sabato 3 dicembre 2016

Referendum. Il 5 dicembre è già domani

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contropiano sergio cararo
Siamo ormai alla vigilia del referendum di domenica. Dal suo esito dipenderanno molte cose nel futuro prossimo di questo paese. In questo senso è vero che siamo in presenza di un brusco cambiamento. E' dunque il momento di provare a mettere nero su bianco gli scenari e di porsi una domanda pesante: con quale situazione dovremo fare i conti?

Se vince il No sarà indubbiamente una sconfitta per il progetto di governance reazionaria incarnata dal governo Renzi. Gli interessi sociali delle classi dominanti che si riconoscono e sostengono questo progetto, dovrebbero fare i conti con un risultato popolare che ne ritarderebbe la tabella di marcia. Ovviamente non abbandonerebbero la partita e ricorreranno ad ogni mezzo per rendere “dolorose” le conseguenze e neutralizzare gli effetti del risultato. Ancora una volta si alzerebbero i latrati contro il ricorso al voto popolare sulle questioni importanti come la Costituzione, gli strali contro il suffragio universale, l'arroganza contro le plebe che non capisce le esigenze della governabilità, i rapporti con l'Europa, la complessità della competizione. La Commissione Europea, dopo il silenzio di opportunità accordato a Renzi fino al 4 dicembre, tornerebbe alla carica chiedendo lacrime e sangue per rispettare i vincoli del pareggio di bilancio.
Ma la vittoria del No aprirebbe anche l'opportunità per rimettere in campo opzioni di cambiamento reale da parte di un movimento popolare, politico e di massa che ne avesse il coraggio. A partire dallo stop ai diktat europei e delle misure antipopolari e anticostituzionali imposte al nostro e ad altri paesi dal Trattato di Maastricht del 1992 a oggi. E qui emergerebbe un primo problema nelle file scompaginate e residuali della sinistra. Già sono udibili i richiami della foresta a ritrovarsi tutti nella “ditta” animata da quel pezzo di Pd che si è messo di traverso a Renzi. Una coazione a ripetere deleteria che rimetterebbe in campo una sinistra a “bassa intensità” dei cui disastri non si sente più e affatto il bisogno. Qualche sintomo di tutto ciò è stato ben visibile anche nelle ambiguità e nel freno a mano tirato di molti settori della campagna per il NO. Ultimo in ordine di tempo l'aiutino dato dalla Cgil al governo e alla Confindustria per chiudere i contratti di metalmeccanici e pubblico impiego proprio alla vigilia del referendum.
Se vince il No – e per questo abbiamo animato il No sociale – diciamo subito che continueremo a procedere su una strada diversa, accelerando a tutto campo la campagna per l'Eurostop, per la rottura e l'autonomia degli interessi di classe espressi dai movimenti sociali/sindacali rispetto ai vincoli dell'Unione Europei, ma anche rispetto ai riti e alle pastoie della sinistra di governo.
Ma domenica potrebbe vincere anche il Si, e dunque il regime di governance autoritaria rappresentato dal governo Renzi. E' evidente che in questo caso i margini di agibilità politica, democratica, sindacale verrebbero azzerati o ridotti al lumicino. Ci sarebbe spazio solo per oppositori della corona o marginalizzati, per sindacati passacarte e neocorporativi come quelli che abbiamo visto a Palazzo Vidoni. Un clima di ferro e di piombo inguantato dentro la supremazia della governabilità. Anche in questo caso la Commissione Europea cesserebbe la tregua accordata a Renzi e passerebbe all'incasso degli impegni di bilancio. Come per incanto le promesse elettorali di Renzi sulle pensioni, i contratti, i bonus fiscali etc. etc., verrebbero rimesse in discussione “perchè ce lo chiede l'Europa” e non ci si può sottrarre. In compenso si assisterebbe al boom delle spese militari proprio sulla base della accelerata tabella di marcia decisa in questi mesi a Bruxelles.
In caso di vittoria dei Si, la sinistra abituata alla sconfitta andrà nuovamente – e forse definitivamente – in depressione, lasciando i settori popolari in balìa delle strumentalizzazioni della destra invece di contendergli il campo.
Se vincerà il Si non sarà affatto facile, sarebbe solo più chiaro (anzi più scuro) il contesto in cui una sinistra di classe dovrà tenere aperta l'opzione del conflitto sociale e delle soluzioni alternative alle tenebre dell'esistente.

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