venerdì 12 febbraio 2016

Per far luce sull'omicidio di Giulio Regeni forse la prima cosa da fare è interrompere il flusso di armi dall'Italia verso l'Egitto, no?


Qualcosa si potrebbe fare subito per tentare di venire fuori d questa brutta vicenda dell'omicidio di Giulio Regeni, ed è fermare il commercio delle armi che dall'Italia prendono la via del Cairo.

controlacrisi.org fabio sebastiani
Non si tratta di poca cosa. Sul sito Mada Masr, la giornalista Isabel Esterman ha ricordato che, tra 2011 e 2013, l'Italia "ha venduto pistole e proiettili all'Egitto per piu' di mezzo miliardo di euro" all'Egitto. Esterman ha quindi aggiunto di essere disgustata dalle espressioni di sgomento e indignazione da parte dei funzionari italiani. “Queste persone leggono i giornali. Hanno diplomatici e ufficiali dell'intelligence in Egitto. Non sono ingenui. Capiscono la politica sporca, l'abuso, i corpi dilaniati e le vite distrutte che mantengono l'Egitto 'open for business'. Sanno cosa sta succedendo in questo paese, e fino ad ora non sembrava che gliene importasse".

A chiedere al Governo di sospendere l'export di armi dall'Italia al regime egiziano di Al-Sisi, accusato da diverse ong internazionali di aver aperto una vera e propria repressione interna nel Paese nonche' pesanti violazioni dei diritti umani, sono stati i deputati del M5S. "Il Consiglio dell'Unione europea, nell'agosto del 2013, condannando con la massima fermezza tutti gli atti di violenza, decise di sospendere le licenze di esportazione verso l'Egitto per qualsiasi attrezzatura che potrebbe essere usata a fini di repressione interna - ricorda la prima firmataria della risoluzione, Maria Edera Spadoni - tuttavia, l'Italia ha continuato ad inviare armi in Egitto, nonostante le pesanti violazioni dei diritti umani operati dalle autorita' egiziane.
E quindi per il Governo Renzi non si tratterebbe altro che rispettare la decisione del Consiglio dell'Unione europea dell'agosto 2013 e di
sospendere l'invio alle forze militari, agli apparati di sicurezza e alle forze dell'ordine dell'Egitto di ogni tipo di arma e di materiale che possano venire impiegati per la repressione interna; a rispettare sia il dettato della legge 185 del 1990 sia il Trattato sul commercio internazionale delle armi (Arms Trade Treaty, A.T.T.); a sollecitare il Governo egiziano a rispettare il diritto internazionale, in particolare il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali firmato e ratificato dallo stesso".

La Cgil da parte sua ricorda che già a giugno del 2013, in occasione della riunione della Commissione Norme dell'Organizzazione internazionale del lavoro, aveva sollevato la questione dei diritti sindacali negati in Egitto, "delle discriminazioni nei confronti dei sindacati indipendenti, delle vessazioni e degli arbitrii verso i lavoratori egiziani”. Fausto Durante, coordinatore Area politiche europee e internazionali della Cgil, sottolinea che in base alle leggi egiziane decine di lavoratori erano stati condannati al carcere da tribunali militari "per aver dato vita ad iniziative di protesta contro la corruzione nei diversi livelli amministrativi. Sempre in virtù di quelle norme, in Egitto venivano limitate le libertà di riunione, di movimento, di assemblea e, al contempo, si procedeva alla reintroduzione dei tribunali militari per i civili." Così come, con una modifica della Costituzione, si prevedeva il riconoscimento di un solo sindacato per ogni settore e si dava al governo il potere di controllare l'attività sindacale e di sciogliere in modo discrezionale le organizzazioni sindacali indipendenti. Una disposizione, come riportato nel discorso ricordato, ‘senza precedenti nelle Costituzioni dei paesi democratici’ e in aperta violazione delle convenzioni 87 e 89 dell'Oil riguardanti il diritto dei lavoratori a costituire sindacati, convenzioni pure ratificate dall'Egitto”. “È in questo contesto e nel suo progressivo peggioramento - conclude Durante - che si colloca la tragedia che ha riguardato il ricercatore italiano Giulio Regeni. Una tragedia rispetto alla quale reiteriamo la richiesta di fare piena luce sulle responsabilità e le cause dei fatti e confermiamo l'impegno assunto da Cgil, Cisl, Uil per coinvolgere le strutture sindacali e le istituzioni europee e internazionali sulla vicenda, per assicurare la collaborazione dei sindacati indipendenti egiziani e per fare in modo che il caso concernente i diritti e le libertà sindacali e del lavoro in Egitto sia ancora monitorato dall'Oil nelle sue prossime sessioni di lavoro”.

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