Assenze in aula, ingiurie, insulti, turpiloquio, urla e aggressioni verbali di eccezionale brutalità non sono purtroppo sconosciute ai parlamentari italiani. Ma nel caso della legge sulle unioni civili la situazione si è appesantita sino a essere insopportabile a causa della disonestà intellettuale di molti, delle reazioni isteriche di altri e della vera o finta, ma comunque ostentata, ignoranza anche delle più elementari nozioni relative alla questione dibattuta.
Amalia Signorelli Antropologa
Oggi viviamo in un pianeta sovraffollato, ben diverso dal semideserto globo delle nostre origini; la specie rischia di estinguersi semmai perché siamo troppi, non troppo pochi. In questa nuova situazione diviene accettabile la pratica dell’eros programmaticamente separata dalla procreazione, pratica severamente condannata quando eravamo pochi e il popolo eletto ringraziava il suo Dio che concedeva loro discendenze numerose come le stelle in cielo e i granelli di sabbia nel deserto. Oggi siamo monogami, ma siamo ben lontani dalla media per ogni donna di una gravidanza ogni dieci, dodici, al massimo diciotto mesi. Eppure fare un figlio ogni quattordici mesi potrebbe essere considerato perfettamente “naturale” per le donne sane e robuste. In realtà il ragionamento è radicalmente sbagliato: un figlio ogni quattordici mesi non è “naturale”, semplicemente è compatibile con l’anatomia e la fisiologia di una donna sana. Se sia naturale, è impossibile deciderlo, posto che la nostra esperienza della natura è sempre filtrata e mediata dalla cultura: e la cultura ci dice ciò che è desiderabile oppure orribile, ciò che ci emancipa oppure ci opprime. Non ci dice cosa è naturale.
Quando si discute di unioni civili la questione di ciò che è “natura” e di ciò che è “contro natura” incombe pesantissima. Le unioni omosessuali sono state per secoli considerate contro natura, perché “contro natura” erano considerati coloro che a queste unioni davano vita. Oggi che la scienza, la ricerca e l’esperienza hanno dimostrato che non si tratta né di pazzia né di malattia, non li si può più chiudere in prigione o in manicomio. Anzi addirittura, se si dà retta all’Europa, bisogna riconoscere loro alcuni diritti civili simili a quelli di cui godiamo noi “normali”. Sono dunque come noi? Non sono diversi da noi?
I diversi inclusi in un gruppo sociale servono a vari usi: per esempio servono come oggetto da inferiorizzare per consentire ai “normali” di sentirsi superiori. Non c’è niente come un omosessuale per far sentire un maschio umano nella pienezza della propria potenza gonadica. “Io sì che sono un vero uomo, mica come quello schifoso lì, contro natura…” ecc. Ed ecco che, costretti a rinunciare all’inferiorizzazione del diverso come soggetto umano, i parlamentari italiani si sono inventati un brillante escamotage: lo spostamento dell’inferiorità un passo più avanti. “Non siete inferiori a noi quanto a rapporti sessuali, ma non potete riprodurvi: ergo autorizzarvi ad avere una famiglia è contro natura”. Vedi sopra a proposito della famiglia naturale…
Che il Parlamento di una Repubblica democratica, laica, europea, possa trastullarsi con argomenti di questa fatta, è già ben deprimente; ma non è tutto. Quello che almeno per me, è davvero orribile è il cinismo che è emerso con la doppia strumentalizzazione a cui tutto il testo Cirinnà è stato sottoposto. Da parte della Chiesa cattolica, che ha ribadito in tutti i modi che in materia di sessualità (e anche di altre cose) la Repubblica italiana non è un paese libero e indipendente che si autogoverna, ma è una colonia della Città del Vaticano; da parte dei parlamentari italiani che, anziché difendere se non gli odiati “froci”, almeno l’indipendenza del parlamento italiano, da un lato hanno fatto l’immancabile atto di soggezione al Vaticano e dall’altro colgono l’occasione per regolare a furia di trappole e di tranelli, i vari conti aperti tra loro.
Dimenticando a cuor leggero che la legge di cui discutono riguarda esseri umani, adulti e bambini, che vorrebbero soltanto poter vivere liberamente e dignitosamente la propria vita affettiva.
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