giovedì 11 febbraio 2016

Romano Prodi lancia l'allarme sull'economia: "Siamo in emergenza, serve un vertice internazionale".

"Bisogna far presto, si deve riunire in tempi rapidissimi un tavolo internazionale su temi economici e politici. I drammi non sono i ribassi della borsa ma l'inquietudine generale di tutto il sistema economico". Romano Prodi, una una conversazione con l'Agi, lancia l'allarme sull'economia. "Siamo in emergenza: rallenta la crescita, siamo di fronte alla crisi drammatica di alcuni grandi paesi e si prospettano svalutazioni competitive. Quando tutto è in subbuglio se non si arriva a una riunione di emergenza i rischi sono altissimi".

ROMANO PRODIL'ex presidente non si sbilancia sulla forma di questo incontro "ma si deve fare subito: c'è una eccessiva quantità di variabili che si agitano tutte insieme". E questo ovviamente investe anche il nostro Paese in cui, dopo mesi, lo spread torna a salire: "Accanto a questo mi preoccupa la crescita del debito che, dopo il calo dei miei due governi, vedo pericolosamente aumentare" ha spiegato prodi notando come, ovviamente, tale dato macroeconomico non aiuti l'andamento dei titoli di Stato. Un allarme, quello di Prodi, che non si limita solo alle tensioni economiche ma investe diversi settori e analizza fenomeni globali necessariamente interconnessi, dalle crisi di Siria, Libia e Ucraina, alla emergenza migranti, dal calo del petrolio e delle materie prime alla frenata di Cina e Africa.

Prodi si sofferma a lungo sulla crisi libica. Il nuovo governo, se nascerà, secondo l'ex premier sarà una soluzione parziale e temporanea ed è da escludere l'intervento di terra come opzione per combattere l'Isis in Libia e pacificare un Paese in guerra civile. "Ho fatto già più volte presente le difficoltà enormi che ci sono per questo governo, guidato da Fayez el-Sarraj, proprio perchè la sua autorità sul territorio è molto parziale. Si devono fare i conti con tutta una serie di forze che, se non si siederanno intorno al tavolo, renderanno difficile una soluzione definitiva. Tutti gli osservatori più attenti sperano in un accordo di governo, perchè una tregua è oggi indispensabile, ma nell'analisi profonda sono altrettanto concordi nel dire che sarebbe una soluzione temporanea e parziale.
Molto meglio di una guerra aperta, ma l'accordo ha un'efficacia parziale ed è ancora difficile". Qualcuno ipotizza un ruolo dell'Italia simile a quello ricoperto guidando Unifil in Libano, ma Prodi, che fu ideatore di quell'operazione, mette in guardia dai confronti: "allora ci fu un accordo internazionale, siamo stati richiesti, siamo stati graditi e siamo stati bravi. Ma soprattutto c'era un vuoto che ci hanno chiesto di riempire. In Libia c'è troppo pieno: Unifil può essere difficilmente ripetuta. Se ripetessimo quel modello in Libia, si aprirebbe subito un conflitto, verremmo considerati come nemici cronici. Insomma, è un'azione che non è realistica". Questa analisi vale ovviamente al momento, se invece si desse vita a un governo stabile e tale governo chiedesse l'aiuto di una forza internazionale, il quadro cambierebbe: "Quando si aprono nuove prospettive si valutano. Una volta che ci saranno questi passaggi si rifletterà".

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