture con il passato: è questo che la rende costantemente disobbediente.
Eppure, è costituita da mezzi iper razionali come il calcolo.
La precisione, l'accuratezza, i numeri, le equazioni, sono solo degli strumenti: il cuore della scienza è la visionarietà. Copernico immagina la terra che gira intorno al sole, Maxwell l'esistenza delle onde elettromagnetiche: solo dopo qualcuno verificherà che hanno ragione facendo degli esperimenti. L'origine di ogni scoperta è nella fantasia, non nelle operazioni matematiche.
È come un viaggio lisergico?
Assumere LSD non ti fa diventare uno scienziato così come fumare oppio non ti fa scrivere "I fiori del male" come Charles Baudelaire. Io però ho fatto alcune esperienze con gli acidi e posso dire – con cautela, avvertendo della pericolosità della sostanza e senza voler invitare nessuno a farlo – che mi hanno insegnato a capire che la nostra visione del mondo è parziale, prigioniera dei nostri schemi mentali. Riuscire a liberarsene è la premessa di ogni innovazione scientifica.
Non serve anche adeguarsi al mondo?
Viviamo in un mondo in cui le regole della nostra esistenza sono già stabilite e, se non vogliamo finire in un ospedale psichiatrico, in una certa misura dobbiamo conformarci a esse. Questo non significa smettere di pensare che ogni cosa possa essere diversa da com'è. Roland Laing, uno strano psichiatra inglese che lessi da adolescente, diceva che c'è più normalità nella pazzia che nella normalità.
Allora perché è così difficile cambiare?
Nella fisica quantistica, solo una formula prevede la variabile tempo: è quella di Rudolf Clausius sul calore. La distinzione tra il prima e il dopo è un passaggio dalla bassa velocità con cui si muovono le molecole quando un corpo è freddo alla rapidità con la quale si mescolano quando il corpo si riscalda. Il passaggio dal prima al dopo è un movimento dall'ordine a un nuovo ordine così complesso da risultare (per ora) incomprensibile. Cosa ci dice questo? Che ogni cambiamento ci fa perdere le coordinate che conosciamo e ne stabilisce di nuove, anche se siamo momentaneamente incapaci di individuarle. Quando i rivoluzionari francesi tagliarono la testa al re, mezza Europa pensò che quella fosse la fine di tutto. Non era che l'inizio di un altro mondo.
È lo smarrimento che provano coloro che oggi prefigurano un tramonto dell'occidente?
Quella della fine della nostra civiltà è una sciocchezza. Abbiamo vinto. Le nostre conquiste sono diventate patrimonio dell'umanità. La maggior parte della civiltà mondiale non è che un'estensione di quella occidentale. La viviamo male perché confondiamo la conflittualità con la decadenza. Corriamo dei pericoli, certo: ma non stiamo rischiando di scomparire.
Nella fisica le barriere cadono, nella politica però tornano.
Soffro in questo mondo che alza i muri per proteggersi da persone che fuggono dalla povertà, che costruisce steccati invisibili per dividere chi ha molto da chi non ha niente, mi fa paura il ritorno dell'idea di nazione. Nella storia, ogni volta che sono aumentate le ingiustizie e sono stati alimentati i tribalismi, la guerra è diventata una possibilità. Il rischio di ricaderci è reale.
Lei si è mai sentito in pericolo?
Per molto tempo, mi sono sentito isolato dal mondo. Un po' per la storia della mia generazione, un po' per carattere, credevo che le cose che avevo da dire fossero troppo radicali e non interessassero a nessuno. La scrittura mi è servita a colmare questo vuoto. Ho cercato di raccontare lo splendore, anche stilistico, della scienza. L'approvazione delle persone mi hanno spinto a continuare.
Eppure, la scienza – tra movimenti anti vaccini e altre squalificazioni delle competenze – viene messa in discussione.
L'uomo sa farsi del male in molti modi e delegittimare il sapere scientifico è una delle ultime invenzioni della stupidità, un passo verso l'instaurazione al potere dell'idiozia.
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