Non bastavano più i volantini o i fogli di lotta, c’era bisogno di un
proprio strumento di comunicazione e le tecnologie e le normative
disponibili offrivano questa possibilità.
A febbraio del 1978 inizierà le trasmissioni una radio che non poteva che chiamarsi “Radio Proletaria”, la frequenza saranno gli 88,9 mhz. Radio Proletaria ha i suoi studi nelle soffitte di un palazzo ottenuto con l’occupazione delle case del 1974 nel quartiere di Casalbruciato. “Radio Proletaria. Un contributo alla costruzione del movimento di classe” recita il primo manifesto stampato dalla radio.
Radio Proletaria, parla delle lotte sociali e operaie in corso, commenta - interpretandoli - i fatti politici e dedica molta attenzione all’internazionalismo. I toni sono duri e il dibattito con gli ascoltatori che chiamano in diretta è spesso asprissimo. Radio Proletaria nasce anche in rapporto con molti giovani proletari della Tiburtina , spesso con spiccata sensibilità alla buona musica piuttosto che alle lotte. Questo connubio tra il migliore rock e le lotte sociali, ha raggiunto in molti casi livelli di qualità indiscutibili e decisamente fuori dal comune, una qualità continuata, confermata e cresciuta negli anni dai livelli raggiunti poi da Radio Città Aperta.
Alla fine degli anni ’70, quando si delinea una violentissima controffensiva padronale e restauratrice si pone dunque il problema di come rispondere ad una sfida politica a tutto campo. “Una prima risposta l'abbiamo data con la costruzione di Radio Proletaria... come strumento di orientamento politico in una situazione in sviluppo, di aggregazione di forze, di introduzione di tematiche di classe” era scritto in un documento dell’epoca. Da un primo bilancio viene riaffermata “una prospettiva di intervento politico che ha nella radio un suo cardine essenziale”.
L’azione repressiva nel primo anno di attività di Radio Proletaria in quegli anni sarà durissima. Inizia ad agire il “Partito della Fermezza” sperimentato nel ’77 e rafforzatosi nelle settimane del sequestro Moro, una sorta di patto tra DC, PCI e apparati dello Stato che per almeno cinque anni sottoporrà il paese alle leggi di emergenza e rovescerà contro la sinistra rivoluzionaria la guerra di bassa intensità avviata negli anni ’60 contro il Pci dagli Usa, dalla DC, dagli apparati dello Stato e dai fascisti.”.
A metà del 1978 Radio Proletaria aveva cominciato una attività di denuncia della situazione nelle carceri speciali dove erano stati rinchiusi i prigionieri politici (gran parte dei quali militanti dei gruppi armati). Molte di queste carceri sono su isole che diventeranno tristemente famose come l’Asinara, Favignana, Pianosa. Radio Proletaria, sostiene le manifestazioni dei familiari dei prigionieri, partecipa e organizza assemblee e riunioni anche a livello nazionale per organizzare in modo stabile questa attività per la chiusura delle carceri speciali e l’introduzione dei colloqui con i vetri divisori.
A febbraio del 1979 una vasta operazione di polizia, con il quartiere di Casalbruciato circondato da decine di agenti, porterà alla chiusura di Radio Proletaria e all’arresto di 23 compagni con accuse pesantissime. La Radio ospitava una riunione nazionale sulle carceri alla quale partecipavano avvocati, familiari dei prigionieri e attivisti di riviste e collettivi impegnati nella lotta contro la repressione”. L’immediata mobilitazione dei compagni smonta l’operazione della Digos e della magistratura pezzo su pezzo. Dopo due mesi i compagni arrestati verranno tutti scarcerati e al processo, alcuni anni dopo, verranno assolti con formula piena.
Dopo tre mesi di chiusura, Radio Proletaria- ospitata in quei mesi da Radio Onda Rossa - riapre e riprende le trasmissioni. Un manifesto della radio che verrà affisso sui muri di Roma scrive: “La radio riaperta, i compagni scarcerati. Una brillante operazione della Digos andata a male”. Dal 1978 Radio Proletaria diventa in qualche modo l’espressione politica di un progetto di cui i comitati popolari sulla casa o dei quartieri, il comitato disoccupati organizzati e i comitati operai di fabbrica, ne sono l’articolazione sociale e di classe. La radio prende iniziative sul terreno della lotta contro la repressione, sull’internazionalismo e sull’agenda politica. Su questi temi verrà sviluppata una azione politica non più solo a Roma ma verranno sviluppati contatti anche in altre città. Nel 1980 sarà per giorni ai cancelli della Fiat Mirafiori occupata dagli operai, diffondendo corrispondenze in diretta su quanto accadeva a Torino, corrispondenze che sono storia del patrimonio comunicativo del movimento operaio nel nostro paese.
Nonostante un clima sempre più pesante sul piano dell’agibilità politica, Radio Proletaria, non rinuncia alla sua attività contro la repressione. Nel 1982, quando vennero denunciati numerosi episodi di tortura contro gli arrestati Radio Proletaria, insieme ad altre realtà diede vita al Comitato contro l’uso della tortura (che pubblicò un libro bianco di denuncia) affrontando apertamente sia le reazioni degli apparati repressivi che della “politica”, la quale negava spudoratamente l’uso della tortura. Nei primi anni Ottanta sostenne con una campagna gli scioperi della fame dei prigionieri politici nelle carceri contro l’art.90 (una restrizione odiosa nella detenzione), anche affrontando un duro scontro con coloro che erano contrari a quella forma di lotta. Nel 1984 riuscì a portare la questione dell’art.90 e dello sciopero della fame dei detenuti al parlamento europeo e alla commissione diritti umani di Strasburgo insieme ad alcuni familiari di prigionieri politici, rompendo finalmente il muro di silenzio sulla vicenda.
Ma i microfoni e le trasmissioni di Radio Proletaria sono stati decisivi per far conoscere e amplificare le prime esperienze del sindacalismo di base nel nostro paese. Dalle prime RdB (diventate poi Cub e Usb), al Comu dei ferrovieri, al Comitato di Lotta dell’Atac, ai primi Cobas della scuola. In alcuni ospedali romani le RdB nasceranno perché alcuni lavoratori e delegati ne verranno a conoscenza e le realizzeranno attraverso le trasmissioni della radio.
L’altro fronte che ha visto Radio Proletaria impegnata e attiva per anni, è stato l’internazionalismo e la lotta contro la guerra. Quando l’amministrazione Usa a fine 1979 vara la direttiva nr.39 che prevede l’installazione dei missili nucleari Cruise e Pershing in Europa (Italia, Germania, Belgio etc.), nelle trasmissioni della radio già si intuisce che ci si avvia ad uno scontro globale con l’Urss, con quella che sarà la Seconda Guerra fredda sul piano politico/militare e con l’offensiva liberista sul piano economico. Il pericolo principale per la pace viene dalla Nato e dalla politica guerrafondaia degli Stati Uniti, dunque nessuna equidistanza Le trasmissioni di Radio Proletaria, seguono le vicende della corsa al riarmo nucleare, ma cominciano a seguire con maggiore attenzione anche lo sviluppo dei movimenti rivoluzionari in Centro America e in America Latina dopo la vittoria del Nicaragua, in particolare nel Salvador. La lotta nel cortile di casa dell’imperialismo Usa ha indubbiamente un carattere di grande interesse, anche alla luce dell’esperienza rivoluzionaria di Cuba. Nel 1981 Radio Proletaria organizza la prima manifestazione di solidarietà con la lotta del Salvador alla quale partecipano migliaia di persone.
Radio Proletaria partecipa attivamente ai blocchi e al campeggio contro la base militare di Comiso dove verranno installati i missili Usa e avvia su questo un progetto nazionale che porterà alla costituzione della rete “Imac ‘83” (che prende il nome dall’International Meeting Against Cruise che era il campeggio di Comiso).
In quegli anni lo scontro politico dentro il movimento per la pace si dà quindi sulla Nato e contro l’equidistanza tra Usa e Urss, una posizione che il Movimento per la Pace ed il Socialismo, evoluzione negli anni ’80 dell’OPR, ritiene profondamente sbagliata ed orienta la radio anche in funzione di questa battaglia politica (e alla luce della storia aveva ottime ragioni per ritenerla tale), essendo gli Usa quelli che hanno tutto l’interesse a promuovere l’economia di guerra e l’escalation bellica. Sono questi quindi i motivi per cui Radio Proletaria viene indicata arbitrariamente come i “filosovietica”, una etichetta strumentale e decisamente sballata, anche perché non vi era alcun rapporto con l’Unione Sovietica. “L’oro di Mosca” dalle parti della radio (purtroppo, potremmo dire, perché sarebbe stato molto utile come abbiamo scritto in un manifesto dieci dopo) non è mai arrivato. E su questo va scritta ormai una verità definitiva che taglia la lingua a tutti i detrattori.
Nel 1990 viene presa la decisione di cambiare nome alla radio ma di salvaguardarne la natura e i contenuti. Il nome deciso è quello di Radio Città Aperta, un omaggio ad un film che celebra la Resistenza antifascista a Roma e che indica già la necessità di affrontare i flussi migratori che proprio in quegli anni cominciano a investire l’Italia. Radio Città Aperta sarà la radio in cui le comunità immigrati per anni potranno trasmettere nella loro lingua.
La scelta di Radio Città Aperta sarà quella di consolidare il carattere popolare e di massa della radio, collegandosi strettamente ai territori, alle lotte sociali, a tutti coloro che si mettono di traverso rispetto al dominio dei poteri forti sulla città di Roma. Le dirette dei consigli comunali e regionali verranno strappate alle varie amministrazioni che per tutta una fase erano atterrite dall’idea che quello che veniva discusso nelle aule istituzionali fosse accessibile da tutti attraverso la radio. La scelta non è semplice: si tratta di rinunciare a ore di trasmissioni per dare spazio a dirette dei lavori istituzionali raramente entusiasmanti. Ma questo è anche quello che consentirà alla radio un autofinanziamento utile per sviluppare l’iniziativa politica e informativa a tutto campo. La Radio animerà il Forum per il Diritto a Comunicare insieme ad altri giornalisti indipendenti, darà spinta e impulso alla stessa Federazione Nazionale della Stampa a difesa della libertà di informazione ma anche delle crescenti figure precarie nel mondo della comunicazione. La radio sarà uno strumento attivissimo nelle mobilitazioni contro la guerra dei trent’anni avviata nel 1991 in Iraq e tuttora in corso, nella solidarietà con il popolo palestinese e con l’ondata progressista in America Latina.
Nel 1993 nasce il mensile cartaceo Contropiano, giornale per l’iniziativa di classe. Il dibattito e le proposte che si esprimono attraverso il giornale daranno vita prima al Forum dei Comunisti e poi alla Rete dei Comunisti. Dal 2011 si realizza invece il progetto del quotidiano comunista online Contropiano, un giornale che in un solo anno e mezzo vedrà crescere a migliaia i suoi lettori permettendo una comunicazione a livello nazionale. Contropiano era un periodico cartaceo che distribuiva alcune centinaia di copie in tutto paese. Come giornale online, nel 2015 ha avuto più di due milioni di lettori.
Nelle trasmissioni della radio e nelle pagine del giornale prende corpo quella profonda divaricazione critica e teorica tra l’ipotesi della Rete dei Comunisti contro la degenerazione bertinottiana nel Prc e nella sinistra sfociata nella sua crisi di questi anni.
Radio Proletaria e poi Radio Città Aperta non sono mai state solo una radio, sono state parte di un progetto complessivo sul piano della comunicazione antagonista e della lotta per il cambiamento sociale del nostro paese. Il nemico ha cercato più volte di tacitarla, qualche volta con la galera e le denunce, adesso con lo strangolamento economico voluto e imposto.
La scelta di rinunciare alle trasmissioni in modulazione di frequenza e di passare alla comunicazione online tramite la rete diventa ancora una volta una nuova sfida anticipatrice che i compagni che hanno aperto, costruito e adesso gestiscono la radio intendono prendere di petto. Le nuove tecnologie consentono costi più bassi delle vecchie, offrono immense possibilità ma impongono un cambiamento di abitudini. Così è stato ad esempio per il giornale Contropiano passato con successo dal cartaceo all’online, sullo stesso obiettivo si lavorerà per la nuova primavera di Radio Città Aperta. Non è affatto una chiusura, è un cambio di passo. La determinazione, in 38 anni, non ci ha mai fatto difetto.
A febbraio del 1978 inizierà le trasmissioni una radio che non poteva che chiamarsi “Radio Proletaria”, la frequenza saranno gli 88,9 mhz. Radio Proletaria ha i suoi studi nelle soffitte di un palazzo ottenuto con l’occupazione delle case del 1974 nel quartiere di Casalbruciato. “Radio Proletaria. Un contributo alla costruzione del movimento di classe” recita il primo manifesto stampato dalla radio.
Radio Proletaria, parla delle lotte sociali e operaie in corso, commenta - interpretandoli - i fatti politici e dedica molta attenzione all’internazionalismo. I toni sono duri e il dibattito con gli ascoltatori che chiamano in diretta è spesso asprissimo. Radio Proletaria nasce anche in rapporto con molti giovani proletari della Tiburtina , spesso con spiccata sensibilità alla buona musica piuttosto che alle lotte. Questo connubio tra il migliore rock e le lotte sociali, ha raggiunto in molti casi livelli di qualità indiscutibili e decisamente fuori dal comune, una qualità continuata, confermata e cresciuta negli anni dai livelli raggiunti poi da Radio Città Aperta.
Alla fine degli anni ’70, quando si delinea una violentissima controffensiva padronale e restauratrice si pone dunque il problema di come rispondere ad una sfida politica a tutto campo. “Una prima risposta l'abbiamo data con la costruzione di Radio Proletaria... come strumento di orientamento politico in una situazione in sviluppo, di aggregazione di forze, di introduzione di tematiche di classe” era scritto in un documento dell’epoca. Da un primo bilancio viene riaffermata “una prospettiva di intervento politico che ha nella radio un suo cardine essenziale”.
L’azione repressiva nel primo anno di attività di Radio Proletaria in quegli anni sarà durissima. Inizia ad agire il “Partito della Fermezza” sperimentato nel ’77 e rafforzatosi nelle settimane del sequestro Moro, una sorta di patto tra DC, PCI e apparati dello Stato che per almeno cinque anni sottoporrà il paese alle leggi di emergenza e rovescerà contro la sinistra rivoluzionaria la guerra di bassa intensità avviata negli anni ’60 contro il Pci dagli Usa, dalla DC, dagli apparati dello Stato e dai fascisti.”.
A metà del 1978 Radio Proletaria aveva cominciato una attività di denuncia della situazione nelle carceri speciali dove erano stati rinchiusi i prigionieri politici (gran parte dei quali militanti dei gruppi armati). Molte di queste carceri sono su isole che diventeranno tristemente famose come l’Asinara, Favignana, Pianosa. Radio Proletaria, sostiene le manifestazioni dei familiari dei prigionieri, partecipa e organizza assemblee e riunioni anche a livello nazionale per organizzare in modo stabile questa attività per la chiusura delle carceri speciali e l’introduzione dei colloqui con i vetri divisori.
A febbraio del 1979 una vasta operazione di polizia, con il quartiere di Casalbruciato circondato da decine di agenti, porterà alla chiusura di Radio Proletaria e all’arresto di 23 compagni con accuse pesantissime. La Radio ospitava una riunione nazionale sulle carceri alla quale partecipavano avvocati, familiari dei prigionieri e attivisti di riviste e collettivi impegnati nella lotta contro la repressione”. L’immediata mobilitazione dei compagni smonta l’operazione della Digos e della magistratura pezzo su pezzo. Dopo due mesi i compagni arrestati verranno tutti scarcerati e al processo, alcuni anni dopo, verranno assolti con formula piena.
Dopo tre mesi di chiusura, Radio Proletaria- ospitata in quei mesi da Radio Onda Rossa - riapre e riprende le trasmissioni. Un manifesto della radio che verrà affisso sui muri di Roma scrive: “La radio riaperta, i compagni scarcerati. Una brillante operazione della Digos andata a male”. Dal 1978 Radio Proletaria diventa in qualche modo l’espressione politica di un progetto di cui i comitati popolari sulla casa o dei quartieri, il comitato disoccupati organizzati e i comitati operai di fabbrica, ne sono l’articolazione sociale e di classe. La radio prende iniziative sul terreno della lotta contro la repressione, sull’internazionalismo e sull’agenda politica. Su questi temi verrà sviluppata una azione politica non più solo a Roma ma verranno sviluppati contatti anche in altre città. Nel 1980 sarà per giorni ai cancelli della Fiat Mirafiori occupata dagli operai, diffondendo corrispondenze in diretta su quanto accadeva a Torino, corrispondenze che sono storia del patrimonio comunicativo del movimento operaio nel nostro paese.
Nonostante un clima sempre più pesante sul piano dell’agibilità politica, Radio Proletaria, non rinuncia alla sua attività contro la repressione. Nel 1982, quando vennero denunciati numerosi episodi di tortura contro gli arrestati Radio Proletaria, insieme ad altre realtà diede vita al Comitato contro l’uso della tortura (che pubblicò un libro bianco di denuncia) affrontando apertamente sia le reazioni degli apparati repressivi che della “politica”, la quale negava spudoratamente l’uso della tortura. Nei primi anni Ottanta sostenne con una campagna gli scioperi della fame dei prigionieri politici nelle carceri contro l’art.90 (una restrizione odiosa nella detenzione), anche affrontando un duro scontro con coloro che erano contrari a quella forma di lotta. Nel 1984 riuscì a portare la questione dell’art.90 e dello sciopero della fame dei detenuti al parlamento europeo e alla commissione diritti umani di Strasburgo insieme ad alcuni familiari di prigionieri politici, rompendo finalmente il muro di silenzio sulla vicenda.
Ma i microfoni e le trasmissioni di Radio Proletaria sono stati decisivi per far conoscere e amplificare le prime esperienze del sindacalismo di base nel nostro paese. Dalle prime RdB (diventate poi Cub e Usb), al Comu dei ferrovieri, al Comitato di Lotta dell’Atac, ai primi Cobas della scuola. In alcuni ospedali romani le RdB nasceranno perché alcuni lavoratori e delegati ne verranno a conoscenza e le realizzeranno attraverso le trasmissioni della radio.
L’altro fronte che ha visto Radio Proletaria impegnata e attiva per anni, è stato l’internazionalismo e la lotta contro la guerra. Quando l’amministrazione Usa a fine 1979 vara la direttiva nr.39 che prevede l’installazione dei missili nucleari Cruise e Pershing in Europa (Italia, Germania, Belgio etc.), nelle trasmissioni della radio già si intuisce che ci si avvia ad uno scontro globale con l’Urss, con quella che sarà la Seconda Guerra fredda sul piano politico/militare e con l’offensiva liberista sul piano economico. Il pericolo principale per la pace viene dalla Nato e dalla politica guerrafondaia degli Stati Uniti, dunque nessuna equidistanza Le trasmissioni di Radio Proletaria, seguono le vicende della corsa al riarmo nucleare, ma cominciano a seguire con maggiore attenzione anche lo sviluppo dei movimenti rivoluzionari in Centro America e in America Latina dopo la vittoria del Nicaragua, in particolare nel Salvador. La lotta nel cortile di casa dell’imperialismo Usa ha indubbiamente un carattere di grande interesse, anche alla luce dell’esperienza rivoluzionaria di Cuba. Nel 1981 Radio Proletaria organizza la prima manifestazione di solidarietà con la lotta del Salvador alla quale partecipano migliaia di persone.
Radio Proletaria partecipa attivamente ai blocchi e al campeggio contro la base militare di Comiso dove verranno installati i missili Usa e avvia su questo un progetto nazionale che porterà alla costituzione della rete “Imac ‘83” (che prende il nome dall’International Meeting Against Cruise che era il campeggio di Comiso).
In quegli anni lo scontro politico dentro il movimento per la pace si dà quindi sulla Nato e contro l’equidistanza tra Usa e Urss, una posizione che il Movimento per la Pace ed il Socialismo, evoluzione negli anni ’80 dell’OPR, ritiene profondamente sbagliata ed orienta la radio anche in funzione di questa battaglia politica (e alla luce della storia aveva ottime ragioni per ritenerla tale), essendo gli Usa quelli che hanno tutto l’interesse a promuovere l’economia di guerra e l’escalation bellica. Sono questi quindi i motivi per cui Radio Proletaria viene indicata arbitrariamente come i “filosovietica”, una etichetta strumentale e decisamente sballata, anche perché non vi era alcun rapporto con l’Unione Sovietica. “L’oro di Mosca” dalle parti della radio (purtroppo, potremmo dire, perché sarebbe stato molto utile come abbiamo scritto in un manifesto dieci dopo) non è mai arrivato. E su questo va scritta ormai una verità definitiva che taglia la lingua a tutti i detrattori.
Nel 1990 viene presa la decisione di cambiare nome alla radio ma di salvaguardarne la natura e i contenuti. Il nome deciso è quello di Radio Città Aperta, un omaggio ad un film che celebra la Resistenza antifascista a Roma e che indica già la necessità di affrontare i flussi migratori che proprio in quegli anni cominciano a investire l’Italia. Radio Città Aperta sarà la radio in cui le comunità immigrati per anni potranno trasmettere nella loro lingua.
La scelta di Radio Città Aperta sarà quella di consolidare il carattere popolare e di massa della radio, collegandosi strettamente ai territori, alle lotte sociali, a tutti coloro che si mettono di traverso rispetto al dominio dei poteri forti sulla città di Roma. Le dirette dei consigli comunali e regionali verranno strappate alle varie amministrazioni che per tutta una fase erano atterrite dall’idea che quello che veniva discusso nelle aule istituzionali fosse accessibile da tutti attraverso la radio. La scelta non è semplice: si tratta di rinunciare a ore di trasmissioni per dare spazio a dirette dei lavori istituzionali raramente entusiasmanti. Ma questo è anche quello che consentirà alla radio un autofinanziamento utile per sviluppare l’iniziativa politica e informativa a tutto campo. La Radio animerà il Forum per il Diritto a Comunicare insieme ad altri giornalisti indipendenti, darà spinta e impulso alla stessa Federazione Nazionale della Stampa a difesa della libertà di informazione ma anche delle crescenti figure precarie nel mondo della comunicazione. La radio sarà uno strumento attivissimo nelle mobilitazioni contro la guerra dei trent’anni avviata nel 1991 in Iraq e tuttora in corso, nella solidarietà con il popolo palestinese e con l’ondata progressista in America Latina.
Nel 1993 nasce il mensile cartaceo Contropiano, giornale per l’iniziativa di classe. Il dibattito e le proposte che si esprimono attraverso il giornale daranno vita prima al Forum dei Comunisti e poi alla Rete dei Comunisti. Dal 2011 si realizza invece il progetto del quotidiano comunista online Contropiano, un giornale che in un solo anno e mezzo vedrà crescere a migliaia i suoi lettori permettendo una comunicazione a livello nazionale. Contropiano era un periodico cartaceo che distribuiva alcune centinaia di copie in tutto paese. Come giornale online, nel 2015 ha avuto più di due milioni di lettori.
Nelle trasmissioni della radio e nelle pagine del giornale prende corpo quella profonda divaricazione critica e teorica tra l’ipotesi della Rete dei Comunisti contro la degenerazione bertinottiana nel Prc e nella sinistra sfociata nella sua crisi di questi anni.
Radio Proletaria e poi Radio Città Aperta non sono mai state solo una radio, sono state parte di un progetto complessivo sul piano della comunicazione antagonista e della lotta per il cambiamento sociale del nostro paese. Il nemico ha cercato più volte di tacitarla, qualche volta con la galera e le denunce, adesso con lo strangolamento economico voluto e imposto.
La scelta di rinunciare alle trasmissioni in modulazione di frequenza e di passare alla comunicazione online tramite la rete diventa ancora una volta una nuova sfida anticipatrice che i compagni che hanno aperto, costruito e adesso gestiscono la radio intendono prendere di petto. Le nuove tecnologie consentono costi più bassi delle vecchie, offrono immense possibilità ma impongono un cambiamento di abitudini. Così è stato ad esempio per il giornale Contropiano passato con successo dal cartaceo all’online, sullo stesso obiettivo si lavorerà per la nuova primavera di Radio Città Aperta. Non è affatto una chiusura, è un cambio di passo. La determinazione, in 38 anni, non ci ha mai fatto difetto.
Rete dei Comunisti - Roma
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