A quasi tre mesi dal suo inizio, il movimento popolare contro le politiche autoritarie e liberiste del governo socialista francese non solo non accenna a rientrare nei ranghi, ma anzi nel paese lo scontro sociale s’inasprisce toccando livelli mai visti negli ultimi anni.
Da giorni sei delle otto
raffinerie del Paese sono completamente o parzialmente chiuse a causa
della mobilitazione, il che ha lasciato a secco circa 4000 delle 12.000
stazioni di servizio esistenti nel paese. Le autorità sono state
costrette a chiedere agli automobilisti di non riempire i serbatoi se
non strettamente necessario e il premier Valls ha dovuto, due giorni fa,
autorizzare i petrolieri dell’Ufip a usare le riserve strategiche del
Paese.
Ieri mattina all’alba il
Ministero degli Interni ha dato ordine ai reparti speciali della polizia
di intervenire e di ‘sbloccare’ la situazione, assaltando e rimuovendo
alcuni dei blocchi e dei picchetti organizzati dai lavoratori delle
raffinerie e dai camionisti, tra i più colpiti dalla contestata Loi
Travail. Al momento dello sgombero della raffineria di Fos-sur-Mer, nel
sudest della Francia, la polizia ha incontrato però una tenace
resistenza e molti agenti sono rimasti feriti o contusi dagli oggetti e
dagli pneumatici scagliati contro di loro dai manifestanti. I reparti
antisommossa, nonostante la violenza impiegata contro gli scioperanti,
gli idranti e i lacrimogeni, hanno impiegato ben due ore per penetrare
all’interno della raffineria della Esso e nel deposito di carburante.
Un altro blitz della polizia questa mattina ha preso di mira
il deposito di carburante di Douchy-les-Mines, nel nord. Mentre ieri
sera è iniziata la protesta al terminal di Le Havre, dal quale passa il
40% delle importazioni di greggio, e da questa mattina è iniziato il
fermo del porto di Marsiglia, alla mano dura dell’esecutivo i sindacati
hanno reagito proclamando uno sciopero in tutte e otto le raffinerie
francesi.La maggior parte degli stabilimenti e dei depositi, in particolare quelli gestiti dalla Total, rimangono bloccati, occupati dai militanti del sindacato Cgt – che definire “l’equivalente francese della Cgil” è davvero sconveniente – e di Sud. I sindacati hanno infatti dichiarato che, se il governo non ritirerà la legge che precarizza il lavoro e facilita i licenziamenti, continueranno a bloccare i depositi di carburante e le raffinerie.
Di fronte alla fermezza del
sindacato e all’efficacia delle forme di lotta e di protesta i
socialisti al potere sono in evidente difficoltà, e provano a sobillare
la “maggioranza silenziosa” contro gli scioperanti anche se secondo
tutti i sondaggi quasi il 70% dei francesi è critico nei confronti della
Loi Travail. Il presidente Francois Hollande ha denunciato il “blocco”
del carburante come “una strategia di una minoranza” mentre Valls dal
canto suo ha affermato che “l’economia è bloccata” e che la Cgt sta
prendendo “in ostaggio i consumatori, la nostra economia, la nostra
industria”. Per tentare di disinnescare la protesta, l’esecutivo
promette una deroga della Loi Travail per quanto riguarda i camionisti,
ai quali il testo taglierebbe nettamente il pagamento degli straordinari
dal 25% in più attuale fino al 10%.
Il segretario del principale
sindacato francese, di tradizione comunista, Philippe Martinez, ha
attaccato il primo ministro accusandolo di fare un gioco pericoloso e di
voler mettere i cittadini contro i lavoratori che protestano
legittimamente contro una legge che va a colpire i diritti e gli
interessi di milioni di persone.
Invece di retrocedere, il
sindacato ha rilanciato la mobilitazione. Giovedì è stata da tempo
proclamata, insieme ad altre sigle, l’ottava giornata di mobilitazione
generale per il ritiro della legge dall’inizio della mobilitazione, il
31 marzo scorso. E intanto la Cgt ha proclamato una settimana di
sciopero dei camionisti e dal 2 giugno scatterà anche lo sciopero del
trasporto pubblico, compresa la metropolitana di Parigi, due iniziative
che potrebbero paralizzare totalmente il paese. Dal 3 al 5 giugno
incroceranno le braccia i lavoratori degli aeroporti e delle compagnie
aeree. Inoltre per il 14 giugno, quando la Loi Travail approderà al
Senato, dopo esser transitata all’Assemblea Nazionale senza voto
parlamentare – il governo ha imposto l’articolo 49.3 della Costituzione
che bypassa l’opinione dei deputati – sono stati indetti già nuovi
scioperi e manifestazioni.
Come se non bastasse, la
Cgt-Energia e alcune sezioni di Force Ouvriere hanno minacciato anche il
blocco delle centrali nucleari francesi all’interno della giornata di
lotta indetta per domani. Già martedì scorso alcuni black-out elettrici
hanno manifestato la rabbia dei lavoratori contro la legge El Khomri,
ribattezzata dai media “il Jobs act alla francese”: a Plan-de-Campagne,
vicino a Marsiglia, il più grande centro commerciale d’Europa è rimasto
al buio, e lo stesso è successo in un altro a Nantes. Nella città
bretone, il quarto scalo marittimo per dimensioni e traffico del paese, i
Dockers hanno incrociato le braccia per tutto il fine settimana
impedendo il carico e lo scarico delle merci e in molti casi anche
l’attracco delle navi.
Intanto gli studenti e gli
attivisti che animano il cosiddetto movimento “Nuit Debout” danno
manforte ai lavoratori – anche se con le direzioni sindacali i rapporti
rimangono tesi – bloccando le vie d’accesso ad alcun importanti centri
della logistica. Se la partecipazione alle manifestazioni è diminuita
rispetto alle scorse settimane, altrettanto non si può dire del
boicottaggio alle lezioni e agli esami nelle università non solo da
parte degli studenti ma anche di molti ricercatori e docenti.
Questo mentre nel paese si moltiplicano gli assalti contro le sedi del Partito Socialista, uno dei quali, a Grenoble, a colpi di arma da fuoco.
Questo mentre nel paese si moltiplicano gli assalti contro le sedi del Partito Socialista, uno dei quali, a Grenoble, a colpi di arma da fuoco.
A costituire un ulteriore
elemento di preoccupazione non solo per il governo francese ma per tutto
l’establishment dell’Unione Europea – il Jobs Act italiano e la Loi
Travail, così come l’accordo in Spagna tra Psoe e Ciudadanos, sono il
frutto di una strategia continentale comune dei poteri forti – c’è ora
il possibile allargamento della protesta al Belgio.
Proprio ieri, all’insegna dello
slogan “Adesso basta”, le maggiori sigle sindacali del paese sono scese
in piazza a Bruxelles contro le misure del governo di Charles Michel che
aumentano la flessibilità del lavoro e la precarietà dei contratti. In
particolare, ad essere contestata, è la cosiddetta Legge Peeters (dal
nome del Ministro del Lavoro Kris Peeters) che, presentata il mese
scorso, prevede tra le altre cose l’aumento dell’orario di lavoro
settimanale fino a 45 ore, allo scopo di rendere il paese più
competitivo e produttivo. In realtà alcuni articoli prevedono
addirittura che in alcune circostanze e sulla base delle necessità della
produzione si possa arrivare addirittura a 50 ore settimanali, ovvero
11 al giorno; così come per il Jobs Act e la Loi El Khomri, il
dispositivo contiene una detassazione per le imprese ma in questo
prevede anche un aumento delle imposte indirette per i cittadini, con la
lievitazione dell’Iva sull’elettricità, sul tabacco, sull’alcool e
sulla benzina.
I sindacati del paese – la
socialista Fgtb, la cristiana Csc e la liberale Gslb hanno chiamato i
lavoratori alla mobilitazione immediata.
Ben 60 mila le persone scese in strada ieri nonostante il clima pesante determinato dagli attentati dei mesi scorsi e da una militarizzazione del territorio che non ha nulla da invidiare a quella messa in atto dal governo francese. Il corteo ha sfilato senza problemi fino alla Gare du Midi, quando scontri sono scoppiati tra gruppi di dimostranti e i reparti antisommossa, che hanno impiegato gli idranti, i lacrimogeni e le granate stordenti per disperdere giovani e lavoratori. Numerosi i feriti e i contusi, su entrambi i fronti, e alla fine 23 persone sono state fermate dalla polizia.
Ben 60 mila le persone scese in strada ieri nonostante il clima pesante determinato dagli attentati dei mesi scorsi e da una militarizzazione del territorio che non ha nulla da invidiare a quella messa in atto dal governo francese. Il corteo ha sfilato senza problemi fino alla Gare du Midi, quando scontri sono scoppiati tra gruppi di dimostranti e i reparti antisommossa, che hanno impiegato gli idranti, i lacrimogeni e le granate stordenti per disperdere giovani e lavoratori. Numerosi i feriti e i contusi, su entrambi i fronti, e alla fine 23 persone sono state fermate dalla polizia.
Per il 31 maggio i sindacati e
le organizzazioni giovanili raccolte in una coalizione hanno annunciato
altre azioni di protesta, in particolare nei servizi pubblici, mentre
per il 24 giugno è stato già indetto uno sciopero generale.
Marco Santopadre
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