Alcuni giorni fa, presso la facoltà di Scienze politiche dell’Università di Bologna, Angelo Panebianco è stato contestato dal collettivo universitario autonomo. Il giornalista e docente, come si evince da un video diffuso in rete, è stato accusato di veicolare all’interno dell’ateneo una visione guerrafondaia che non tiene conto delle vittime che generano i conflitti.
Gianluca Ferrara Saggista e direttore editoriale di Dissensi Edizioni
Nel testo il professore teorizza che la perdita di
potere degli Usa in Medio Oriente rappresenti per noi italiani causa di
insicurezza. Temo che questa tesi contenga due falsità. Prima: siamo sicuri che gli Usa abbiano perso influenza in quell’area? Come riportato da William Blum,
dopo il bombardamento del 1991 in Iraq, gli Usa ottennero nuove basi
in: Arabia Saudita, Kuwait, Bahrein, Qatar, Oman e Emirati Arabi Uniti.
Dopo i bombardamenti in Afghanistan del 2001 e 2002 gli
Usa ebbero nuove basi in Afghanistan, Pakistan, Kazakistan, Uzbekistan,
Tajikistan, Kirghizistan, Georgia, Yemen e Gibuti. Dopo la guerra in
Iraq iniziata nel 2003 gli Usa ebbero a propria disposizione anche
questo territorio. Seconda falsità è che la presunta perdita di questo
potere statunitense rappresenti per noi italiani un’insicurezza. Mi
permetto di sostenere che questa affermazione è impregnata di disonestà
intellettuale. A prescindere dall’anacronistico atteggiamento
paternalista che mira a inculcare paura nei popoli invece che liberarli
attraverso la consapevolezza, la realtà è che vero il contrario. E’
proprio il nostro appoggio incondizionato agli Usa, che da anni stanno
destabilizzando l’area mietendo morte e distruzione, che ci rende
vulnerabili in primis dalle vendette dei terroristi.
Panebianco, nel suo articolo, prosegue dimostrando
fastidio per quella magistratura rea di essersi per “l’ennesima” volta
permessa di dar ragione a “mamme preoccupate e ambientalisti vari che
cercano di impedire il Muos”. Cioè quel sistema militare americano di
comunicazioni satellitari che si vorrebbe far entrare in azione in
Sicilia (Niscemi). Secondo il prof. Panebianco “Il Muos
potrebbe essere uno strumento prezioso per anticipare eventuali
attacchi missilistici ma c’è chi ipotizza che il suo funzionamento
danneggerebbe la salute. Ma lo Stato islamico si è insediato sulla costa
libica, a un passo da noi, e non gli mancherebbero i mezzi, se un
giorno lo decidesse, per procurare alla salute danni assai più gravi”.
In queste affermazioni Panebianco, tra le righe, con
un solo colpo riesce ad abbattere due fondamenti dello stato di diritto:
una sentenza della magistratura e il diritto del cittadino a difendere
la propria salute. Ma non è tutto. Panebianco ha sufficienti capelli
bianchi per sapere che la produzione mondiale delle armi è un business
occidentale e statunitense in particolare. Le armi che stanno uccidendo in Medio Oriente sono le nostre,
le vendiamo noi occidentali e siamo noi ad armare in maniera
strumentale mercenari e opposte fazioni, solo ed esclusivamente in
funzione a quegli interessi petroliferi che tanto stanno a cuore alle
multinazionali.
Il sermone, in barba all’art. 11 della Costituzione, termina con l’invito a “preparare” l’opinione pubblica ad un nostro intervento in Libia. La Libia di quel Gheddafi
che poco prima della sua pubblica macellazione era stato ospitato a
nostre spese dal suo “amico” Berlusconi come se fosse un faraone. La colpa
di Gheddafi come per esempio quella di Omar Torrijos a Panama di Jamie
Roldos in Ecuador e di Saddam Hussein in Iraq è stata di non voler far
colonizzare il proprio paese.
L’articolo di Panebianco è il trionfo di quel pensiero dominante che sta conducendo la nostra società all’autodistruzione. Una versione made in Italy dello statunitense Tea party,
cioè di quel darwinismo sociale e di quella mentalità che non nutre
compassione, che non riesce a guardare oltre lo steccato del proprio
tornaconto. In altre parole di quell’idea di società che si auto
perpetua attraverso una condizione di guerra permanente.
Il pensiero dominante si è diffuso tramite il nefasto
ausilio di falsi maestri che, a spese dei contribuenti, invece di
seminare spirito critico hanno addormentato le coscienze. Osservando il
video, ciò che davvero incute perplessità è l’indifferenza degli altri
studenti. Nessun cenno di reazione: una sinistra fotografia che
purtroppo rappresenta l’essenza di molti giovani che dovrebbero, per
istinto, mettere in discussione l’ordine costituito.
Temo di non condividere in maniera organica
l’ideologia politica declinata dai ragazzi del Cua. Tuttavia, nell’aula
di Scienze Politiche la vera lezione l’hanno impartita loro e per questo
vanno ringraziati e non demonizzati come fatto dall’intero coro
mediatico.
Nessun commento:
Posta un commento