dinamopress riccardo carraro
Fuori Mercato va a San Paolo, su una collina verde in mezzo ai palazzi, dove ha trovato casa La Città dell'Utopia. Un altro spazio strappato all'abbando e restituito al quartiere, alla città, al mondo.
Il Casale Garibaldi, sede del progetto “La Città dell'Utopia” è anzitutto un'anomalia urbana che colpisce chiunque si aggiri per San Paolo: un casale di fine settecento, in cima ad una collinetta di tufo, che si innalza circondato da pini contro il grigiore di alti palazzi, figli di quell'espansione urbana della Roma anni '60 che inghiottì ettari di campagna.La sua storia, per chi ha avuto la fortuna di conoscerla, colpisce allo stesso modo della sua morfologia. Augusto Volpi, imprenditore illuminato, anarchico e antifascista aveva aperto in questo casale un'osteria, che negli anni successivi alla prima guerra mondiale era luogo di ritrovo per gli antifascisti del quartiere e addirittura base per una piccola brigata di Partigiani durante la seconda guerra mondiale. È risaputo che storia e geografia nei quartieri di Roma si mescolano spesso: a poco più di un chilometro, lungo via Ostiense, c'è quella Porta San Paolo dove nell'ottobre '43 iniziò la Resistenza che restituì dignità e vita all'Italia.
Tuttavia, il Casale Garibaldi durante il secondo dopoguerra cambiò la sua destinazione e perse il valore di luogo di ritrovo sociale. La Collina Volpi, al tempo ancora ricca di prati, venne in poco tempo mangiata e sbancata dalla voracità di asfalto e cemento. Venne addirittura deciso che, per fare spazio alla nuova via Leonardo da Vinci, fosse necessario abbattere il casale ed eliminare quanto rimaneva della collina. Per fortuna, i proprietari del tempo si opposero alla decisione del comune e la via venne deviata fino a prendere il percorso attuale, che aggira il casale. Bisogna essere grati anche a loro se oggi, con la normativa vigente, lo stabile è un edificio storico riconosciuto e protetto da due Sovraintendenze ai Beni Artistici.
Alle soglie degli anni 2000, passato a proprietà comunale e dopo un prolungato periodo di abbandono, l'edificio versava in condizioni misere, così come il giardino circostante.
Nel 2003, sull'onda lunga del movimento altermondialista di quegli anni, attiviste e attivisti del Servizio Civile Internazionale entrano nel casale, rinominandolo “La Città dell'Utopia” e sognando di renderlo un luogo di socialità e solidarietà, internazionalismo, cittadinanza attiva e partecipazione, intercultura e inclusione sociale: un esempio concreto, all'interno di un territorio specifico, di quello che la storica associazione pacifista cerca di costruire nei vari contesti mondiali in cui è coinvolta.
Iniziano così infiniti lavori di autorecupero, cura e tutela della struttura, svolti per lo più attraverso campi di volontariato a cui partecipano attivist* giovan* e meno giovan* di tutto il mondo. Partono numerose attività, dai corsi offerti al quartiere a prezzi popolari, alle iniziative pubbliche, dai laboratori al recupero collettivo del giardino.
Nel 2004, il Servizio Civile Internazionale ottiene dal Municipio Roma XI (oggi VIII) un'assegnazione biennale sulla base della presentazione di un progetto focalizzato su partecipazione, intercultura, sostenibilità e inclusione sociale. Tale assegnazione viene rinnovata, sempre con carattere biennale, fino al 2014.
La Città dell'Utopia cresce come laboratorio, sempre aperto ad evoluzioni e nuove progettazioni, che cerca di valorizzare le istanze e le capacità di chi lo anima e lo vive. Sono passati 12 anni dalla prima assegnazione e il progetto ha vissuto varie evoluzioni e processi interni. Oltre al ruolo chiave del Servizio Civile Internazionale, è stato di fondamentale importanza il contributo offerto da tante associazioni e realtà che hanno trovato ne La Città dell'Utopia una “casa”, animandola e contribuendo alla sua produzione culturale e politica. Dal 2006, lo spazio aderisce al collettivo terra/TERRA e organizza una volta al mese il mercatino contadino di artigiani e produttori nella piazzetta antistante. Un evento che continua ad essere fondamentale per il quartiere San Paolo. Nel 2007, nasce un gruppo di acquisto solidale e l'associazione di ciclisti Ruotalibera inizia a incontrarsi all'interno dello spazio. Sempre nel 2008, La Città dell'Utopia ospita la prima edizione romana del Festival Internazionale della Zuppa, un evento in rete con decine di città nel mondo, che vuole promuovere socialità e cultura attraverso la condivisione di un piatto “internazionale” come la zuppa. Il 10 aprile 2016 si terrà la nona edizione del festival.
Dal 2008, anche l'associazione Laboratorio 53 svolge le sue attività all'interno del Casale. Quest'associazione lavora con migranti, in particolar modo rifugiati e richiedenti asilo, attivando non solo la classica attività di sportello, ma anche un gruppo di auto-mutuo-aiuto, con l’intento di scardinare la verticista logica dell'aiuto, che purtroppo contraddistingue spesso questo tipo di intervento. In tal senso, il lavoro di Laboratorio 53 è in piena sintonia con l'approccio partecipativo e “laboratoriale” che contraddistingue metodo e azione de La Città dell'Utopia. Sull'onda delle mobilitazioni contro il pacchetto sicurezza nel 2009 si organizza la prima edizione del No Border Fest, che richiama tantissimi partecipanti e affronta contenuti che bruciano i confini.
Nell’ultimo periodo, si sono avvicinate al progetto altre realtà importanti, come l’associazione Eduraduno, un collettivo di studenti medi, e l’associazione Ingegneri Senza Frontiere. Entrambe contribuiscono sia alla vita che alla costruzione di contenuti de La Città dell’Utopia, facendo crescere la complessità e la ricchezza della proposta che questo spazio offre alla cittadinanza.
In tutti questi anni, non sono mancati i momenti faticosi. Nel 2009, la direzione del Municipio XI cerca di dichiarare la pericolosità dello spazio per sancirne la chiusura. La risposta popolare è un'assemblea pubblica con centinaia di persone, il 16 febbraio 2009, che costringe le istituzioni a fare marcia indietro. Paradossalmente, mentre l'autorità cittadina cerca uno strumento per chiudere lo spazio, il Servizio Civile Internazionale trova i fondi, attraverso un bando regionale, per riuscire a restaurare il Casale Garibaldi e convince il Municipio (che ne ha titolo in quanto gestore dello stabile per conto di Roma Capitale) a partecipare al bando.
Vinti i fondi, i lavori partono in estremo ritardo, e si svolgono con infinita lentezza, tra settembre 2011 e marzo 2013, con varie “interruzioni” a causa della macchina burocratica regionale e della poca volontà politica che c'è dietro a questa. Vicende note a tutti ci hanno mostrato dove sono finiti i soldi dell’ultima parte di lavori mai ultimati.
Ad Aprile 2014, termina l'ultimo periodo di assegnazione per il Servizio Civile Internazionale. Le attiviste e gli attivisti già da ottobre 2013 chiedevano con insistenza un rinnovo: è qui che inizia il valzer della non-volontà politica. La prospettata assegnazione pluriennale tramite delibera 26 non viene più menzionata: nel frattempo, infatti,è entrata in vigore la famigerata delibera 140. Soprattutto, prevale ormai una visione politica, quella che definisce la stessa delibera, secondo cui il patrimonio del comune è solo uno strumento per fare cassa, senza alcuna attenzione per i progetti che lo abitano. In questa visione, la retorica legalista del bando serve solo a nascondere la mercificazione degli spazi pubblici.
E qui si trova l'ennesimo paradosso: il Servizio Civile Internazionale è un'associazione riconosciuta dall'Onu e pertanto rientrerebbe nel rigidissimo articolo 5 della delibera 140, come spiegato in “Fuori Mercato 2”. Nonostante ciò, nell'estate 2015 c'è un tentativo dell'allora direttore di municipio di sgomberare la struttura. Solo le mobilitazioni fermano la minaccia. Tuttavia, a quasi 8 mesi di distanza, sembra ancora lontana anni luce la possibilità concreta di avere un'assegnazione. E il rimpallo di responsabilità tra uffici municipali e comunali rallenta qualunque decisione. Il rischio di mettere a repentaglio il patrimonio politico di esperienze svolte in questi 12 anni rimane molto elevato.
D'altro canto, c'è una certezza per tutt* gli/le attivist* che animano La Città dell'Utopia. Da lì non si muoverà nessuno. Il progetto seguirà il suo cammino e continuerà a svolgere le sue attività. La resistenza trasuda dalle mura di questo spazio, chi lo ha reso vivo saprà metterla in atto, ogni qual volta sarà necessario.
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