domenica 22 maggio 2016

"Marco Pannella, sempre contro gli operai. Sempre dalla parte dei poteri forti". Intervento di Gianni Marchetto

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Alla notizia della morte di Marco Pannella, la mia pancia mi ha suggerito: “uno in meno”. Provo a ragionare con la testa.
Da operaio FIAT e poi da sindacalista FIOM il Marco Pannella quando non me lo sono trovato contro, non me lo trovavo nemmeno accanto.
Negli anni ’60 lui non c’era quando non era ancora finita la discriminazione di Valletta nei confronti degli operai comunisti e dei socialisti alla FIAT. Quando per la FIOM era difficile persino raccogliere e presentare le liste per la elezione delle Commissioni Interne.
E non mi sono accorto di lui neanche quando portammo a casa la Legge 300/1970: Lo statuto dei Diritti dei Lavoratori. Anzi me lo trovai contro dopo un po’ di anni quando lui attaccò violentemente l’art. 18 (architrave dello Statuto), con l’indizione di un referendum che voleva abrogare tale articolo. A proposito di campione dei diritti dei cittadini. I lavoratori nelle aziende non sono dei cittadini?



Così come su un’autentica rivoluzione che i sindacati a partire dai metalmeccanici fecero (alla fine degli anni ’60) decretando il “suicidio” delle allora Commissioni Interne” (eletti per lista) sostituendola con i Delegati di Gruppo Omogeneo (eletti su “collegio uninominale”), fu del tutto ignorata dal nostro e si badi bene su un tema che è sempre stato un cavallo di battaglia del nostro: il collegio uninominale all’americana! Quel tanto che la FIAT mai riconobbe i Consigli di Fabbrica, in quanto ci diceva quella era una forma di elezione che non contemplava la minoranza, ergo: chi tra i lavoratori prendeva la maggioranza dei voti era il Delegato di tutto il gruppo. 

Al che Bruno Trentin e Sergio Garavini obiettarono alla FIAT che ai lavoratori non interessavano più le etichette sindacali, di partito, religiose, e quant’altro, interessavano i problemi per i quali c’era bisogno di un rappresentante: il Delegato.
Così come il movimento unitario dei lavoratori per tutti gli anni ’70 edificò nei fatti e con aspre lotte quello che in Italia è stato poi chiamato “lo stato sociale”, lui era sempre da un’altra parte.

È vero, i comunisti (almeno quasi tutti i gruppi dirigenti) erano all’inizio timorosi nell’imbarcarsi sul tema del referendum sul divorzio. Pesava la realtà composita dell’orientamento politico e ideale dei lavoratori: alla FIAT Mirafiori (dove ho fatto l’operaio) il secondo partito tra gli operai (dopo il PCI) era la DC, e questo da sempre. Però quando il PCI decise per il referendum le cose volsero decisamente a favore dei referendari. Personalmente ho il ricordo di tanti volantini distribuiti ai cancelli della fabbrica, di tanti comizi alle porte e di trovarmi in piazza centrale a Rivoli dove assieme ad un altro compagno commentavo su dei tabelloni i risultati del referendum che ci arrivavano dai vari seggi elettorali. E invece il Pannella quando si rifaceva a quella esperienza la volgeva sempre contro i “trinariciuti comunisti”. Domanda: e la DC? Stessa identica cosa sul referendum sull’aborto.

Chi come il sottoscritto era approdato dalla democrazia rappresentativa (democrazia delle opinioni) alla democrazia diretta (compreso l’istituto del referendum), provò un certo sconcerto a vedere le lenzuolate che il Pannella negli anni impose con i suoi referendum, tutti o quasi persi. Problema è che assieme a suoi referendum nella coscienza dei cittadini è stata persa anche la bontà dell’istituto referendum. Al che viene da pensare anche ai recenti 8 (otto!) referendum della CGIL.

Nei suoi torrenziali e veementi discorsi non c’è mai stato una volta un riferimento per es. ad Antonio Gramsci, così come figure come ad intellettuali e dirigenti del sindacato come Bruno Trentin, Sergio Garavini, Pierre Carniti. Ma dove viveva il Marco Pannella?
E per carità di patria meglio stendere in velo pietoso rispetto a tutte giravolte dell’ultimo Pannella. Con Berlusconi, poi con Prodi, con Marchionne. Sempre contro gli operai, sempre anticomunista, sempre amico dei poteri forti.  E qui mi taccio.

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