contropiano sergio cararo
Siamo
ormai alla vigilia del referendum di domenica. Dal suo esito
dipenderanno molte cose nel futuro prossimo di questo paese. In questo
senso è vero che siamo in presenza di un brusco cambiamento. E' dunque
il momento di provare a mettere nero su bianco gli scenari e di porsi
una domanda pesante: con quale situazione dovremo fare i conti?
Se
vince il No sarà indubbiamente una sconfitta per il progetto di
governance reazionaria incarnata dal governo Renzi. Gli interessi
sociali delle classi dominanti che si riconoscono e sostengono questo
progetto, dovrebbero fare i conti con un risultato popolare che ne
ritarderebbe la tabella di marcia. Ovviamente non abbandonerebbero la
partita e ricorreranno ad ogni mezzo per rendere “dolorose” le
conseguenze e neutralizzare gli effetti del risultato. Ancora una volta
si alzerebbero i latrati contro il ricorso al voto popolare sulle
questioni importanti come la Costituzione, gli strali contro il
suffragio universale, l'arroganza contro le plebe che non capisce le
esigenze della governabilità, i rapporti con l'Europa, la complessità
della competizione. La Commissione Europea, dopo il silenzio di
opportunità accordato a Renzi fino al 4 dicembre, tornerebbe alla carica
chiedendo lacrime e sangue per rispettare i vincoli del pareggio di
bilancio.
Ma
la vittoria del No aprirebbe anche l'opportunità per rimettere in campo
opzioni di cambiamento reale da parte di un movimento popolare,
politico e di massa che ne avesse il coraggio. A partire dallo stop ai
diktat europei e delle misure antipopolari e anticostituzionali imposte
al nostro e ad altri paesi dal Trattato di Maastricht del 1992 a oggi. E
qui emergerebbe un primo problema nelle file scompaginate e residuali
della sinistra. Già sono udibili i richiami della foresta a ritrovarsi
tutti nella “ditta” animata da quel pezzo di Pd che si è messo di
traverso a Renzi. Una coazione a ripetere deleteria che rimetterebbe in
campo una sinistra a “bassa intensità” dei cui disastri non si sente più
e affatto il bisogno. Qualche sintomo di tutto ciò è stato ben visibile
anche nelle ambiguità e nel freno a mano tirato di molti settori della
campagna per il NO. Ultimo in ordine di tempo l'aiutino dato dalla Cgil
al governo e alla Confindustria per chiudere i contratti di
metalmeccanici e pubblico impiego proprio alla vigilia del referendum.
Se
vince il No – e per questo abbiamo animato il No sociale – diciamo
subito che continueremo a procedere su una strada diversa, accelerando a
tutto campo la campagna per l'Eurostop, per la rottura e l'autonomia
degli interessi di classe espressi dai movimenti sociali/sindacali
rispetto ai vincoli dell'Unione Europei, ma anche rispetto ai riti e
alle pastoie della sinistra di governo.
Ma
domenica potrebbe vincere anche il Si, e dunque il regime di governance
autoritaria rappresentato dal governo Renzi. E' evidente che in questo
caso i margini di agibilità politica, democratica, sindacale verrebbero
azzerati o ridotti al lumicino. Ci sarebbe spazio solo per oppositori
della corona o marginalizzati, per sindacati passacarte e neocorporativi
come quelli che abbiamo visto a Palazzo Vidoni. Un clima di ferro e di
piombo inguantato dentro la supremazia della governabilità. Anche in
questo caso la Commissione Europea cesserebbe la tregua accordata a
Renzi e passerebbe all'incasso degli impegni di bilancio. Come per
incanto le promesse elettorali di Renzi sulle pensioni, i contratti, i
bonus fiscali etc. etc., verrebbero rimesse in discussione “perchè ce lo
chiede l'Europa” e non ci si può sottrarre. In compenso si assisterebbe
al boom delle spese militari proprio sulla base della accelerata
tabella di marcia decisa in questi mesi a Bruxelles.
In
caso di vittoria dei Si, la sinistra abituata alla sconfitta andrà
nuovamente – e forse definitivamente – in depressione, lasciando i
settori popolari in balìa delle strumentalizzazioni della destra invece
di contendergli il campo.
Se
vincerà il Si non sarà affatto facile, sarebbe solo più chiaro (anzi
più scuro) il contesto in cui una sinistra di classe dovrà tenere aperta
l'opzione del conflitto sociale e delle soluzioni alternative alle
tenebre dell'esistente.
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