Per
partire, come sempre si deve fare, dal contesto in cui si svolge questo
evento, possiamo citare una notizia meravigliosa che si trova sui
giornali di oggi: a Palmira, l'antica citta' romana in Siria appena
liberata dall'Isis, l'Orchestra di San Pietroburgo ha tenuto un concerto
con musiche di Bach e di Prokofiev nell'anfiteatro romano che era stato
fino a ieri la sede di feroci esecuzioni.
Questo
vuol dire che la distruzione non e' per sempre. Questo vale anche per
la Costituzione: se anche riusciranno ora a distruggerla, essa
rinascera', l'Italia non sara' senza Costituzione, non perdera' il
patrimonio ormai acquisito del costituzionalismo democratico.
coordinamentodemocraziacostituzionale.net
Popolo
Nel
merito dell'incontro di stasera, devo dire che, nonostante qualche
difficolta', sono venuto a Brescia per l'apertura di questa campagna sul
referendum costituzionale, per una ragione precisa: per parlare della
Costituzione nel nome di un mio amico bresciano, l'amico piu' caro che
ho avuto nella mia vita, Franco Salvi, che alla Costituzione, alla
Repubblica, al bene comune ha consacrato tutta la sua vita. Franco Salvi
sognava la Costituzione quando faceva il partigiano: in seguito lui non
ha mai parlato della sua esperienza di lotta armata, ne' nel periodo
della sua militanza nella Fuci, ne' nel periodo della sua vita politica,
nella quale e' stato il piu' stretto collaboratore di Aldo Moro, dalla
cui morte fu alla fine letteralmente straziato; cattolico e nonviolento,
Franco Salvi, schivo e riservato com'era, non si e' mai gloriato di
aver combattuto con le Fiamme Verdi: io conservo - ma credo di essere
uno dei pochi - una sua rarissima fotografia da partigiano con il fucile
in mano.
Per
lui la Resistenza, come per tanti come lui, non era ragione ne' di
vanto ne' di retorica; e' stata semplicemente la porta stretta, il parto
doloroso attraverso cui tutto il resto e' stato possibile, e grazie a
cui la sua vita stessa ha preso il suo senso; la Resistenza e' stato il
varco attraverso cui e' passata la Repubblica, la Costituzione, la
liberta', i diritti e, sopra tutto, la dignita' del lavoro e la dignita'
dei cittadini.
Dunque
io vengo qui stasera, in nome di Franco Salvi e di tutti quelli che
hanno resistito e combattuto come lui, per farvi una domanda, per
rivolgervi una petizione, come si farebbe davanti a un sovrano; non ci
sono del resto altri sovrani a cui si possa fare questa domanda. Noi
siamo infatti oggi in Italia in una specie di sede vacante della
sovranita'. Il sovrano se n'e' andato.
Abbiamo
perso la sovranita' monetaria, perche' non possiamo piu' battere
moneta, l'euro e' governato a Bruxelles e a Francoforte, e ci sono una
quantita' di banche e centri finanziari che creano moneta dal nulla, una
falsa moneta speculativa pari a decine di volte il prodotto lordo
mondiale, senza alcuna possibilita' di controllo.
Non
abbiamo piu' la sovranita' economica, perche' l'abbiamo trasferita
all'Europa, cioe' ai mercati. Quando impongono a noi o alla Grecia
politiche suicide, dicono: "lo vuole l'Europa", ed e' vero. Cioe' lo
vogliono i mercati.
Abbiamo
perso la sovranita' politica, non possiamo piu' decidere il giusto:
avevamo l'operazione "Mare Nostrum" per salvare i profughi nel
Mediterraneo, ne abbiamo salvato decine di migliaia (189.741 migranti
assistiti) e ce l'hanno fatta chiudere perche' l'Europa ha voluto
sigillare le frontiere e tenere lontano i naufraghi con l'operazione
Frontex, per finire poi ad alzare muri e barriere da cui si spara sui
profughi con proiettili di gomma e lacrimogeni.
Non
abbiamo piu' la sovranita' del Parlamento, perche' con la legge
Calderoli prima e con l'Italicum poi abbiamo distrutto la
rappresentanza, i parlamentari non sono eletti in rapporto ai voti, ma
assegnati per legge, e sono nominati dai capi e notabili dei partiti,
percio' sono funzionari di apparato e non delegati del popolo.
Ed
ora abbiamo perso anche la sovranita' della Costituzione: noi siamo di
fatto senza Costituzione perche' il 12 aprile scorso il Parlamento,
senza i due terzi dei voti e addirittura a Camera vuota (erano pieni
solo i banchi del governo), ha approvato una nuova Costituzione
licenziando l'antica. Dunque la vecchia Costituzione non c'e' piu',
perche' i suoi custodi l'hanno abbandonata, sono fuggiti, mentre la
nuova Costituzione non c'e' ancora, entrera' in vigore tra diversi mesi,
solo se supererà il vaglio del referendum popolare oppositivo.
Dunque
in questo momento neanche la Costituzione e' sovrana, non puo'
garantire i nostri diritti, e' li' per l'ordinaria amministrazione, in
stato di transizione; per chi se lo ricorda, e' come Umberto di Savoia
che prima del referendum del '46 non era re ma luogotenente del Regno,
faceva le funzioni di sovrano ma non era sovrano.
Ma
allora, se la sovranita' se n'e' andata, il Parlamento e'
delegittimato, la Costituzione e' in una condizione di sovranita'
limitata e sospesa, dov'e' oggi il sovrano?
Eccolo
qui, il sovrano, e' qui davanti a noi, la sovranita' torna alla sua
origine, alla fonte da cui promana, al soggetto cui primariamente
appartiene, al popolo, e lo scettro torna nelle mani del popolo.
Percio'
chi ha promosso questo incontro e' come se venisse davanti a voi come
dinanzi al sovrano a porvi una domanda. E' una domanda semplice, a cui
si puo' rispondere solo con un si' o con un no, come si dovra'
rispondere col si' o col no nel prossimo referendum costituzionale,
senza scelte intermedie e condizionate.
Non
si puo' dire: voterei no, perche' la riforma non mi piace, ma in
realta' votero' si' perche' non si puo' far vedere che ancora una volta,
dopo tanti anni, le riforme non si fanno (e' la dichiarazione di voto
che ha fatto in tv dalla Gruber il nuovo direttore di "Repubblica",
Mario Calabresi); non si puo' dire: voterei no perche' la riforma e'
dannosa e brutta, come hanno detto costituzionalisti anche governativi,
pero' votero' si' perche' se no cade il governo; non si puo' dire, come
dice Renzi, che siate per il si' o per il no alla nuova Costituzione,
votate si' perche' se no me ne vado.
Questi
si' e questi no condizionati non sono ammissibili; qui il vostro
linguaggio deve essere si'-si', no-no, come dice il Vangelo, il resto
viene dal Maligno.
Ma
allora, se si puo' dire solo si'-si', no-no, bisogna vedere bene qual
e' la domanda. Bisogna intendere bene qual e' la vera domanda, e
smascherare la falsa domanda.
Finora
noi siamo stati dominati da una falsa domanda, perche' tutti quelli che
vogliono cambiare la forma democratica della Repubblica non vogliono
dirlo e non vogliono che il popolo sovrano se ne accorga, e dicono che
vogliono solo cambiare un po' il Senato e mandare a casa 200 senatori.
Negli eccessi di sincerita' la falsa domanda arriva a formularsi cosi':
volete buttare a mare il Senato? Ma questa appunto e' una falsa domanda,
volta a ingannare il sovrano; perche' se al sovrano, cioe' al popolo,
si dice: vuoi buttare a mare la tua sovranita', il sovrano naturalmente
dice di no; invece se gli si dice: che te ne fai di due Camere, te ne
basta una cosi' spendi di meno e fai presto le leggi, e' piu' facile che
il sovrano dica di si'. Ma se davvero fosse questione di questo non ci
sarebbe bisogno di prendersela tanto, ne' di scomodare la memoria di
Franco Salvi, che pur era senatore, ma non certo per questo ha
combattuto.
*
Costituzione
La
domanda vera non e': volete mandare a casa il Senato; la domanda vera
e': volete mandare a casa la Costituzione del '48, e sostituirla con la
Costituzione uscita ora dalle stanze del governo?
Per
nascondere questa domanda dicono che la Costituzione rimane la stessa,
la prima parte, cioe' la parte dei principi, dei valori e dei diritti
non viene toccata. Ma se si cambiano 50 articoli di una Costituzione che
ne ha 139, e se questi 50 articoli sono quelli che mettono in campo gli
strumenti, le garanzie e i controlli perche' principi, valori e diritti
diventino effettivi, perche' la liberta' non sia impedita,
l'eguaglianza sia promossa e sia realizzata nei fatti, come volle che
fosse scritto Teresa Mattei, allora non si puo' dire che la Costituzione
resta la stessa.
E
se la Costituzione non resta la stessa, la domanda immediatamente
successiva che bisogna porsi e' questa: ma allora che societa' vogliono
fare? Ovvero quale diversa societa' e' stata creata in questi anni,
cosi' da aver bisogno di una diversa Costituzione?
Perche'
le Costituzioni non sono indipendenti dalla societa', il vero problema
e' quello della corrispondenza tra la Costituzione e l'identita' di un
Paese. Le costituzioni non precedono le societa', ne sono l'espressione,
anche se proiettata in avanti. La Costituzione del '48 ad esempio fu la
conseguenza della grande rigenerazione spirituale e sociale prodotta
dall'immenso dolore della guerra, e sentimenti come eguaglianza,
liberta', dignita', solidarieta' erano nelle masse prima di giungere
alla formulazione costituzionale. Ma l'errore e' di ritenere che solo i
valori fossero legati allo spirito pubblico di quel tempo, e non anche
le scelte dei costituenti sulle forme e le regole del sistema politico.
Non e' cosi': non solo la prima parte, ma anche la seconda parte della
Costituzione era legata allo spirito del tempo. E' evidente ad esempio
che il ritrovato pluralismo politico affratellato nel sangue della
Resistenza e nel percorso verso la Costituente, faceva ritenere cosi'
scontata, da non doversi nemmeno menzionare, ma dare come presupposta in
tutti gli articoli della Costituzione, la proporzionale come metodo
normale per le elezioni. Perche' nessun valore, nessuna idea, nessuna
energia doveva andare perduta; tutte erano degne, e anzi necessarie,
tutte dovevano essere convocate per l'impresa comune; percio', la
proporzionale.
Ne'
meno forte e' stato il rapporto tra il sentimento diffuso e la scelta
bicamerale. Il passaggio alla Repubblica e quindi la rivalsa su tutta la
forma politica che l'Italia aveva avuto fino allora, aveva la sua
massima espressione simbolica e reale nel Parlamento; caduto il re,
questo era il sovrano, ovvero la sovranita' visibile del popolo. E
proprio perche' c'era stato un Senato del Regno doveva esserci un Senato
della Repubblica (mentre non era concepibile, ne' l'hanno chiamato
cosi' neanche oggi, un Senato delle autonomie). Pero' il Senato, che era
di nominati a vita (e per questo c'erano rimasti dei senatori non
fascisti nel tempo di Mussolini), doveva essere anch'esso di eletti dal
popolo, e cosi' realizzare un parlamentarismo differenziato e ricco, non
solo in rapporto al governo, ma ancora di piu' in rapporto al
territorio. In questo senso le decisioni dei Costituenti erano
fortemente influenzate dal sentire comune, che non solo voleva la
democrazia, ma una democrazia abbondante. Senato e Camera volevano dire
una democrazia abbondante, una democrazia piu' garantita; due Camere
voleva dire che se una mascalzonata, una legge liberticida, una legge
sbagliata passava a una Camera, poteva essere fermata dall'altra, poteva
essere raddrizzata. Ricordo solo la legge sull'aborto. Se essa e' stata
alla fine accettata dalla coscienza pubblica, anche cattolica, e ha
superato referendum e giudizi di costituzionalita', e' perche' la legge
di impronta radicale uscita dalla prima lettura della Camera e' stata
poi completamente ripensata e rifatta dal Senato. E basterebbe ricordare
la legge Gozzini sull'umanizzazione delle carceri, che senza il Senato
non esisterebbe nemmeno. E cosi' per moltissime altre leggi.
Ma c'erano delle ragioni ancora piu' profonde che spingevano la Costituente alla scelta di un
Parlamento veramente rappresentativo e di una proporzionale sincera, senza forzature ne' esclusioni.
La
prima era il grande prestigio che godeva la prima rappresentanza
repubblicana, che veniva dall'impegno politico, dalle carceri e dalla
clandestinita', conduceva vita austera, era mal pagata (Teresa Mattei
voleva darle il salario di un operaio romano) e certo non poteva essere
sospettata di carrierismo. E la seconda era la grande stima che non solo
circondava la rappresentanza politica in generale, anche per il legame
di importanti masse popolari con i loro partiti e i loro leaders, ma
altresi' caratterizzava i rapporti degli stessi rappresentanti, pur
avversari politici, tra loro; basti ricordare le parole di altissima
considerazione che il partigiano Dossetti ebbe a pronunciare riferendosi
alla testimonianza di un partigiano comunista del Reggiano.
Cosi'
la Costituente scrisse la prima parte e, indissolubile da questa, la
seconda parte della Costituzione; era la Costituzione naturale,
omogenea, anche se "presbite", dell'Italia e della societa' di allora. E
l'idea era che l'Italia e la Costituzione crescessero insieme.
Invece
questa corrispondenza si e' rotta. Lo sviluppo economico, il mutamento
dei costumi, i sovvertimenti dell'ordine politico ed economico
internazionale hanno cambiato radicalmente il quadro, hanno inaridito e
reciso i legami sociali senza che le grandi agenzie religiose culturali e
informative fornissero la linfa per rigenerarli. Ne' le dottrine
politiche, ne' il pensiero politico comune, ne' i comportamenti dei
cittadini si sono portati all'altezza delle nuove sfide. Sopratutto dopo
l'89, finita la guerra fredda, non si sono prodotte analisi adeguate,
non si e' progettata la nuova societa' della pace. Nessuno ha denunciato
la presa del potere da parte del Denaro, nessuno ha accusato la
societa' mondiale dell'esclusione, nessuno l'economia che uccide.
Nessuno fino a papa Francesco.
Oggi
la societa' e' piu' barbara di quella nella quale e' stata concepita e
stipulata la Costituzione del '48. Secondo le ultime statistiche europee
in Italia ci sono 7 milioni di poveri reali: ma, come i profughi, sono
dei numeri, non dei visi, delle storie, delle famiglie. Il costo di
produzione che si cerca di abbattere, fino a renderlo residuale, e' il
costo del lavoro. Cio' toglie ragione alla stessa produzione e alla
stessa economia, lasciando il primato alla finanza e alla speculazione.
Sessantadue persone nel mondo hanno una ricchezza pari a quella di tre
miliardi e mezzo di persone. E l'Europa dopo aver compiuto il reato di
omissione di soccorso, ovvero di stragi, nei suoi mari, spara sui
profughi e i fuggiaschi sopravvissuti. Spara, per ora, con proiettili di
gomma, perche' gli invasori sono venuti senza asce e bastoni. E con
alchimie prive di qualsiasi relazione con la realta', discrimina tra i
presi e i lasciati, distingue tra chi, essendo in fuga dalla fame, non
ha alcun diritto e chi, provenendo da mattatoi piu' violenti, puo'
implorare asilo dalle burocrazie europee; e su queste basi firma con la
Turchia un contratto di deportazione dei senza speranza.
Cosa
ci sta a fare in un mondo cosi' la Costituzione italiana, il
bicameralismo, il Senato, la democrazia abbondante, il controllo
parlamentare degli atti di governo? Ci vuole una Camera unica, ci vuole
un deputato unico spalmato in 340 seggi che risponda a chi l'ha nominato
e forse lo nominera' ancora. Ci vuole un partito unico, ci vuole un
comando unico di governo e partito, ci vuole un capo unico che decida
avendo come suo Primo Consigliere la Bugia. E non importa nemmeno che
questo solo al comando sia di destra o di sinistra; ai riformatori della
Costituzione questo appare del tutto irrilevante, e dal loro punto di
vista infatti lo e'.
Quello
che conta e' il disegno complessivo che viene perseguito, cioe' il
passaggio dalla democrazia rappresentativa alla democrazia
dell'investitura, dalla democrazia fondata sul Parlamento alla
democrazia fondata sul governo, dal rapporto di fiducia per cui il
Parlamento e' artefice e giudice del governo, al rapporto di potere per
cui il governo e' padre e padrone del Parlamento, dal popolo che ogni
giorno concorre in diversi modi a determinare la politica nazionale, al
popolo che una sola volta ogni cinque anni attribuisce il potere a
qualcuno e gli altri giorni e' solo spettatore manipolato dai sondaggi.
E
il risultato e' l'annichilimento della politica, per cui si crea
un'onnipotenza del potere nell'impotenza della politica e nella
subordinazione di ambedue - potere e politica - al dominio incontrastato
delle potenze finanziarie e dei mercati.
La
riflessione pertanto durante la battaglia referendaria dovra' prendere
in carico e approfondire l'analisi di questo scarto che si e' venuto a
creare tra la Costituzione italiana e la natura barbara di questa fase
della storia d'Italia, d'Europa e del mondo, scarto che politici zelanti
vorrebbero cancellare schiacciando la Costituzione sull'esistente e
addirittura riportandola indietro verso il passato pre-costituzionale,
che e' quello dell'assolutismo.
Percio'
la partita e' molto grossa e sono in gioco grandi valori. Non si tratta
solo del trucco per cui i consiglieri regionali diventano senatori, si
tratta dell'intera concezione della societa' e della storia. Si tratta
della necessita' che il pensiero unico che oggi vuole assoggettare le
istituzioni politiche sia criticato non solo dall'interno delle stesse
istituzioni, che non devono arretrare dalle posizioni raggiunte, ma sia
criticato da un punto di vista esterno, cioe' a partire da visioni e
ideali che vadano oltre la gabbia del sistema vigente, credano a un
altro mondo possibile e postulino una ben diversa interazione tra
societa' e Costituzione. Ossia c'e' la necessita' di una rivoluzione.
*
Rivoluzione
Questo
punto di vista esterno al sistema puo' essere un'ideologia, un'altra
concezione della politica, un'etica, una fede. Anche una fede: e' questa
la ragione per cui in questa campagna referendaria sono scesi in campo
anche i "cattolici del No", che hanno dichiarato di voler affermare,
proprio come cristiani, i valori della Costituzione vigente, di opporsi
al suo sovvertimento e di volerne spingere l'attuazione verso traguardi
ancora piu' alti e avanzati. Cio' ha provocato la riapertura della
grande questione, particolarmente provocante in Italia, del rapporto tra
fede e politica, che in questo caso vuol dire il rapporto tra Vangelo e
Costituzione.
Quelli
che (come alcuni cattolici vetero-maritainiani di una comunita' romana)
sostengono un'indifferenza (ovvero una sterilizzazione) della fede
rispetto alla battaglia sulla societa' e la Costituzione, si rifanno a
una concezione molto vecchia della laicita', che era giustamente
polemica nei confronti del clericalismo, ma che non corrisponde piu'
allo stato di cose presenti e non e' degna della Chiesa di papa
Francesco, che rende onore all'autonomia dell'umano e ha rivendicato la
liberta' dei laici cristiani, dichiarando che non sono mandatari di
nessun clero e portano in proprio, come tutti, la comune responsabilita'
del mondo.
Questo
tema e' pero' utile perche' ci porta a evocare una novita' di enorme
importanza. Se nella societa', in Europa, nel mondo, occorre una
rivoluzione, non si puo' non rilevare che proprio nell'ambito della fede
una straordinaria rivoluzione e' avvenuta nell'arco dei 50 anni che
vanno dal Concilio del Novecento al pontificato di papa Francesco. Senza
che forse ce ne accorgessimo, c'e' stata ed e' in corso una svolta
epocale del cristianesimo - non solo della Chiesa, ma dello stesso
annunzio di fede - e forse dell'idea stessa di religione, che potrebbe
avere conseguenze durature non solo sulle altre confessioni cristiane,
ma sull'Islam, sulle diverse culture, e sullo stesso rapporto tra l'idea
di Dio e l'umanita' come tale.
Di
questo "aggiornamento" fanno parte la rivalutazione, con papa Giovanni,
della liberta' umana (non piu' espropriata in nome della verita'),
l'ammissione del pluralismo religioso e della non esclusivita' della
Chiesa cattolica come via di salvezza (col Concilio), il definitivo
congedo da ogni idea di un Dio violento (col cardinale Muller, prefetto
del dicastero della Fede), il superamento della concezione sacrificale
per cui il Padre per essere risarcito del peccato umano esigesse la
morte cruenta del Figlio (cosa "in se' del tutto errata" secondo il papa
emerito Benedetto), il riconoscimento di un unico popolo di Dio
comprendente gia' ora l'umanita' tutta intera, testimoniato da papa
Francesco, e infine l'affermazione della misericordia come culmine del
messaggio evangelico. A ben vedere il primato sempre richiamato della
misericordia suggerisce una comprensione della religione della
misericordia non come complemento ma come alternativa alla religione del
sacrificio, ovvero il passaggio dalla religione del sacrificio, del
"sacrum facere", che consiste nell'alienazione al sacro dell'umano, alla
religione della misericordia che consiste nel dono del cuore divino e
nella sua accoglienza nel cuore dell'umano. E' il farsi uomo e il
donarsi di Dio come alternativa all'assorbimento del profano nel sacro.
E' l'acquisto di Dio nell'umano e non lo svuotamento dell'umano nel
divino, secondo la parola della Scrittura, di Gesu', e del cristianesimo
stesso: "misericordia voglio e non sacrifici".
Se
questo e' avvenuto, sul terreno piu' difficile, vuol dire che la
rivoluzione e' possibile su ogni altro terreno. E se la societa' umana,
la comunita' internazionale, l'Europa, hanno bisogno di una rivoluzione,
essa e' gia' concepita, e' gia' invocata, e' gia' nei cantieri del
futuro; l'ha indicata papa Francesco questa mattina (nella cerimonia per
il "Carlo Magno") all'intera classe dirigente europea: non si tratta di
correggere qualche trattato con compromessi tortuosi, si tratta di
costruire ponti e abbattere muri, di passare da un'economia che punta al
reddito e al profitto in base alla speculazione e all'usura, ad
un'economia sociale che investa sulle persone, che garantisca l'accesso
alla terra, cioe' ai mezzi di produzione, al tetto e al lavoro in modo
tale che le persone e le comunita' possano mettere in gioco tutte le
dimensioni della vita, fino a un atteggiamento di adorazione; si tratta
non di rivendicare le radici cristiane dell'Europa, ma di riconoscere le
radici europee dell'incontro di popoli e di culture diverse, e
irrorarle con l'acqua del Vangelo; non si tratta dell'ora di religione
nelle scuole, ma della cultura trasversale del dialogo in tutti i
curriculi scolastici per una societa' integrata e riconciliata; si
tratta della rivoluzione di un'Europa ancora capace di essere madre, non
la sterile che non partorisce, un'Europa di cui non si possa dire che
l'impegno per i diritti umani sia stata la sua ultima utopia, e oggi,
soprattutto, si tratta di un mondo dove migrare non sia un delitto.
Questa rivoluzione deve avere un'anima che porti impressi i tratti di varie culture e bellezze, contro ogni chiusura.
E se questa sara' la societa', cosi' saranno anche le Costituzioni.
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