canapaindustriale.it Mario Catania
Se è vero che la storia prosegue per cicli sembra che l’alba del nuovo millennio ci stia riportando verso valori che credevamo dimenticati, ma che possono tornare ad essere le colonne portanti di un futuro in cui l’uomo tornerà a produrre ciò che gli serve nel rispetto dell’ambiente in cui vive.
E’ questo il substrato culturale in cui un gruppo di ragazzi siciliani ha fondato Kanèsis, start-up che dopo un processo di ricerca, sviluppo e sperimentazione, ha lanciato una raccolta fondi su Indiegogo per fare il passo che le permetterà di camminare con le proprie gambe ed iniziare a realizzare il futuro che per ora avevano solo immaginato.
“Il crowdfunding ufficiale inizierà oggi (martedì 17 maggio) e stiamo investendo tutto in questa operazione”, ci ha raccontato il fondatore Giovanni Milazzo. “Stiamo entrando nella fase in cui comunichiamo al mondo i nostri prodotti, come fosse un e-commerce in cui pre-vendiamo le bobine da 700 grammi e filo da 100 grammi realizzati in HBP, l’HempBioPlastic. Oltre a questi ci saranno degli oggetti a sorpresa, realizzati con il filamento in canapa, che saranno via via aggiunti alla campagna. Inoltre aggiungeremo anche un secondo filamento di diversa composizione con la bio-massa di un’altra pianta che non è la canapa. L’obiettivo del crowdfunding è quello di raggiungere la cifra di 30mila euro per poter acquistare un macchinario da laboratorio per continuare le sperimentazioni in autonomia invece che all’Università di Catania come abbiamo fatto fino ad oggi. Si tratta di un macchinario da sperimentazione per materiali innovativi con l’aggiunta di scarti vegetali”.
Quindi non vi fermate alla canapa
No, il filamento in canapa è solo il primo di una lunga serie tutti prodotti con biomasse di scarto ed ognuno con una finitura ed un colore proporzionale alla biomassa utilizzata. Quindi nel caso dell’arancia sarà arancione, ginestra giallo, carciofo verde, canapa marrone e così via ed ognuno con le proprie caratteristiche tecniche per sottolineare la polivalenza di sviluppo di materiali termoplastici di questo tipo. Quindi il focus si sposta dalla canapa ai campi.
Ma è un crowdfunding diretto principalmente a Fablab ed ai makers?
Il prototipo di un grinder in HBP per la campagna di crowdfunding |
Quindi state mettendo le basi per la Kanèsis del futuro. Come la immaginate?
Vogliamo diventare un’azienda che sviluppa tutta una serie di materiali per svariate applicazioni quali design, packaging e oggettistica. Inoltre vogliamo anche offrire una serie di servizi di sviluppo di materiali e di progettazione di pezzi con specifiche caratteristiche. Vogliamo creare un filo conduttore tra il settore primario e secondario e quindi tra agricoltura ed industria che negli ultimi 30 anni è una cosa che si è persa. Erano due settori che andavano avanti parallelamente e ad un certo punto si sono separati con il settore industriale che è andato a prendere le materia prime necessarie dagli idrocarburi petrolchimici dai quali si sono sviluppate tutte le sostanze chimiche che prima venivano prodotte a partire dai campi. Quindi il nostro obiettivo in questo momento di transizione in cui ancora ci sono le plastiche petrolchimiche e le bioplastiche costano troppo, e quello di essere un’azienda che faccia da stimolo per il cambiamento. Diamo in mano alla gente questi materiali che sembrano plastica, ma sono piante e che danno l’idea di natura senza coloranti solamente con amido di mais nel caso del PLA o etilene da zucchero nel caso della canna da zucchero che sono le due resine per la matrice alle quali aggiungiamo tutte le biomasse.
Si tratta di fondere i due settori per rilanciare un nuovo tipo di economia?
Sì, innanzitutto l’economia della Sicilia ma quella del nostro Paese più in generale. Con tutti i campi e la tradizione agro-industriale che abbiamo potremmo aprire un nuovo mercato ai contadini per le biomasse che darebbe agli agricoltori un nuovo respiro. Dal nulla il contadino dove prima aveva un problema di smaltimento, un domani potrebbe avere un utile.
Inoltre con questa metodica di lavoro noi esporteremmo nei materiali la nostra terra, le biomasse e i colori della nostra tradizione agricola, come se dessimo visibilità ai campi e facessimo pubblicità agli agricoltori. Vogliamo essere uno stimolo per tutti in cui ci prepariamo ad affrontare un futuro diverso: tra qualche anno, quando tutto questo sarà realtà, ci potremo dedicare ai materiali polimerici derivati da vegetali che in questo momento storico sono più difficili da produrre perché più costosi e fuori mercato.
E’ un modo diverso di immaginare i sistemi produttivi…
Sì: oggi si ragiona in modo diverso. Si compra il petrolio in Cina, lo si trasforma in Brasile per farlo andare in Islanda e riportarlo per il consumo in Finlandia. Un meccanismo fuori da ogni controllo. Sarebbe molto più semplice usare le eccedenza di biomassa acquistandola dal contadino che reinveste sul territorio facendo capire all’industria del territorio che il contadino è una risorsa. E’ un processo che negli Stati Uniti è già iniziato ma che arriverà anche qui da noi. Giusto per dare dei numeri teniamo conto che nel mondo ogni anno su oltre 27 miliardi di tonnellate di biomasse prodotte, 5,5 miliardi di tonnellate non vengono utilizzate in alcun modo.
Ci vorrà parecchio tempo?
Sono sicuramente processi che richiedono tempo ma grazie al networking i risultati possono essere condivisi. E’ anche per questo che noi stiamo cercando di fare rete sia in Italia che all’estero in modo da velocizzare il tutto.
E lo farete anche grazie al tour che avete organizzato per il crowdfunding?
Secondo noi la stampa 3D, così come le nuove tecnologie, si basano sul networking. Una comunità smuove molto più che un singolo e di conseguenza, visto che esistono già delle strutture che in ognuna delle principali città italiane aggregano tutti coloro che sono vicini al mondo della stampa 3D o della manifattura digitale in generale, abbiamo pensato di organizzare un tour che tocchi tutte queste realtà che entreranno in sinergia con la nostra per creare una sorta di nuovo network e vedremo nel tempo quali saranno le interazioni e i responsi dei vari maker sui diversi filamenti. L’idea è creare sinergie ed avere dei responsi da chi è vicino a questo mercato che secondo noi, nel giro di 3-5 anni toccherà buona parte di quella popolazione che ad oggi non sa bene cosa sia. E quindi ci appoggeremo a questi manipoli di persone che in ogni città lavora ogni giorno per condividere e far crescere il know-how del settore: sono risorse opensource che servono a conciliare le idee tra le persone per crearne di nuove.
E quindi dove andrai?
Parto da Modena e poi Bologna, nel frattempo vado a Capannori a ritirare il premio “Zero waste Italy” per chi si impegna a recuperare gli scarti senza generarne di nuovi, il 23 sarò a Rimini, il 26 ad un convegno a Firenze dove ad una platea di architetti e designer si parlerà di Agritettura unendo agricoltura e architettura. Poi andremo a Venezia l’1 giugno, a Padova il 3, a Verona il 4 e il 6 al Fablab Brianza sopra Milano. Il 7, 8 e 9 siamo stati invitati alla più grossa fiera di settore d’Europa a Milano, il Technology Hub, il 10 sempre a Milano per poi spostarmi a Torino. Da Torino scenderemo a Roma, poi all’Aquila dove stiamo coinvolgendo i fablab di l’Aquila e Pescara, scuole e service di manifattura digitale, poi Napoli, Matera con il primo fablab della Basilicata e poi Puglia.
Mario Catania
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