Per Greenpeace, come per numerose altre sigle della società civile
intervenute, il TTIP rappresenta “una minaccia per la democrazia, la
protezione dell’ambiente, gli standard di sicurezza sulla salute, le
condizioni dei lavoratori, a tutto vantaggio delle multinazionali, a cui
verrebbe dato un potere senza precedenti”. Il 27 è previsto il nuovo
round di colloquio. Si sta procedendo quindi a tappe forzate. Le
multinazionali vogliono evitare che la questioni entri nella fase delle
elezioni in Usa. Ciò farebbe slittare il tutto di un altro anno.
“Negoziatori della Commissione Europea e del dipartimento del commercio degli Stati Uniti – spiega Greenpeace – hanno in programma cinque giorni di trattative su un particolare e controverso aspetto del TTIP, che permetterebbe a investitori stranieri di sfidare le norme che difendono cittadini e ambiente, anche per aspetti come il cibo, l’inquinamento chimico e l’energia. Lo schema proposto dalla Commissione – conosciuto come Investment Court System (ICS) – darebbe a una “Corte di Investimenti” priorità rispetto ai Paesi per difendere interessi privati degli investitori.”
Il rischio denunciato da più parti è che attraverso questo sistema le multinazionali siano in grado di fare causa agli Stati, e di vincere, mettendo a rischio l’autonomia di questi nel prendere decisioni in favore dei propri cittadini ma in qualche modo lesive dei profitti delle aziende. Per Greenpeace l’ICS potrebbe infatti “istituire un sistema giudiziario privilegiato che consentirebbe alle multinazionali di bypassare le corti nazionali” e consentire ai suoi giudici, che non verrebbero assegnati a questa corte in via permanente, di potere accettare incarichi dalle aziende private. Viene poi denunciato il rischio che siano violati i principi democratici e il diritto dei governi ad adottare e applicare leggi.
“L’istituzione di una corte speciale a protezione dei profitti delle aziende private è una seria minaccia per la democrazia – dice Andrea Carta, consigliere legale di Greenpeace European Unit – Quanto proposto dalla Commissione sarebbe a tutto svantaggio del commercio locale e minaccerebbe il diritto dei governi di adottare leggi a tutela dei cittadini e contro gli interessi delle multinazionali”.
Il problema che denunciano gli oppositori del TTIP è la rimozione di una serie di barriere non tariffarie che riguardano dunque leggi e regolamentazioni nei diversi settori dell’economia, con normative spesso molto diverse fra Usa e Ue. “Questo accordo non riguarda il commercio, bensì il trasferimento di potere decisionale dalle persone alle grandi multinazionali – afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile e Progetti Speciali di Greenpeace Italia – Quelle che la Commissione europea chiama barriere al commercio sono di fatto misure di sicurezza che tengono lontani OGM e pesticidi dal cibo che mangiamo e le sostanze tossiche dall’aria che respiriamo. Le negoziazioni a porte chiuse di questi giorni vorrebbero indebolire questi standard di sicurezza e massimizzare il profitto delle multinazionali, non importa con quali costi per persone e ambiente. È nostra responsabilità denunciare tutto questo e dare voce ai milioni di persone che si oppongono al TTIP”.
“Negoziatori della Commissione Europea e del dipartimento del commercio degli Stati Uniti – spiega Greenpeace – hanno in programma cinque giorni di trattative su un particolare e controverso aspetto del TTIP, che permetterebbe a investitori stranieri di sfidare le norme che difendono cittadini e ambiente, anche per aspetti come il cibo, l’inquinamento chimico e l’energia. Lo schema proposto dalla Commissione – conosciuto come Investment Court System (ICS) – darebbe a una “Corte di Investimenti” priorità rispetto ai Paesi per difendere interessi privati degli investitori.”
Il rischio denunciato da più parti è che attraverso questo sistema le multinazionali siano in grado di fare causa agli Stati, e di vincere, mettendo a rischio l’autonomia di questi nel prendere decisioni in favore dei propri cittadini ma in qualche modo lesive dei profitti delle aziende. Per Greenpeace l’ICS potrebbe infatti “istituire un sistema giudiziario privilegiato che consentirebbe alle multinazionali di bypassare le corti nazionali” e consentire ai suoi giudici, che non verrebbero assegnati a questa corte in via permanente, di potere accettare incarichi dalle aziende private. Viene poi denunciato il rischio che siano violati i principi democratici e il diritto dei governi ad adottare e applicare leggi.
“L’istituzione di una corte speciale a protezione dei profitti delle aziende private è una seria minaccia per la democrazia – dice Andrea Carta, consigliere legale di Greenpeace European Unit – Quanto proposto dalla Commissione sarebbe a tutto svantaggio del commercio locale e minaccerebbe il diritto dei governi di adottare leggi a tutela dei cittadini e contro gli interessi delle multinazionali”.
Il problema che denunciano gli oppositori del TTIP è la rimozione di una serie di barriere non tariffarie che riguardano dunque leggi e regolamentazioni nei diversi settori dell’economia, con normative spesso molto diverse fra Usa e Ue. “Questo accordo non riguarda il commercio, bensì il trasferimento di potere decisionale dalle persone alle grandi multinazionali – afferma Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura Sostenibile e Progetti Speciali di Greenpeace Italia – Quelle che la Commissione europea chiama barriere al commercio sono di fatto misure di sicurezza che tengono lontani OGM e pesticidi dal cibo che mangiamo e le sostanze tossiche dall’aria che respiriamo. Le negoziazioni a porte chiuse di questi giorni vorrebbero indebolire questi standard di sicurezza e massimizzare il profitto delle multinazionali, non importa con quali costi per persone e ambiente. È nostra responsabilità denunciare tutto questo e dare voce ai milioni di persone che si oppongono al TTIP”.
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