Almeno 350 milioni di euro non riscossi dal Comune per gli immobili dati a privati e associazioni. Sono i primi calcoli della Corte dei Conti. Obiettivo: rivalersi sui politici e i dirigenti che saranno ritenuti responsabili.
L'espresso Luca PianaPer gli amanti del Risiko l’immagine più appropriata potrebbe essere questa. Ci sono numerosi dirigenti del Comune di Roma, arroccati nella capitale nella speranza di passare la notte del commissariamento e arrivare alle elezioni di inizio giugno, sperando di farla franca. E c’è sul fronte opposto la Corte dei Conti, che ha schierato i propri carri armati tutto intorno, nei territori a Nord e in quelli che premono da Sud. L’effetto dell’accerchiamento predisposto dai magistrati contabili è che il futuro sindaco, destinato a insediarsi a Roma dopo il voto, non potrà smontare il lavoro fatto dal commissario Francesco Paolo Tronca per portare alla luce lo scandalo degli affitti delle case di proprietà del Comune .
È questa la conseguenza politica più importante di una lettera di tre pagine, firmata lo scorso aprile da Ugo Montella, vice procuratore generale della Corte dei Conti, sezione Lazio. Un documento che in stile burocratico lancia un monito pesantissimo a chi ha reso possibile lo scempio degli appartamenti affittati a pochi euro al mese, dei canoni mai riscossi, degli edifici “fantasma”, in apparenza inesistenti nei database del Campidoglio ma in realtà occupati. Un’incuria che ha causato un buco gigantesco nelle casse del Comune di Roma. La Corte, in estrema sintesi, ha deciso di delegare sette degli undici funzionari pubblici che hanno lavorato in questi mesi per Tronca - magistrati e ufficiali delle forze dell’ordine, componenti la segreteria tecnica del prefetto - a svolgere una serie di nuovi compiti, se necessario portando avanti l’impegno oltre il termine del commissariamento.
Scorrendo l’elenco dei sei diversi mandati assegnati da Montella al pool, che vanno dal ricalcolo degli affitti nelle case del centro storico alla mappa degli edifici fantasma, emerge la natura tecnica della delega: quantificare nella maniera più dettagliata possibile i danni subiti dalla città, per poi chiederne il risarcimento a coloro che verranno identificati come i responsabili. Si tratta ovviamente di un primo passo, perché finora gli uffici di Tronca si sono occupati di un campione di 574 immobili nel primo municipio, compreso fra il Centro storico e rioni come Trevi, Trastevere, Monti e Testaccio.
Completato questo lavoro, tuttavia si aprono prospettive molto interessanti, perché l’intero patrimonio di Roma Capitale comprende oltre 28 mila immobili, che potranno generare un reddito davvero ingente per la città, se verrà sottoposto alla stessa operazione-pulizia, con le procedure predisposte e testate da Tronca. Nei fatti, dunque, la scelta dei magistrati contabili avrà un effetto politico: sarà difficile per chiunque arriverà in Campidoglio dopo le elezioni di domenica 5 giugno (o dopo il ballottaggio di due settimane più tardi) far finta che tutto sia ormai in ordine, tornando poi all’andazzo di prima. Giusto per avere un’idea, si può indicare la stima del tutto preliminare riportata nella relazione che la segreteria tecnica di Tronca aveva redatto alla fine dello scorso mese di marzo, e che era stata consegnata in Procura e alla stessa Corte dei Conti. Lì c’era scritto che «la morosità complessiva su tutto il patrimonio di Roma si esprime per volumi superiori a 350 milioni di euro». Un’enormità, che ora sarà possibile quantificare in modo più puntuale.
Da mesi, in effetti, la capitale si sta confrontando tutti i giorni con lo scandalo, subito battezzato “Affittopoli”. Giusto tre esempi. Sono emersi casi surreali, come i canoni risibili pagati per appartamenti in zone centralissime, gli 1,81 euro al mese a due passi dalla stazione Termini, i 5,18 euro nei pressi di Campo de’ Fiori, i 32,96 euro con vista sul Colosseo.
Si è saputo che questi affitti, per quanto bassi, il Comune spesso non riusciva nemmeno a riscuoterli, come dimostra l’anno 2015, non una vita fa: sui 50,7 milioni di euro “bollettati”, come vengono definiti i canoni per cui era stato emesso il bollettino di pagamento, quelli effettivamente incassati ammontano a soli 22,5 milioni, meno della metà. E sono partite, infine, le prime contestazioni, con il conseguente sgombero di appartamenti occupati in maniera illecita e con l’avvio dei necessari procedimenti in tribunale per permettere alla città di riavere i propri beni.
Se questa è la cronaca degli ultimi mesi, il lato interessante della delega firmata dalla Corte dei Conti è che permette di capire nei dettagli che cosa accadrà d’ora in poi. La squadra dei tecnici incaricati dalla Corte, coordinati da Carla Romana Raineri - il magistrato che ha firmato la relazione della segreteria tecnica di Tronca - sta dando risposta ai quesiti posti dalla Corte per quantificare il danno per l’erario. Uno dei quesiti, stando a quanto trapela, ha come oggetto proprio la valutazione di quanto reddito, negli ultimi dieci anni, avrebbero potuto generare gli immobili fantasma, se fossero stati affittati a prezzi di mercato.
Un secondo incarico affidato da Montella riguarda invece tutti gli appartamenti che risultino morosi oggi o che lo siano stati per un certo periodo nell’ultimo decennio, in modo da poter calcolare con precisione quali siano state le somme mai versate. Un terzo mandato, invece, si spinge in un campo ancora più complesso. Si dovrà fare un elenco di tutti gli immobili che rispondono a determinati requisiti, fra i quali una superficie superiore ai 100 metri quadri e un affitto inferiore ai mille euro al mese. Una volta completata la mappa, il pool dovrà valutare quale sarebbe stato il gettito generato per le casse della città se tutti fossero stati affittati a prezzi di mercato, in modo da poter, ancora una volta, giungere alla cifra che il Comune ci ha perso.
Tra gli incarichi affidati dalla Corte alla squadra coordinata da Raineri, ce ne sono due che mettono a fuoco, in particolare, il ruolo svolto in tutta la vicenda dalla Romeo Gestioni, la società di servizi immobiliari che appartiene all’imprenditore napoletano Alfredo Romeo e che vanta fra i propri clienti le più prestigiose istituzioni dello Stato, dalla Presidenza della Repubblica al Senato. Per afferrare bene il senso, bisogna tornare alla relazione della segreteria tecnica di Tronca, dove viene analizzato il contenzioso fra il Comune e gli inquilini morosi. Semplificando al massimo, si può dire che il Campidoglio aveva affidato per intero la gestione dei 1.122 casi di contenzioso alla Romeo Gestioni, che individuava gli avvocati privati a cui affidare le cause, con il conseguente aumento dei costi legato alle parcelle professionali. Eppure, in più di quattro casi su cinque, quelle cause non erano necessarie, perché si trattava di case popolari, per le quali il Comune avrebbe, è scritto nella relazione, «potuto e dovuto agire direttamente», senza pagare per un avvocato.
L’allungamento dei tempi che ne conseguì ebbe un’altra ripercussione. Nel 2010, Alfredo Antoniozzi, assessore al Patrimonio della giunta Alemanno, firmò «una sospensione delle procedure giudiziarie» nei confronti degli inquilini abusivi. Seguita, nel giugno 2014, da una prima delibera della giunta Marino che «si proponeva di regolamentare i contratti di locazione» di 165 appartamenti con inquilini morosi, equiparandoli di fatto agli abitanti delle case popolari. E, nel febbraio 2015, da una seconda delibera per la vendita di altri 577 immobili, residenziali e non. Azioni che, stando alle valutazioni dei tecnici guidati dal magistrato Raineri, hanno contribuito a «privare il patrimonio del Comune delle migliori potenzialità di valorizzazione economica», nascondendo dietro la finalità sociale di sanare i contenziosi «i peggiori fenomeni distorsivi e di cattiva amministrazione».
Ma c’è di più. Nel provvedimento firmato dal procuratore Montella, la Corte dei Conti fa riferimento a una seconda questione relativa alla Romeo Gestioni che, forse più di tutte, colpisce l’immaginazione. Si tratta dell’archivio dove tutti gli atti relativi agli immobili del Comune venivano conservati dalla Romeo, che si occupava dal 1997 della gestione di tutto il patrimonio.
Nell’ottobre 2014, però, la società dell’imprenditore napoletano passò la mano a un’altra ditta, e dovette restituire l’intera documentazione. Al Comune arrivarono così 130 bancali di scatoloni, numerati progressivamente ma «senza alcun criterio identificativo degli atti», che non erano raccolti «in fascicoli riconducibili ad un preciso immobile ovvero ad un singolo titolare del rapporto» di affitto. Il riordino di quella massa di carte è stato iniziato solo dopo il commissariamento, impegnando diverse persone che stanno lavorando tuttora, com’è stato raccontato da Tronca in una recente occasione pubblica. Per questo motivo la Corte dei Conti chiede ora il calcolo dei costi sostenuti per dare un senso all’archivio. Se si riuscirà a farli pagare ai responsabili, si vedrà. Ma, purtroppo, il danno in parte è ormai irrecuperabile. Perché l’impossibilità di rintracciare le carte giuste in quel mare magnum, in molti casi rischia di aver fatto decorrere i termini per la prescrizione del contenzioso con gli inquilini morosi.
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