“Ieri la Senatrice Cattaneo, oggi la direttrice del CERN Guidotti, ed ogni giorno le voci dei 10 mila precari degli enti di ricerca e dei ricercatori e tecnici a tempo indeterminato, tutti a testimoniare che la Ricerca italiana sta vivendo la peggior condizione mai vissuta negli ultimi 20 anni”, così Claudio Argentini dell’USB P.I Ricerca.
“Persino Berlusconi rispetto a Renzi impallidisce – incalza
Argentini - e non è un caso che questo governo abbia supportato e
supporti un ente come l’IIT, dove il lavoro nero, l’elusione
previdenziale e dei diritti sfrutta quasi un migliaio di ricercatori, a
tutti gli effetti subordinati ma nascosti sotto false collaborazioni
coordinate e continuative”.
“Perché la piaga del precariato sintetizza tutti i mali della ricerca pubblica italiana – sottolinea il rappresentante USB – con la mancanza dei fondi, che provoca l’abbassamento dei diritti e dei salari, il blocco delle assunzioni e delle carriere, che ci rendono la cenerentola europea; la disorganizzazione amministrativa e la mancanza di una governance, che non può essere certo svolta da una nuova agenzia baraccone, ma che invece deve essere centralizzata su Presidenza del Consiglio e direttamente sul MEF per il finanziamento”.
“E non è solo questo - prosegue il sindacalista - Renzi ripercorre le orme di Brunetta anche sui comparti di contrattazione, inserendo gli Enti di Ricerca e l’Università in un comparto come la Scuola dove la falsa meritocrazia, i presidi ‘sceriffo’ e la asfittica mancanza di fondi hanno avviato un processo di privatizzazione e di marginalizzazione dei lavoratori che coinvolgerà per forza di cose anche i ricercatori e il personale che li coadiuva”.
“Raccogliendo la rabbia dei lavoratori e le analisi dei maggiori esponenti del settore, non possiamo che rafforzare la nostra mobilitazione con una primavera di lotta nella ricerca. Abbiamo indetto lo stato di agitazione – annuncia Argentini - ed il 3 marzo prossimo abbiamo organizzato a Roma l’assemblea nazionale della ricerca pubblica”.
“L’assemblea si terrà in uno dei luoghi simbolo della lotta contro Brunetta, l’ISPRA, ente che nell’inverno tra il 2009 e 2010 vide il tetto della sede di Casalotti occupato dai lavoratori per 59 giorni. Per dire basta alla propaganda del governo su questo settore, per recuperare diritti e funzioni, per respingere la privatizzazione e la precarizzazione, per rilanciare la Ricerca”, conclude Argentini.
“Perché la piaga del precariato sintetizza tutti i mali della ricerca pubblica italiana – sottolinea il rappresentante USB – con la mancanza dei fondi, che provoca l’abbassamento dei diritti e dei salari, il blocco delle assunzioni e delle carriere, che ci rendono la cenerentola europea; la disorganizzazione amministrativa e la mancanza di una governance, che non può essere certo svolta da una nuova agenzia baraccone, ma che invece deve essere centralizzata su Presidenza del Consiglio e direttamente sul MEF per il finanziamento”.
“E non è solo questo - prosegue il sindacalista - Renzi ripercorre le orme di Brunetta anche sui comparti di contrattazione, inserendo gli Enti di Ricerca e l’Università in un comparto come la Scuola dove la falsa meritocrazia, i presidi ‘sceriffo’ e la asfittica mancanza di fondi hanno avviato un processo di privatizzazione e di marginalizzazione dei lavoratori che coinvolgerà per forza di cose anche i ricercatori e il personale che li coadiuva”.
“Raccogliendo la rabbia dei lavoratori e le analisi dei maggiori esponenti del settore, non possiamo che rafforzare la nostra mobilitazione con una primavera di lotta nella ricerca. Abbiamo indetto lo stato di agitazione – annuncia Argentini - ed il 3 marzo prossimo abbiamo organizzato a Roma l’assemblea nazionale della ricerca pubblica”.
“L’assemblea si terrà in uno dei luoghi simbolo della lotta contro Brunetta, l’ISPRA, ente che nell’inverno tra il 2009 e 2010 vide il tetto della sede di Casalotti occupato dai lavoratori per 59 giorni. Per dire basta alla propaganda del governo su questo settore, per recuperare diritti e funzioni, per respingere la privatizzazione e la precarizzazione, per rilanciare la Ricerca”, conclude Argentini.
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